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Bollettino Cinematografico #12: Azione in Videocassetta

Cari spettatori del sito, ben ritrovati in questo nuovo appuntamento del Bollettino... questa volta a tema VHS. Data la crisi profonda del cinema nipponico sul finire degli anni '80, dove la televisione era già a un punto di non ritorno nel digerire ciò che erano i punti di forza del cinema di genere un decennio prima: jidaigeki (films ambientati nell'era Meiji), yakuza eiga (del genere jitsuroku) e films sulle arti marziali; ormai ridotti ad essere dei completi fiaschi nelle sale. Per rimediare a tutto ciò, uno dei titani della celluloide come la Toei mise a punto la distribuzione delle pellicole direttamente in videocassetta, senza esibirle nelle sale. Uno dei loro produttori, Tatsu Yoshida, ebbe l'idea dopo il successo dei films d'animazione in videocassetta (OVA inclusi) e fece delle ricerche sul perché: scoprì che ne noleggiavano molti assieme e li videro a gran velocità nel breve lasso di tempo nel noleggio... così diede inizio a una nuova era del cinema giapponese. Pellicole brevi, con molta azione nel mezzo e senza alcuna tregua, soprattutto di aiuto nei confronti di registi sconosciuti come Rokuro Mochizuki e nella libertà creativa di alcuni senza incappare nelle censure in sala, abbattendo i costi di produzione. Conclusa la mia longeva illustrazione, è giunto il momento di addentrarci in questo anfratto ormai finito in soffitta di un'era ormai del tutto svanita.

Cacciatore di Crimini: Pallottole di Furia; regia di Toshimichi Ohkawa, 1989. A seguito dell'arresto del ricercato Bruce (Seiji Matano), la volante su cui viaggiavano l'agente Joe (Masanori Sera) e Ahiru (Keishi Hunt) è vittima di un attentato dove viene freddato Ahiru e Bruce riesce a fuggire. Si viene a scoprire che Bruce ha rubato donazioni da 5 milioni di dollari in una chiesa e si aggiunge nella sua vendetta anche una suora di nome Lily (Minako Tanaka)... Guazzabuglio privo di pace dove è meglio non farsi domande sulla credibilità del tutto, perché il tutto è stato TREMENDAMENTE FENOMENALE! Devo scriverlo in maiuscolo, perché il neon che popola i quartieri notturni di Okinawa, le vetture usate da tutto il cast emanano Cult in ogni loro sfumatura e la colonna sonora pop/jazz/funky nel rapido montaggio ricchissimo di piombo si plasmano in un caleidoscopio pirotecnico che non ha paura di essere a basso costo: difatti è anche dai films artigianali che si ricava l'opera più interessante!

Neo Chinpira: Zoom Goes the Bullet; regia di Banmei Takahashi, 1990. Il malavitoso di basso livello Junko (Sho Aikawa) lavora per il boss Yoshikawa (Toru Minegishi), nonostante il parere contrastante di suo zio (Jo Shishido). Ma a seguito dell'assassinio di un membro al vertice del clan da parte dei Kazama, Junko viene chiamato assieme ad altri suoi simili a vendicarsi di loro... ma incontrerà la narcolettica Yumeko (Chikako Aoyama) che gli scombinerà i piani... Piacevole disavventura con abbondanti dosi di pinku eiga che aiuteranno il protagonista nelle sue palliative scorciatoie per sfuggire al proiettile che dovrà sparare al boss Kazama, già in larga parte usati da Chikako per carpire i segreti dell'infame mestiere di Sho. Jo sempre in forma nell'essere il veterano del genere, sia nell'abbigliamento che nel carisma evergreen del tenere a bada i codardi nella yakuza. Sho decolla nel suo voler essere un qualcuno, ma che si perde nello stesso blocco che hanno i suoi colleghi incaricati di vendicarsi di Kazama: l'attesa interminabile dell'occasione. Film che perde e riprende colpi, fotografato spesso nella notte luminosa di Tokyo e nel vivace abbigliamento di Sho, montato con numerosi piani sequenza e anche alla moviola.

Neo Chinpira 2: Zoom Goes the Bullet; regia di Banmei Takahashi, 1991. Finalmente Junko si vendica di Kazama (Kenji Takaoka), ferendolo non mortalmente: su invito del suo clan, fugge lontano dalla città e subito ne sente la mancanza. Una volta tornato a casa, si accorge che Yumeko è sparita nel nulla ed il suo boss ha dei piani preoccupanti sia per lui che per suo zio... Melancolia dove Sho vagabonda (ma privo dello stile che aveva l'Hondo di Seijun) sia nel luogo in fuga che nella metropoli, in cerca del suo voler essere uno yakuza di rispetto. Ancora una volta alle prese con il suo carattere, si destreggia tra i teppisti e i nuovi arrivati al suo ritorno: qui le prende e poi ricambia come nel primo capitolo, senza una minima evoluzione del suo personaggio. A livello meccanico vi è da dire che la fotografia punta più sui panorami che nella notte del precedente capitolo, ma nel montaggio e nelle musiche rimane pressoché inalterato.

Giustizia Distante; regia di Toru Murakawa, 1992. Due narcotrafficanti tolgono di mezzo la moglie e rapiscono la figlia di Rio Yuki (Bunta Sugawara), venendo a scoprire che l'intera banda è segretamente legata a doppio filo con dei politici corrotti. Si occuperà personalmente di entrambi... Mediocre poliziesco d'azione all'americana che tenta di emergere dalla sua mediocrità con la presenza di Kennedy nel cast, ma ahimè non riuscirà a tenere in piedi del tutto la baracca traballante. Azione discreta e macchinosa, interpretazioni insipide, fotografia che si chiama fuori dal tutto con dei panorami da cartolina, evidenti problemi con l'inglese di Sugawara dal forte accento giapponese, montaggio nella media e musiche da archivio del genere. Mezzo flop che vuole scimmiottare il successo di "Proof of the Man", ma senza averne le basi. Guardabile, ma non aspettatevi che sia memorabile. Come al solito, il nostro appuntamento che si tiene ad ogni morte di Napoleone giunge al termine. Non escludo di scrivere ancora qualche articolo in merito al cinema "impacchettato", colmo di perle in attesa di essere dissotterrate. Alla prossima, stimati colleghi e spettatori di Dejima!





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