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- Il Tiratore Scelto (Skytten, 1977)
Regia: Franz Ernst, Tom Hedegaard Sceneggiatura: Anders Bodelsen, Franz Ernst Produttore: Steen Herdel Fotografia: Mikael Salomon Montaggio: Ole Steen Nielsen Musiche: Ole Schmidt Costumi: Gitte Kolvig Trucco: Lene Ravn Henriksen, Birthe Lyngsoe --- Data di rilascio: 26 dicembre 1977 Pellicola diretta da due registi che hanno lastricato d'argento il cinema danese: il primo, al momento della scrittura dell'articolo, è tutt'oggi vivo ed ha ben 85 anni... il secondo ci ha lasciato troppo presto all'età di 56 anni, sul set dell'ultimo film della famosissima saga di "Olsen Banden", per via di una emorragia cerebrale. Riassumiamo ermeticamente il tutto: Ernst inizia la sua carriera nel cinema come tecnico del suono al Flamingo Studio, per poi divenire nel 1961 assistente e montatore alla Laterna Film. Nel 1963, lui e la collega Lise Roos fondarono il Surprise Theatre; Ernst esordisce come regista l'anno dopo nel film casalingo di "Morke", ma bisognerà attendere il 1970 per la sua definitiva notorietà con "Ang.: Lone". Diversa la storia per Hedegaard, che entrò nel 1960 alla Nordisk Film ed in breve tempo divenne assistente alla regia per i films di Erik Balling. Esordisce come regista e sceneggiatore nel 1970 con "Let's Play Hide and Seek?" e dirige interamente la famosissima serie televisiva di "The Village" negli anni '90. Già nel 1991 gli viene insignito il premio onorario al Robert Award per i suoi contributi al cinema danese. Un ex-tiratore scelto decide di manifestare contro l'apertura di una centrale nucleare, usando il suo fucile di precisione per farsi notare dalla stampa e dalla polizia: sparerà un obiettivo al giorno fino all'annullamento del programma. Registra degli audio e li manda a un giornalista, che quasi subito si mette a indagare su di lui... fino a divenire uno dei suoi obiettivi. Sconsigliato ai deboli di cuore, consigliatissimo agli stomaci forti. Hitman movie con protagonista un mezzo antieroe Jens Okking, in sovrappeso ma abile nel suo mestiere: umano, ma corrotto dall'interno per via della collera nei confronti del giornalista. Il tutto accompagnato da una sceneggiatura fissa sul pedale dell'acceleratore, che se non seguita come si deve il filo del discorso si perde negli avvenimenti. Montato tempestivamente, fotografia che usa frequentemente la telecamera a mano e dei primi piani sul protagonista; musica ridotta all'essenziale ed usata solo nei momenti di grande tensione. Buona l'interpretazione di Pia Maria Wohlert, che nonostante sia incinta non ha idea da che parte stare e nel finale ci dimostra di voler stare lontana dal proprio marito... Tra l'altro fu girato nel 2013 il remake della pellicola, dove questa volta alzano il tiro e utilizzano come tema lo sfruttamento della Groenlandia in ambito petrolifero... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!
- Le migliori citazioni da: "...Hanno Cambiato Faccia" (1971)
"Io ho realizzato il primo perfetto esempio di socialismo gastronomico." Adolfo Celi "- Mi pare però che si sia persa nella elaborazione chimica, il sapore dei piatti originali... - Lo si è volutamente eliminato. Come Freund ha rilevato a suo tempo, gli stimoli provocati dal gusto e dall'olfatto, come del resto quelli sessuali, si traducono in un piacere fine a sé stesso. Cioè, in un inutile spreco di energie." Giuliano Esperati e Adolfo Celi "[...] L'energia produttiva è troppo preziosa per correre il rischio di sprecarla." Adolfo Celi "I miti non muoiono, si trasformano. Per secoli, gli uomini hanno cercato la pietra filosofale capace di cambiare il ferro in oro. Io le offro di collaborare a una trasformazione non meno grande: cambiare la schiavitù in libertà. La povertà in ricchezza. Per fare questo, la pietra filosofale è la tecnologia." Adolfo Celi "Non siamo noi a scegliere il potere. E' lui che ci sceglie. E' successo così... anche per me. La nostra società ha bisogno di uomini che sappiano comandare. E consigliare. In fondo la gente non sa' cosa mangiare, che cosa legge, dove andare in vacanza, per che partito votare [...]" Adolfo Celi "Lei sta pensando che questo discorso sia sproporzionato all'offerta che le faccio. Ma non è così. Io non possiedo solo un certo numero di fabbriche, di aziende, di grandi magazzini. Possiedo anche giornali, partiti politici, gruppi di opposizione, banche. Sotto il mio controllo agiscono i capi, dottor Valle. E le sto offrendo di diventare uno di loro." Adolfo Celi "Una segretaria perfetta può vincere a scacchi?" Geraldine Hooper "- Ha paura del tempo? O soltanto dell'alba, come i vampiri? - In pieno ventesimo secolo, lei crede ancora ai vampiri? - I miti non muoiono, si trasformano. Me l'ha insegnato lei stesso. Avete cambiato faccia, ma continuate a succhiare il sangue alla gente!" Giuliano Esperati e Adolfo Celi "- [...] Lavoro in una fabbrica. - Una fabbrica? Ah, uno di quei posti con tutte le stanze uguali dove la gente fa' sempre le stesse cose?" Giuliano Esperati e Francesca Modigliani "- [...] Posso fare altro per lei? - Nulla che rientri tra i compiti di una segretaria. - A volte, le sfere di competenza specifica di una segretaria sono terribilmente elastiche. [...]" Geraldine Hooper e Giuliano Esperati
- I Giovani Animali (Kawayjan Hankou Zoku, 1978)
Regia: Yasuharu Hasebe Sceneggiatura: Yoshio Shirasaka Casa di produzione: Toei Central Film Distribuzione: Toei Fotografia: Toshiro Yamazaki Musiche: Daiko Nagato --- Data di rilascio: 2 dicembre 1978 Avendo già trattato di Hasebe nel mio vecchio blog, è giunto il momento di riassumerlo come si deve. Dopo avere studiato letteratura francese a Waseda, nel 1958 si unisce alla Nikkatsu: per ben otto anni lavorò come assistente alla regia. Esordisce nel 1966 con "Black Tight Killers" e alla fine del decennio gira alcuni yakuza eiga (prima che divenissero popolari). Agli inizi degli anni '70 la casa volle creare una saga dedicata alla "giovinezza", anche per tentare di lanciare la carriera di Akiko Wada: fu così scelto Hasebe per il primo film. Divenne un enorme successo e lanciò anche Meiko Kaji, che rimase la protagonista dei films successivi. Hasebe lascia la Nikkatsu poco tempo dopo per focalizzarsi sulle serie televisive, ma vi ritorna nel 1974 per girarci un omaggio a Clint Eastwood... e la casa, per non lasciarselo fuggire, gli offrì di creare un nuovo genere all'interno dei pinku eiga. Riluttante, ci riesce e dall'enorme successo creatosi la stessa casa lo tenne sotto controllo dal suo produttore Ryoji Ito, per evitare qualsiasi ritorsione dal governo per via della violenza nei suoi "films". Sul finire del decennio lascia la casa e andò a lavorare nella rivale Toei per alcune pellicole direct-to-video negli anni '90. Passa a miglior vita nel 2009, a causa di una polmonite: aveva 77 anni. Il meccanico Shinji, amante delle giacche in pelle e della sua Harley Davidson, dopo avere sventato una rissa da parte di alcune ragazze sukeban in discoteca attira l'attenzione di Megu: entrambi si innamorano, ma Shinji ha già gli occhi puntati su Mayo... Capsula del tempo, funesta, della gioventù dell'epoca. Nel primo tempo il film ci regala una forte dose di nostalgia, dal guardaroba alla discoteca frequentata da Hiroshi Tachi; nel secondo si tramuta in un tragico boomerang di ciò che ha fatto Tachi alle ragazze: sostanzialmente la pellicola è indecisa se gravitare tra il seishun e il sukeban eiga. Montato senza problemi; così come per la fotografia, che dalle inquadrature a mano ci induce a pensare che anche noi siamo partecipi delle loro (dis)avventure. Gradevoli le musiche da discoteca, dal funky che ti lascia indosso un senso di euforia capace di farti ballare per ore... termine riscontrabile anche sulle performances dei protagonisti, ma privi di caratterizzazione. Risplende sopra tutti Tachi, che interpreta un giovane motociclista che si guadagna da vivere come meccanico ed impossibilitato ad avere una relazione seria con una donna, poiché interferisce con la sua libertà. Tappa obbligatoria per i fans di Tachi, qui in una delle sue prime interpretazioni di rilievo: a breve sarebbe divenuto una stella del piccolo schermo con la serie di "Seibu Keisatsu"... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!
- Storia Segreta del Dopoguerra: Dopo la Guerra di Tokyo (Tokyo Senso Sengo Hiwa, 1970)
Regia: Nagisa Oshima Soggetto: Nagisa Oshima, Tsutomu Tamura Sceneggiatura: Masato Hara (aka Masataka Hara), Mamoru Sasaki Produttore: Taguchi Yamaguchi Casa di produzione: Art Theatre Guild, Sozosha Distribuzione: Shibata Organization, Art Theatre Guild Fotografia: Toichiro Narushima Montaggio: Keiichi Uraoka Musiche: Toru Takemitsu --- Data di rilascio in Giappone: 27 giugno 1970 Data di rilascio in Italia: 16 settembre 1971 (al Pesaro Film Festival) Finalmente ho l'onore di parlare del capostipite della noberu bagu nipponica: tappa obbligatoria per qualsiasi novellino del mestiere che vorrebbe avventurarsi tra la celluloide made in Japan. Assunto dalla Shochiku, appena dopo essersi laureato all'Università di Kyoto in scienze politiche nel 1954, esordisce al termine del decennio con "Il Quartiere dell'Amore e della Speranza". Immediatamente dopo si fa' conoscere a livello nazionale con un trio di pietre miliari dell'allora neonato movimento cinematografico giapponese, entrambe uscite nel 1960. L'ultima tra queste venne ritirata dopo nemmeno una settimana nelle sale per il rischio di "ritorsioni" dalle fazioni politiche dell'epoca, ciò costrinse Oshima a fondare una propria casa cinematografica: la Sozosha, dal quale vi girerà altri 14 films fino al 1972. Lascia il mondo del cinema nel 1999 con il jidaigeki di "Gohatto" per dedicarsi al lavoro di traduttore negli anni 2000. Per una buona parte degli anni '80 e '90 fu il presidente della Gilda dei Direttori del Giappone e finì nei guai con la legge per via dei suoi pinku eiga. Passa a miglior vita il 15 gennaio del 2013 a causa di una polmonite: aveva 80 anni. Un cineasta, a seguito di una diatriba avuta con uno studente per via della sua cinepresa, decide di togliersi la vita dal tetto di un edificio. La ragazza del cineasta, assieme allo studente, cercheranno di rimettere insieme il motivo della sua morte... girando negli stessi luoghi in cui lui fece delle riprese e addirittura dubitare che costui sia mai esistito. In questo nefasto giallo dove l'investigatore è un aspirante cineasta che ripercorre gli stessi passi del suo omonimo defunto, non vi è alcuna scena girata per puro caso. Montaggio ricchissimo di longevi piani sequenza, movimenti scossi della cinepresa alla Fukasaku per dare un tocco di realismo al tutto e scorrevole, nonostante la lentezza dei fatti che avvengono. Fotografia che trasuda anche di cinéma vérité nella parentesi dedicata alle manifestazioni studentesche dell'epoca, inclusa una scena in cui Emiko Iwasaki si mette letteralmente a nudo davanti al film del cineasta proiettato sulla parete; una persona reale che vorrebbe fare parte della finzione filmica. Anche da come lo si deduce tramite i dialoghi polemici del circolo studentesco (dove Nagisa si autocita, assieme ad altri maestri della noberu bagu) frequentato da Kazuo Goto: facilmente irascibile e diretto. Diversa l'interpretazione di Emiko, silenziosa ma perspicace. Tra di loro sembra che si faccia spazio una storia d'amore, ma in realtà è un altro modo per investigare sulla morte del regista. Completa il tutto la memorabile musica di Toru Takemitsu, che ci invoglia a stare dietro al ritmo lento del film. Opera che mette a confronto due realtà: quella filmica e quella reale, ed entrambe faticano a combaciare per via di un dettaglio... la fantasia: che prende piede, fisicamente, nei films; ed astratta nella vita quotidiana. Perla da restaurare con urgenza. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!
- Nude... si Muore (1968)
Regia: Antonio Margheriti (aka Anthony Dawson) Soggetto: Giovanni Simonelli (Mario Bava, Brian Degas e Tudor Gates non accreditati) Sceneggiatura: Antonio Margheriti, Franco Bottari (Mario Bava, Brian Degas e Tudor Gates non accreditati) Produttore: Virgilio De Blasi, Lawrence Woolner (non accreditati) Produttore esecutivo: Giuseppe Di Blasio (non accreditato) Casa di produzione: Super International Pictures, B.G.A. S.p.A. Distribuzione: indipendenti regionali Fotografia: Fausto Zuccoli Montaggio: Otello Colangeli Musiche: Carlo Savina Scenografia: Antonio Visone Costumi: Mario Giorsi Trucco: Piero Mecacci --- Data di rilascio: 20 febbraio 1968 (dopo due mesi alla censura, dal 22 dicembre 1967) Originariamente doveva essere diretto da Mario Bava, ma alla fine ebbe un diverbio con la produzione ed abbandonò il progetto. Secondo il figlio Lamberto, il produttore americano Lawrence Woolner contattò lui per la nascita di una casa cinematografica indipendente a Roma con Giuseppe Di Blasio: Woolner ebbe l'idea su un assassino che insanguina un collegio popolato da giovani ragazze. Bava accettò l'idea e lavorò assieme ad altri due sceneggiatori come Tudor Gates e Brian Degas, riuscendo a completare il tutto nel luglio del 1967. Quando subentrò Margheriti, stando al biografo Tim Lucas, non contattò Bava e decise di proseguire con il lavoro; la colonna sonora era già pronta, assieme agli attori e alle locations. Fu distribuito negli USA con il titolo di "The Young, The Evil and The Savage", voluto dalla American International Pictures: taglio di 15 minuti incluso. Trattasi anche dell'ultimo lavoro su grande schermo della giovanissima attrice Eleonora Brown (19 anni), che allora decise di ritirarsi a studiare e ad aiutare la famiglia. E del debutto di Malisa Longo, che di lì a poco arrivò seconda nella classifica di Miss Cinema a Miss Italia 1970. Una donna viene affogata in una vasca ed il suo cadavere finisce all'interno di un baule. Quel baule verrà portato al St. Hilda College, assieme a una nuova insegnante: tale sig.ra Clay. Giunti in un collegio semivuoto per via delle vacanze estive, il baule viene trasferito in cantina e quasi subito l'assassino miete la prima vittima... ben presto la paura insorgerà e la polizia interverrà nella caccia al killer, che è più vicino di quanto loro pensano... Giallo che transita nel mediocre, ma che rimane tranquillamente guardabile per l'insaziabile voglia di risolvere il caso assieme alle ragazze del collegio, se evitate la parentesi "romantica" delle ragazze. Impeccabile la tensione, garantita anche dalla fotografia che simula in prima persona l'assassino con tanto di cinepugno alla Ejzenstejn sulle vittime da lui mietute, senza che ci siano eccessivi schizzi di sangue. Montaggio discreto, musica perfetta che emula l'atmosfera di un frammento di incubo all'interno di ciò che dovrebbe essere un paradiso... solida interpretazione da quasi tutti gli attori, tranne per l'inespressività eccessiva di Ludmila Lvova che a tratti suscita ilarità. Da ora in poi, se considerate una trasferta in collegio, date un'occhiata al film e andate in uno dedicato all'arcangelo Michele: sarà lieto di aiutarvi a scacciare qualunque intruso... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!
- Quella Carogna dell'Ispettore Sterling (1968)
Regia: Emilio P. Miraglia Soggetto: Massimo De Rita (aka Max Hatired) Sceneggiatura: Massimo De Rita, Dino Maiuri (aka Dean Maurey) Produttore: Felice Testa Gay Casa di produzione: Cinegai, Jolly Film Distribuzione: Unidis Fotografia: Erico Menczer (aka Eric Menczer) Montaggio: Sergio Montanari (aka Sergius Hillman) Musiche: Robby Poitevin Scenografia: Luciano Puccini (aka Lucky Pulling) Costumi: Will Jory Trucco: Mark Denoeve --- Data di rilascio: 13 aprile 1968 Incasso: 397,425,000 Lire (205.253 Euro) Secondo lavoro in assoluto sul grande schermo del regista pugliese Miraglia, di cui si conosce davvero poco. Sappiamo che iniziò a lavorare come assistente alla regia dal 1953 a metà decennio, per poi esordire come regista nel 1967 con il pionieristico hitman movie di "Assassination": con protagonista Henry Silva, girato sulla scia di Prosperi. Conosciuto anche per il suo uso frequente di pseudonimi come "Hal Brady" ed "Emilio Paolo Miraglia", abbandona prematuramente la sua carriera nel 1972 con il giallo/horror "La Dama Rossa Uccide Sette Volte" e passa a miglior vita nel 1982 all'età di 58 anni. L'ispettore Sterling, a seguito della morte di suo figlio ed incastrato per via del delitto di un testimone, decide di investigare per conto suo sui colpevoli che lo hanno espulso dalla polizia. Si farà vivo un assassino misterioso che toglierà di mezzo i suoi ex-informatori, che ha contatti con la modella Janet. Preludio alla nascita del poliziesco all'italiana, dove qui già possiamo individuare alcuni suoi elementi caratteristici: l'ispettore sprezzante della paura e determinato, odio nei confronti della stampa e donne vicine alla delinquenza urbana. Fotografia che ci regala dei primi piani intensi sulla furia inespressiva di Silva e dei panorami di una San Francisco al culmine del sogno americano, inclusa la colorazione tendente al caldo e al freddo verso il finale (degno di un noir), anche nel guardaroba dei protagonisti. Non mancano alcuni piccoli jump cuts nel mezzo del film, dove Beba gira una pubblicità per la Levi's. Musiche da cartolina e che grazie alla presenza dell'organo aiutano nelle scene di alta tensione, soprattutto nei continui flashbacks di Silva e nel costringere Luciano Rossi a confessare. I colpi di scena riescono parzialmente nel loro intento, ma non sono tali da restare memorabili. Sebbene scivoli più volte nel mediocre con una sceneggiatura fumettistica e con delle scene d'azione viste e riviste ai tempi, rimane un'interessante istantanea del cinema di genere italico oltreoceano. Assicuratevi di prendere spunto dagli outfits di Beba Loncar e di Henry Silva, non ve ne pentirete... accessori compresi. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!
- Le migliori citazioni da: "Quella Carogna dell'Ispettore Sterling" (1968)
"Io non volevo un cadavere, volevo un testimone." Henry Silva "Cosa credi che voglia una ragazza della mia età? Sprecare la sua giovinezza? Stare a contare gli anni che passano? E che cosa le resta alla fine? [...] Io voglio vivere. Io voglio vivere ogni giorno, come se fosse l'ultimo giorno della mia vita." Beba Loncar "Io ho una pistola, e ho intenzione di usarla. La tua ultima occasione per uscire da questa casa è nell'attimo in cui la tiro fuori." Henry Silva "Resterai tutta la vita a fare i fumetti, se non impari a recitare." Henry Silva "- Per voi giornalisti è festa, quando trovate del marcio. E' così che riuscite a far comprare il giornale anche allo scemo del villaggio. Sono titoli che fanno gola! <>! <>! - Sterling, questo è il mio mestiere. E non credere che sia più sporco del tuo. - Beh, sta a sentire una cosa. Ti voglio raccontare un'altra storia: anzi, la stessa vista da un altro punto. Se la delinquenza aumenta, voi date la colpa ai poliziotti che sono troppo teneri e ci lanciate una campagna di stampa! Ma se una volta tanto un poliziotto ottiene una confessione, parlate di violenza. C'è sempre qualcuno che ha la vostra simpatia: il criminale. E quando un poliziotto depone in un processo, per voi non sa' mettere insieme due parole. E' questa è un'altra buona ragione per prendere le parti del criminale. E se poi si azzarda a protestare, allora... beh, allora è una fortuna se non lo sbattono di pattuglia a ripescare gli ubriachi dalle fogne e a farsi sputare in faccia dalle puttane! Ma questa è la triste storia di un poliziotto. Sono cose che non fanno vendere i giornali..." Henry Silva e Pier Paolo Capponi "Non portarmi rancore, Sterling. Tu sei nei pasticci fino ai capelli, potrebbe farti comodo un amico... io sono un tipo strano. Se tutti dicono che c'è il sole, vado a comprare un ombrello e... viceversa." Pier Paolo Capponi "Quando scriverai il tuo articolo... non essere duro con lui." Henry Silva "- Hai qualcosa da dirmi, O'Neil? - No. Niente di importante, ma volevo dirti che... - Quello che hai da dirmi posso leggerlo sul tuo giornale." Henry Silva e Pier Paolo Capponi
- Paura di Morire (Karakkaze Yaro, 1960)
Regia: Yasuzo Masumura Sceneggiatura: Hideo Ando, Ryuzo Kikushima Produttore: Masaichi Nagata Casa di produzione: Daiei Distribuzione: Daiei Fotografia: Hiroshi Murai Montaggio: Tatsuji Nakashizu Musiche: Tetsuo Tsukahara --- Data di rilascio: 23 marzo 1960 Trattasi della terza apparizione in assoluto di Yukio Mishima sul grande schermo, che si avvalora dell'aiuto del maestro Masumura in uno dei primi yakuza eiga contemporanei, girati sulla scia del successo del chitarrista della Nikkatsu. Della stessa epoca ho già trattato il musical misto a commedia di Buichi Saito con la star Akira, ma consiglio anche di vedervi la saga "Gang Tai Gang" di Teruo Ishii, uno dei più prolifici pionieri del genere. Takeo, che doveva essere eliminato in carcere da un sicario della yakuza, riesce ad evitare l'agguato e viene rilasciato ad una condizione: divulgare la notizia che lui sia morto. Una volta libero, si rifugia in un cinema multisala assieme alla sua nuova ragazza, ma la yakuza gli è già alle calcagna... In molti lo avranno guardato per la presenza di Mishima, in molti saranno rimasti delusi non solo per la banale sceneggiatura; anche per il personaggio interpretato: vuole rigare dritto, ma incarnare la feccia che una volta rappresentava, senza alcun cambiamento effettivo durante il film. Non essendo un campione di espressività, viene salvato dalla rassicurante performance di Ayako Wakao, anche lei in stallo sia per lui che per un altro uomo (con la fedina penale pulita). Il tutto viene assemblato da una fotografia che ci regala ambientazioni anguste e dai colori freddi degni di un noir, assieme a un montaggio sorprendente nelle scene d'azione (anche loro meritevoli). Completa l'offerta anche il tema del film, magistralmente cantato dallo stesso Mishima. Onestamente, si poteva fare di più e rendere più indimenticabile questa introduzione agli yakuza eiga contemporanei con qualche colpo di scena in più nella sceneggiatura: consiglio la visione solo agli appassionati del genere... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!
- La tragica storia di Takiji Kobayashi, scrittore e martire della libertà in Giappone
Autore di diversi romanzi a sfondo marxista, innocente vittima della polizia del dissenso giapponese: martirio da ricordare per la pericolosa deriva totalitaria che il mondo sta intraprendendo. Nato il 13 ottobre del 1905 a Odate, già all'età di quattro anni si trasferì insieme alla famiglia nella località di Otaru ad Hokkaido (successivamente scrisse che era a un passo dal morire di fame) e nell'aprile del 1916 lo zio di Takiji gli diede il denaro necessario per potersi iscrivere alla scuola del commercio di Otaru. Viveva nella casa di suo zio e lavorava part-time in un panificio: nel maggio del 1921, sempre grazie a lui, ebbe finalmente l'occasione di iscriversi all'Università del Commercio ed iniziò a scrivere racconti. Una volta lasciata la casa di suo zio, nel marzo del 1924 si diploma e trova un impiego alla Hokkaido Takushoku Bank (北海道拓殖銀行), prima nella contabilità e poi nel cambio valute. Nel mentre, nel marzo del seguente anno viene introdotto per la prima volta in assoluto il suffragio universale maschile. Nel 1927 si unisce all'Unione degli Artisti Proletari e Contadini (Rono Geijutsuka Renmei) per continuare a scrivere. Una nuova forma di attivismo si manifesta in Giappone, tanto da coinvolgere lo stesso Takiji alle elezioni del 1928; aiutò il candidato Kenzo Yamamoto per l'isola di Hokkaido, parlando assieme a lui in un villaggio alla base del Monte Yotei. Nello stesso anno, il 15 marzo, il governo di Tanaka Giichi (fu anche Ministro degli Esteri) arrestò ben 1.500 militanti di sinistra, colpevoli dei progressi fatti nella Dieta giapponese e per essere prossimi a soffiare il posto (instabile) del Primo Ministro: ebbe la maggioranza grazie a un singolo seggio. Takiji vi scrisse il racconto sui fatti avvenuti quel giorno e lo pubblicò sul "Senki" (戦旗, Bandiera di Guerra), descrivendo anche le torture della Tokko (Tokubetsu Koto Keisatsu, "Apparato di Polizia Speciale Superiore"), finendo così nel loro obiettivo. Fu così che nel 1929 pubblica "La Nave Conserviera dei Granchi" (蟹工船, Kani Kosen), la sua opera più famosa. Trattasi della storia dell'equipaggio di un peschereccio per i granchi e per il suo inscatolamento, che resistono al loro manager di pietra in una situazione economica molto difficile: divenne subito un classico della letteratura marxista. Pubblicato sul "Senki" ed in seguito adattato teatralmente a luglio dello stesso anno con il titolo di "50 Gradi a Nord della Latitudine Nord", attirandosi di nuovo la sorveglianza della Tokko... Sempre nel 1929, Takiji pubblica "Il Padrone di Casa Assente" (不在地主, Fuzai Jinushi) sulla rivista letteraria di sinistra "Revisione Centrale" (中央公論, Chuo Koron), tutt'oggi esistente; e la Tokko trovò il casus belli per licenziarlo dal suo lavoro in banca. Costretto a muoversi verso Tokyo, divenne il segretario generale per la Gilda degli Scrittori Proletari del Giappone, ma ciò non riuscì a fermare la Tokko; il 23 maggio del 1930 fu arrestato con l'accusa (infondata) di dare supporto finanziario al Partito Comunista, per poi essere rilasciato il 7 giugno dello stesso anno. Fu arrestato una seconda volta il 24 giugno e poi incriminato con l'accusa di "lesa maestà" per via di "Kani Kosen", dove un operaio disse di sperare che l'imperatore si soffochi con la polpa di granchio che stanno preparando: ad agosto fu incarcerato per via della "Legge di Preservazione della Pace" (治安維持法, Chian Ijiho). Una volta rilasciato il 22 gennaio del 1931, decise di autoisolarsi alle terme di Nanasawa a Kanagawa. Nell'ottobre dello stesso anno, si iscrisse ufficialmente al fuorilegge Partito Comunista Giapponese e sparì dalla circolazione fino al 20 febbraio del 1933, dove doveva incontrarsi assieme a un altro suo compagno ad Akasaka... che si dimostrò essere una spia della Tokko. Provò a fuggire, ma venne arrestato di nuovo. Una volta portato alla stazione di polizia per essere interrogato, fu torturato e il giorno dopo le autorità dissero che Takiji è passato a miglior vita per un attacco cardiaco all'età di 29 anni. Quando il suo corpo fu restituito alla famiglia, notarono che fu gonfio in modo anormale e il direttore del Piccolo Teatro di Tsukiji, Senda Koreya, gli fece una maschera mortuaria in bronzo al suo volto. In seguito Senda scrisse che "la polizia ha usato tutti i mezzi a sua disposizione per bloccare un'autopsia, ma guardandolo era chiaro come il giorno che era stato vittima di tortura". Nessun ospedale fece l'autopsia, per evitare ripercussioni da parte della Tokko... la famiglia provò a fare causa e venne registrata la dichiarazione dell'avvocato in merito, ma alla fine non gli fu fatto nemmeno il funerale. Nonostante la sua prematura morte, l'eredità di Takiji ha camminato e continuerà a camminare su altre persone. I suoi lavori sono stati tradotti in 12 lingue, gli venne creata una biblioteca in suo onore e gli venne dedicato un monumento a Otaru. E anche noi manterremo vivo il suo ricordo, tenendo sempre accesa la fiamma della libertà: che sfortunatamente sta venendo sempre più a mancare... --- Di seguito la traduzione in italiano di un articolo dell'Asahi, sul tentativo di causa della famiglia di Takiji. Si ringrazia @LennLoquendo C.I.L. per il lavoro in merito. Dopo che Takiji Kobayashi (1903-33), uno scrittore proletario noto per la sua opera "La Nave Conserviera dei Granchi", fu arrestato con il sospetto di aver violato la legge sulla conservazione della pace pubblica e torturato a morte presso la stazione di polizia di Tsukiji del Dipartimento di Polizia Metropolitana di Tokyo, si seppe che la sua famiglia aveva intenzione di fare causa alla polizia speciale. Fujio Ogino, ricercatore di Takiji e professore emerito di storia moderna giapponese presso l'Università di Commercio di Otaru, ha trovato questo nei documenti dell'udienza preliminare di un avvocato che aveva una relazione con Takiji. Sebbene non siano state formulate accuse, il documento ha rivelato che la famiglia in lutto ha cercato di opporsi alla morte per tortura in un'epoca di grave repressione ideologica. Il documento è una copia del verbale dell'interrogatorio preliminare dell'avvocato Teizaburo Kubota, arrestato per sospetta violazione della stessa legge nel settembre 1933. Si tratta di una copia dei 12 scambi in cui il giudice del processo interrogò Kubota nella prigione di Toyotama a Tokyo dal marzo 1934 al febbraio 1935, ed è in possesso dell'Università Doshisha (città di Kyoto). Kubota era un membro dell'Associazione Giapponese degli Avvocati del Lavoro e dei Contadini (日本労農弁護士団, Nihon Rono Bengoshi-Dan), che ha supportato gli attivisti sindacali e contadini nelle loro battaglie legali. Nella "copia del verbale", c'è una dichiarazione in cui la famiglia in lutto chiedeva se gli fosse stato chiesto di presentare una denuncia. "E' diventato", ha risposto. Secondo il sig. Ogino, il Dipartimento di Polizia Metropolitana annunciò che la causa di morte di Takiji, deceduto il giorno del suo arresto, il 20 febbraio 1933 era una "paralisi cardiaca". Tuttavia, i medici e gli amici che videro il corpo a casa sua trovarono segni di aggressione su entrambe le gambe e, sulla base delle fotografie del corpo e della testimonianza della madre di Takiji, Seki, si ipotizzò che la morte di Takiji fosse dovuta a tortura. Un gruppo di avvocati ha chiesto a tre ospedali universitari di eseguire le autopsie in vista della presentazione delle accuse, ma nessuno di essi le ha effettuate. Ogino ritiene che la polizia speciale abbia esercitato pressioni sugli ospedali per evitare l'accusa, dicendo: "La maggior parte di questi documenti sono stati inceneriti quando la guerra terminò, quindi sono materiali estremamente preziosi. Se la famiglia avesse potuto sporgere denuncia, è possibile che i violenti interrogatori, essenziali per l'attuazione di questa legge, avrebbero potuto subire una certa battuta d'arresto". Secondo il sig. Ogino, anche prima della guerra. --- Link all'articolo: https://www.asahi.com/articles/ASM9L6FHCM9LPIHB02P.html
- [Flopiziesco #28] Il Padrino di Hong Kong (The Tongfather, 1974)
Regia: Tien Peng Sceneggiatura: Tien Peng Produttore: Tien Shao-Ching Casa di produzione: Hong Kong Roc Films Production Fotografia: Chen Hay-Lock Musiche: Stanley Chow --- Data di rilascio: 10 maggio 1974 Debutto alla regia di un attore molto prolifico (all'attivo un totale di 63 films, di cui 7 diretti e 4 scritti da lui) del cinema di Formosa, sfortunatamente legato a doppio filo con le triadi: agli inizi degli anni '80 ebbe un regolamento di conti con un'altra triade, togliendo di mezzo una persona tramite una spada. Incarcerato per omicidio, sconta la pena e lascia definitivamente il mondo del cinema, anche a causa del declino del filone dei films di arti marziali. Un agente sotto copertura viene incaricato di smantellare un traffico di oppio, guidato da un boss giapponese. Si scatena una guerra tra bande e l'agente, assieme al suo collega, decimano uno ad uno gli uomini che tentano ad arrivare verso il boss... incluso un tentativo di stupro e un soldato giapponese corrotto. Disinvolto nel suo essere girato a basso costo, sia nella sceneggiatura poco credibile che coinvolge solamente due agenti segreti (senza alcun rinforzo da parte della polizia locale) contro un esercito di uomini che potevano tranquillamente eliminarli al primo round e nel suo essere montato davvero male (alcune scene saltavano e di colpo mi ritrovavo in altre). Colonna sonora fortemente influenzata dall'iconico "Shaft" di tre anni prima, fotografia appena al di sopra nella media che ci regala delle moviole per niente male nelle scene d'azione e dei primi piani sia nei panorami di Taiwan che negli occhi degli attori. Combattimenti non-stop per tutto il film, dove l'ultimo è la motivazione per guardarlo... anche per l'interpretazione fredda e misteriosa di Peng, sempre pronto a fare la cosa giusta al momento giusto. Cosa che parzialmente funziona anche nel suo collega Tien Ho. Si spera un restauro come si deve sull'aberrante cult in questione, poiché rimane un esempio di cosa era capace di fare il filone dei gongfupian con mezzi blasonati a disposizione. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!
- Introduzione: NSFW
La parola inglese "NSFW"(acronimo di "Not Safe For Work" e tradotto come "Non sicuro per il lavoro") indica un tipo di contenuto prettamente maturo, spesso utilizzato per indicare contenuti 18+, infatti, letteramente si intende "Non aprire o vedere questo mentre sei al lavoro o in pubblico". Quindi, ricapitolando, in questa sezione, troverete materiale adatto ad un pubblico maturo, siete stati avvisati.
- Dito sul Grilletto (Finger on Trigger, 1984)
Regia: Leung Pasan Sceneggiatura: Dung Ying Screenwriter Team Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Paragon Films LTD Fotografia: Patrick Chan Montaggio: Peter Cheung Musiche: Tang Siu-Lam Trucco: Law Lai-Kuen --- Data di rilascio: 29 novembre 1984 Incasso: 176,021 dollari (20.792 euro) Entrato nel mondo del cinema nel 1971 come attore e stuntman, quasi subito divenne un coreografo nel 1974 con il wuxia di "Fingers That Kill" e agli inizi degli anni '80 intraprende la carriera da regista, producendo e coreografando in parte i suoi films, che nella maggior parte dei casi erano produzioni a basso costo girate in Thailandia o per la temutissima "terza categoria" del porto... si ritira definitivamente dai riflettori nel 1992, producendo e presentando (per la prima e unica volta) "Vietnamese Lady", ancora una volta per la CAT.III... A seguito della morte di un uomo d'affari, la polizia scatena una caccia all'uomo per ritrovare i due responsabili dell'assassinio: non ottenendo alcun risultato, entra in campo l'ispettore K.K. Lee per la risoluzione del caso, che immediatamente si fa' notare per i suoi metodi diretti e precisi. Nel mentre, l'ex-poliziotto Fan Kun si guadagna da vivere facendo il parrucchiere di giorno, ma durante la notte lavora come sicario per permettere a suo figlio un trapianto di reni. Una volta che Lee mette insieme i pezzi, inizia ad investigare su Fan e sul suo ricco mandante Hung Kuay, che a sua volta prova a togliere di mezzo Kun... non riuscendoci, rapisce suo figlio e coinvolge Lee nella vendetta. Tremendamente orribile da un lato, interessante nell'altro. Si fa' notare per la presenza del trio Melvin-Stanley-Margaret, dove quest'ultima è letteralmente sprecata: non apporta nessun cambiamento effettivo nella trama. Pellicola che ha evidenti lacune, come nel non spiegare il perché Stanley abbia lasciato la polizia e nella scarsa protezione della polizia stessa nel scortare due degli obiettivi di Stanley. Incluso il suo vagabondare tra il sottogenere degli hitman movies, il poliziesco ed il melodrammatico (sull'acceleratore). Anche in ambito qualitativo lascia molto a desiderare, nonostante la produzione della Paragon... sia nelle auto usate che nell'interpretazione del ragazzino, fastidioso ed al culmine dell'imbarazzante nella scena in cui effettua la breakdance per cercare di dare un tocco "moderno" al film. Montato discretamente, musiche scopiazzate con una fotografia mediocre. Nonostante tutto ciò, rimane il duo Melvin-Stanley, che riescono a salvarci da questo abisso: soprattutto la performance insolita di quest'ultimo, una presenza fissa nelle commedie hongkongesi dell'epoca, qui serio e pronto a tutto pur di salvare suo figlio; dall'altro lato un ispettore elegante, ma carico di piombo e distributore seriale di carisma anche in ambito giornalistico... perfetti per le scene d'azione incredibilmente spinte e da bocca spalancata. Rimasto solo per quattro giorni nelle sale e considerato perduto sino a poco tempo prima... divenuto in breve tempo un cult per il suo essere involontariamente fumettistico. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!