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102 risultati trovati con una ricerca vuota

  • Un Uomo Chiamato Tigre (A Man Called Tiger, 1973)

    Regia: Lo Wei Sceneggiatura: Lo Wei Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest Coreografie: Han Ying-Chieh Fotografia: Chris Chen Montaggio: Peter Cheung Musiche: Joseph Koo Costumi: Chu Sheng-Shi --- Data di rilascio: 1° febbraio 1973 Appena dopo il lancio di Bruce Lee negli USA, Wei cerca di farsi feticcio anche la mina vagante di Wang Yu, assieme ad altri che avevano già fatto la gavetta con lui come Nora Miao e Cheng Pei-Pei. Piccolo riassunto per chi non lo conosce: appena dopo il termine della WW2, nel 1948 si trasferisce a Hong Kong e quasi subito ottenne il primo ruolo di rilievo nel kolossal di " Sorrows of the Forbidden City ", poi come protagonista in " Prisoner of Love " (1951) e diviene regista nel 1953 con " The Husband's Diary ", anch'esso interpretato da lui. Instancabile lavoratore a getto continuo, divenne uno dei cineasti più prolifici del porto ed attirò a vagonate gli spettatori nei cinema orientali, tanto da aprirsi nel 1974 la sua casa cinematografica. Provò a lanciare un giovane Jackie Chan durante il decennio, ma alla fine i films dove recitava si erano rivelati dei colossali flop e trovò fortuna lasciando la casa... passa a miglior vita nel 1996 per un'insufficienza cardiaca. Chin Fu (Jimmy Wang Yu) sospetta da tempo che il suicidio di suo padre fosse in realtà un regolamento di conti da parte della yakuza: per indagare più approfonditamente viene reclutato dal boss Shimizu (Mitsuo Kuro) nel suo clan, per spazzare via il suo rivale Yamamoto (Tien Feng). Nella sua investigazione si aggiunge anche la cantante Yoshida Ayako (Kawai Okada), anch'essa in cerca di suo padre... Uragano implacabile di cazzotti, destinati ad aumentare sempre di più fino all'inevitabile finale sanguinolento. Un buon 70% del film è colmo di acrobazie dolorose da patrimonio dell'UNESCO, il restante 20% da riempitivi sfruttati come scuse per le botte di Wang Yu e per palesare sia la passione del gioco d'azzardo di Wei che per l'enorme quantitativo di donzelle (quattro in tutto il film!), con lo scopo di mostrare la bellezza del loro guardaroba (Wang Yu incluso). Sceneggiatura quasi del tutto campata per aria dove James Tin Chuen ci viene presentato come l'amico di Wang Yu, per poi sparire letteralmente nel nulla, dove solo nel finale ingrana definitivamente la marcia; fotografia che anticipa il Cinéma du Look del prossimo decennio, con la presenza imperante del colore acceso e panorami da cartolina. Nel montaggio non si riscontra nulla di interessante, l'opposto nella colonna sonora di Koo che rende più edulcorata la visione del film. Passabile avventura al retrogusto di yakuza eiga , ma indimenticabile per la rovente atmosfera gongfupian contemporanea! Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Stile al Cinema #1 | "A Man Called Tiger" (1973)

    Benvenuti al nostro primo appuntamento dedicato al vestiario visto su celluloide. Cercherò di insegnare alle future generazioni come il cinema mi abbia aiutato a saper scegliere nell'intricato mondo dell'abbigliamento attuale, sempre più composto da colori inespressivi ed abiti scadenti: nonostante tutto, ho chiarito il mio stile e personalmente mi ritengo soddisfatto dei risultati che ho potuto raggiungere. E scommetto che anche voi riuscirete ad essere soddisfatti dell'avere cambiato stile, ma con eleganza e soprattutto... a modo vostro! Molte delle immagini rappresentate sono presenti su Pinterest e salvabili.

  • Uomo Pericoloso (Dangerous Person, 1981)

    Regia: Chen Kuan-Tai Sceneggiatura: Chen Kuan-Tai Produttore: Lo Wei Casa di produzione: Lo Wei Motion Picture Co. LTD Fotografia: Yau Tou-Ching Montaggio: Vincent Leung Musiche: Frankie Chan --- Data di rilascio: 3 dicembre 1981 Finalmente possiamo parlare in maniera approfondita di Chen Kuan-Tai, una delle stelle per antonomasia dei wuxia prodotti dalla Shaw per tutti gli anni '70, qui alla sua quinta esperienza come regista e con un budget davvero risicato a disposizione (nessuna ricostruzione in studio). Smise di girare nel 1989 con il bullet ballet di " Return to Action " e vanta all'attivo un totale di 164 films come interprete e ben 6 da produttore (si segnala il cult di " Forsaken Cop " [1990] e il mezzo disastro, nonché l'ultimo lavoro di Chor Yuen, " Blood Stained Tradewinds " dello stesso anno). Fu amico stretto dell'ormai defunto Chang Cheh e tutt'oggi di Ku Feng, ha un ristorante a Calcutta ( Jimmy's Kitchen ) e continua ancora oggi a lavorare nel cinema portuale. Due fratelli vengono scarcerati e tornano a delinquere. Uno di loro ha intenzione di vendicarsi dell'ispettore Tai (Chen Kuan-Tai), colui che li aveva mandati al fresco: sempre in prima linea contro il crimine, ne toglie di mezzo l'altro a seguito di una rapina. Il fratello superstite perde le staffe ed attenta alla sua famiglia con ogni mezzo... Lento poliziesco che solamente nel secondo tempo inizia seriamente ad ingranare la marcia, che nel primo faticava ad innestarsi più per la preparazione della trama alla violenza devastante verso il finale. Un plauso all'ammiraglia Rover 3200 di Chen, nelle sue sequenze d'azione artigianali riesce a salvarci dai numerosi punti morti del film, incluso il cameo di Lo Lieh in carcere. A livello meccanico niente di interessante nella fotografia, pecca il montaggio che rende macchinoso il tutto; eccezione esplosiva la colonna sonora del veterano Frankie, dove nel finale decolla nel cardiopalma. Chen si riconferma ancora una volta un versatile attore del porto, qui nel ruolo di un ispettore che vorrebbe ripulire la metropoli dal crescente crimine, ma in contrasto con i metodi dei suoi superiori e lontano dalla sua famiglia... Decisamente colmo di difetti, ma un'onesta fotografia della Hong Kong di allora tra discoteche e delinquenza di strada... anche di chi lasciava la pelle per proteggerla. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • [Speciale Halloween] Un Minuto a Mezzanotte (3615 Code Pere Noel, 1989)

    Regia: René Manzor Sceneggiatura: René Manzor Produttore: Charles de Feral (esecutivo), Jean-Luc Defait (co-produttore), Ziad El Khoury (co-produttore), Francis Lalanne (produttore di linea), Dominique Vignet (produttore associato), Francis Von Buren (produttore associato) Casa di produzione: L.M. Productions, Deal, Garance Distribuzione: Deal, Union Générale Cinématographique (UGC) Coreografie: Gerard Duges, Ngoc Lan Truong Thi, Roland Neunreuther, Daniel Vérité Fotografia: Michel Gaffier Montaggio: Christine Pansu Musiche: Jean-Félix Lalanne Trucco: Lyne Bertin, Xavier-Daniel Fagnière, Antoine Garabedian, Karim, Jean-Luc Russier, Jocelyne Sevestre Costumi: Christine Roques --- Data di rilascio: 18 marzo 1989 (Laon Film Festival of Youth and Children's Films) Fratello del produttore Francis e del musicista Jean-Félix, inizia la sua carriera con il cortometraggio di " Synapses " (1981) e sin da subito vinse il Gran Premio al Festival Internazionale del Cinema Giovane di Hyères. Comincia a farsi notare a livello nazionale con il lungometraggio di " Il Passaggio " (1986), con protagonista Alain Delon: fu un successo che attirò quasi due milioni di spettatori nelle sale. Una volta completato il thriller di cui ne parlerò a breve, pensò di fare causa alla 20th Century Fox per plagio, affermando che il produttore americano John Hughes avesse copiato a modo suo il film. Notato anche da Lucas e da Spielberg, venne assunto negli USA per dirigere alcuni episodi della serie televisiva di " Le Avventure del Giovane Indiana Jones " (1992-93), per poi rimanerci per oltre 10 anni tra sceneggiatura e regia. Nel 1997 viene invitato dal produttore Christian Fechner a dirigere la commedia fantasy " Un Amore di Strega " e dal 2003 è tornato definitivamente in Francia, dirigendo il suo ultimo film: " Dédales ". Sin da subito, l'emittente TF1 lo assume per il restyling del giudice Alice Nevers e nel 2012 pubblica il suo primo romanzo (" Les Ames Rivales "). Tutt'oggi lavora nei retroscena della televisione, dove nel 2020 ha diretto il suo ultimo film per quest'ultima: " Maddy Etcheban ". Thomas de Frémont (Alain Lalanne) è un bambino prodigio capace di mille mestieri, da meccanico a elettricista. Appassionato di supereroi, ha trasformato il castello in cui vive in un campo di battaglia per i suoi giocattoli e per il nonno Papy (Louis Decreux). Avendo montato anche delle telecamere a circuito chiuso, ne approfitta per filmare l'arrivo di Babbo Natale durante l'omonima notte. La madre, Julie (Brigitte Fossey), dirige un grande magazzino a Parigi e licenzia un assassino travestito da Babbo Natale (Patrick Floersheim), che riuscirà a raggiungere la casa di Frémont: inizierà una battaglia al cardiopalma. Thriller traumatico che vi ricorderà per sempre di tenere chiuse le porte di casa, dato che le mani insanguinate di qualcuno potranno arrivare sull'uscio di casa. E psicologicamente parlando, il film è stato esemplare nell'illustrare la sensazione di insicurezza dalla fotografia: chiaroscuro onnipresenti come la moviola inserita perfettamente nei momenti da infarto, effetti speciali da antologia dello splatter e colori accesi/desaturati che si adattano all'ambientazione natalizia del film, curatissima in ogni ambito (miniature comprese!); non mancano inquadrature con angoli all'olandese e con lenti arrotondate. Montaggio anch'esso al cardiopalma, veloce e senza impuntature. Musiche intensissime e senza tregua per i nostri timpani già addestrati ai suoni delle esplosioni nel castello, atte a reclamare che esiste un Rambo in versione natalizia, pronto a difendere il proprio territorio fino all'ultimo fiocco di neve... Definitivamente di culto per gli amanti dell'horror, colmo di colpi di scena e di momenti trivellati con lo shock nella propria mente. Ringrazio ancora sentitamente il "gatto che fuma" per il suo restauro del 2018. Ci vediamo in un altro spaventoso Halloween, cari spettatori del sito!

  • [Azionerrore #9] Energetic 21 (1981)

    Regia: Chan Chuen Sceneggiatura: Tong Hon-Wa Produttore: Lo Wei Casa di produzione: Lo Wei Motion Picture Co. LTD Fotografia: Yau Kei Montaggio: Kam Ma Musiche: Tang Siu-Lam Trucco: Chow Man-Kuen --- Data di rilascio: 30 settembre 1982 Incasso: 1,901,808 dollari (225.063 euro) Quarto lavoro da regista di Chuen, che nel 1979 aveva esordito con la commedia gongfupian di " Kung Fu vs. Yoga ". Versatile caratterista del cinema di genere portuale, vanta all'attivo un totale di 104 films come attore dal 1966 all'indomani del terzo millennio e 40 films come coreografo (1971-86). Sulla sedia da regista si segnalano nove sue incursioni sul grande schermo, tutte quante giacenti nel dimenticatoio. Una fra queste è " Heroic Cops " (1981), orribile poliziesco misto a hitman movie dove è protagonista il duo Chow Yun-Fat/Danny Lee ancora prima della loro notorietà mondiale con il regista Woo... Ben Leung (Leslie Cheung) è un giovane pilota d'auto che si è fatto un nome nelle corse illegali: una sera gareggia con Alan (Paul Chung Biu-Law), proveniente da una famiglia benestante. Dopo una lunga serie di intrecci amorosi e di momenti coming of age , Ben litiga con sua madre e gareggia di nuovo, ma questa volta ha un battibecco con uno straniero. Accidentalmente ridotto senza vita dai suoi amici, si ritrova braccato dalla polizia... Incomprensibile. Nei primi minuti è considerabile un coming of age drama , nel mezzo un film d'azione motoristico e nel finale si tramuta, camaleonticamente, in un poliziesco con l'obiettivo focalizzato sulla delinquenza giovanile. Credo che anche gli attori abbiano avuto difficoltà a capire cosa passava nella mente di Chuen, soprattutto l'invisibile sceneggiatura e la commedia esilarante quanto una minestra di cemento. In ambito fotografico è una coloratissima parata dal guardaroba che dai veicoli guidati dai protagonisti, inclusi i neon della discoteca e della metropoli hongkongese; repertorio musicale firmato all'inizio e al finale da Leslie, ma che poi prende in prestito qua e là musiche da altri films; montato senza problemi particolari. Se siete in cerca di un film tutto discoteche ed auto sportive, ripiegate su altri registi come Alex Cheung e Patrick Tam: non ve ne pentirete. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Confessioni di un Internettiano - Capitolo I

    Proponiamo il seguente estratto di un'ora di durata, recuperato da un'intervista effettuata nei confronti di un ragazzo su TruthTube, che di sua volontà volle rimanere nell'anonimato per evitare ripercussioni di qualunque tipo. --- Buonasera. Grazie a lei per avermi dedicato un po' del suo tempo, a condizione di anonimato. Non si preoccupi, che con me la sua identità non verrà mai rivelata. Vorrei iniziare con una domanda perlopiù adatta per il giornale in cui lavoro: come si sente a navigare su Internet? Buonasera. La ringrazio per avere rispettato la mia condizione. Rispondo che la mia nave non è più a vele aperte come un tempo. Le vele sono state forate da molteplici rapaci, che hanno fatto del flame il loro pane quotidiano; navigare in un ampio spazio come Internet è oramai soffocante, dalle continue censure e dalle "tempeste di sterco" che noi definiamo shitstorm, per via di alcune tattiche sfruttate da personaggi emersi da questo oceano... Condivido in parte la sua affermazione. Personalmente su Internet mi sento parecchio al sicuro, soprattutto grazie ai servizi offerti da Agioogle. Basta prestare attenzione ai soggetti con i quali si viene in contatto, e nulla di pericoloso accadrà. Non sono per nulla d'accordo. Anche la più innocua delle richieste d'amicizia può nascondere un inquietante segreto ad orologeria... nel senso che quando il reale motivo viene a galla, sarà poi difficile allontanare tale amicizia di facciata. Come per qualsiasi amico, bisogna sceglierselo e comprendere se lui sia adatto ad essere tale. Agioogle non farà quasi nulla nella maggior parte dei casi, in caso di molestie. Preferisce l'indifferenza. Non capisco il suo pessimismo nei confronti degli attuali mezzi di comunicazione. Ci hanno permesso di parlare e scrivere da ogni parte del mondo, accorciando milioni di chilometri. A proposito di accorciamenti, cosa ne pensa del fatto che oggi sia possibile parlare con tutti a casa propria e senza muoversi dal divano? Lo trovo un istinto nobile, ma riuscito a metà. Oggi ci riteniamo fortunati a parlare con un amico, distante chilometri da casa. E' una invenzione che sicuramente avrà portato dei benefici, ma inevitabilmente anche dei lati oscuri... il non uscire più di casa diverrà ben presto una gabbia dal quale l'umano ne diverrà assuefatto, al pari di uno stupefacente. I divani non saranno altro che un prolungamento del nostro corpo, dal quale sarà impossibile separarsi. Il pessimismo è un sentimento naturale che proviamo con qualsiasi cosa, perché dovremmo reprimerlo? Sono d'accordo con il pessimismo. Mi ha incuriosito con il "prolungamento del corpo": cosa intende, per parlarne in maniera più approfondita? E' una maniera elegante per dire che alcuni strumenti sono divenuti talmente essenziali nella nostra vita, dal quale non possiamo più separarci. L'ossessione per un qualcosa che lentamente sta prendendo il posto di noi umani, ossia i sempre più avanzati smartphones. Ovviamente non ho nulla contro chi li usa quotidianamente, ma per come vengano usati più per altri motivi decisamente più inquietanti, che per il suo uso ovvio sin dalla loro nascita. Credo di doverle fare una doverosa puntualizzazione. Anche io uso quotidianamente il mio smartphone per parlare e scrivere ai miei colleghi di lavoro, ma non bisogna per forza tornare indietro di decenni per comunicare come oggi. Secondo lei, cosa è "inquietante" nei nostri smartphones? La presenza sempre più pesante di applicazioni che non fanno altro che "drogare" l'individuo che le usa, nel senso che viene assuefatto talmente tanto da una realtà costruita a tavolino... che nella nostra non esiste. Certi individui sono alla ricerca dei loro sogni, ma gli attuali social hanno sostituito i sogni con l'assuefazione da "likes" facili. Lei crede che nella nostra attuale società che viviamo sia facile essere sé stessi, con i contenuti tossici presenti all'interno di tali social? Anche io ne approfitto per puntualizzare, dato che fortunatamente il detto dell'evitare di fare un fascio su tutta l'erba si può ancora applicare metafisicamente... e non vorrei arrivare a dire che tutti i social siano colmi di tossicità. Non chiedo di tornare ad usare Windows 95 per purificarci da questo clima sempre più rarefatto... Certo che è stato davvero deciso, in questa sua dichiarazione. Ammetto che oggi è difficile trovare il proprio io, in questa società contemporanea. Non appena ti vesti, parli e ti costruisci cose che a te piacciono, vieni tacciato come "narcisista". E' un po' esagerato dire che la maggior parte dei social sia colma di contenuti tossici, quando ve ne sono altri ancora integri e piacevoli da vedere. A proposito, cosa ne pensa di essi? Noto che lei è rimasto colpito da ciò che ho esclamato, a cuore spalancato, su ciò che penso in merito ai social... per quanto riguarda i contenuti ancora "sani", direi che sono a rischio di estinzione, dato che il suono delle monete è sempre più amplificato da altri "influenzatori" seriali che hanno fatto del mostrare ogni secondo della loro vita come una vetrinetta da usare come esempio in mondovisione. Quel genere di contenuti rimarrà ben saldo ancora per un determinato periodo di tempo, ma il problema è che non sappiamo per quanto ancora durerà... ci saranno creatori di contenuti che resisteranno ed altri che emigreranno altrove per salvarsi dalla tossicità di cui ne avevo parlato poco prima: pettegolezzi spiccioli, mediocrità, maleducazione, clickbait, pubblicità spazzatura e tanto altro. Come un fronte bellico, ma in formato virtuale. Al posto dei soldati, usano bots e trolls per demoralizzare qualunque utente gli sbarri la strada. E ci sono alcuni casi dove nonostante le numerose segnalazioni, nessun membro della moderazione si è fatto avanti per risolvere il tutto... non crede che siamo sempre più vicini ad una guerra civile, in rete? Corregga il "siamo sempre più vicini" con il "siamo già" in guerra civile. Lo siamo già sin dalla nascita di Internet, purtroppo. Le uniche oasi, per esperienza personale, dove i bots e i trolls non attaccano sono i forum ed altre community ben sorvegliate dalla loro moderazione. Perché i moderatori che si scelgono, sanno prendersi la loro responsabilità di bannare chi è pericoloso sia per loro che per altre comunità internettiane. Soprattutto perché sono veterani di Internet e sono stati a stretto contatto con i trolls/bots, avendo già scoperto loro stessi che di solito vengono aizzati dai grandi della piattaforma per zittire chi non la pensa come loro, abusando più volte del proprio potere per costringere altri suoi omonimi a pensarla come lui... Quindi lei frequenta continuamente tali spazi virtuali. Un'altra domanda un po' personale: lei ha mai lavorato come moderatore, in tali "oasi"? Sì. Perché non volevo che utenti innocenti venissero bullizzati da degli omuncoli che si credono onnipotenti per via del loro esercito di trolls. Ed è per questo che ho voluto fare l'intervista, rimanendo nell'anonimato... quelli possono rovinarmi la vita con ogni mezzo a loro disposizione, telefonicamente che fisicamente. E purtroppo non esiste una vita secondaria, ho quella che mi serve per continuare a dare una mano a chi è stato vittima di bullismo da tali influencers. I trolls sfruttano l'anonimato per rimanere impuniti, ma vi sono altri utenti come il sottoscritto che lo usano per evitare conseguenze serie da loro e dai loro mandanti. Ci pensi bene: di giorno un comune cittadino, di notte un partigiano che salva delle vite prossime allo sfascio... Non ha mai pensato a un futuro, se nel caso volesse lasciare tale mestiere? Il suo intento è nobile, ma non può durare per sempre... Futuro? Quasi impossibile. Non ci ho mai pensato, dato che il "futuro" odierno è quello di lavorare gratuitamente per le grandi multinazionali che rastrellano i commercianti locali di qualsiasi nazione. Ma non è il momento di fare economia in un'intervista del genere... pensiamo solo al presente e ci continueranno a dire di pensare al presente, dato che il futuro ce lo sottrarranno altri individui che non hanno mai lavorato in vita loro. Continuerò a lavorare nell'anonimato per salvare altre persone da un futuro nefasto, e da altre che staranno guardando la nostra intervista. Mi rivolgo in particolare a chi ci guarda e a chi trascriverà ciò che noi diciamo: non siete soli in questa guerra civile. --- E' una storia di pura fantasia. I fatti e i personaggi illustrati sono da ritenersi puramente casuali. Ma, ahimè, il contesto è davvero intriso di fatti realmente avvenuti...

  • [Flopiziesco #31] Polizia Segreta (Secret Police, 1992)

    Regia: Yiu Tin-Hung Sceneggiatura: Benny Tam Produttore: Leung Mei-Chun Coreografie: Yuen Bo Fotografia: Napoleon Pang Montaggio: Yiu Tin-Hung Musiche: Cinefex Sound Studio Limited Trucco: Lee Kwok-Tsz Costumi: Ko Wai-Ling --- Data di rilascio: 11 marzo 1992 Esordio alla regia di uno sconosciuto regista che militava nella temuta terza categoria e in pellicole direct-to-video. Da HKMDB si viene a sapere che ha cominciato a lavorare come montatore in " Looking for Money " (1981) e nella maggior parte dei suoi films, per una singola volta come produttore esecutivo nell'oscuro " Love to Kill " (1991) e per cinque volte come direttore di produzione. Lascia la sedia da regista nel " Could You Kill My Husband, Please? " (2001) e definitivamente dai riflettori nel 2002, montando e divenendo per la prima ed unica volta capo della produzione in " Flying Dragon, Leaping Tiger ". Fai (Alex Fong) è il tipico ragazzo sospeso tra la malavita e la sua ragazza Lisa (Yip San), che imbarazza spesso il padre poliziotto (Ku Feng), quando si caccia nei guai. Ma quando quest'ultimo viene tolto di mezzo da un sicario (Billy Chow), la sorella Fan (Moon Lee) decide di vendicarsi... ma Fai dovrà fare i conti sia con lui, che con la propria sorella... dato che anche lui è un agente di polizia, ma sotto copertura. Confusionario triad movie al retrogusto di hitman movie dove è più presente Fong che Moon, che per via del suo personaggio empatico quanto una roccia congelata e simpatico quanto un cactus, la visione è stata più dolorosa del previsto. In questo scempio dove il regista cercava di emulare l'uomo al limite di Alex Cheung, non propone nulla di nuovo a livello meccanico (nonostante la fotografia si sia data da fare con i panorami autunnali di Hong Kong, atti a dimostrare l'impossibile redenzione di Fong che di Billy) e commette errori grossolani, come la giacca con lo stemma della polizia di New York indosso per tutto il film all'agente Shum Wai. Appare anche il veterano Lung Fong, che fortunatamente prova a tenere intatta la baracca... ma nemmeno la furia di Moon e di Billy è stata capace di salvare codesto guazzabuglio, che aveva un'ottima base, ma è stata storpiata del tutto per via del montaggio alla bell'è meglio... fortuna vuole che la colonna sonora sia stata all'altezza del "contenuto". Definitivamente un prodotto leggermente al di sopra della media dei bullet ballets girati nel porto, ma consigliato solo agli appassionati del genere. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Superman Vuole Uccidere Jessie (Kdo Chce Zabit Jessii?, 1966)

    Regia: Vaclav Vorlicek Soggetto e Sceneggiatura: Milos Macourek, Vaclav Vorlicek Casa di produzione: Ceskoslovensky Statni Film, Filmové Studio Barrandov Paese di produzione: Cecoslovacchia Distribuzione (in Italia): Debora Film Fotografia: Jan Nemecek Montaggio: Jan Chaloupek, Jaromir Janacek Musiche: Svatopluk Havelka Trucco: Rudolf Hammer Costumi: Karel Postrehovsky --- Data di rilascio (in Italia): 15 luglio 1966, Trieste Sci-Fi Film Festival Data di rilascio (in Cecoslovacchia): 26 agosto 1966 E si ritorna a parlare di Vaclav, che già nello spionistico di W4C ha saputo conquistarmi con le sue gags da antologia. A questo giro, affermo senza timore di smentita che ci troviamo di fronte al diretto antenato del Roger Rabbit statunitense, con le didascalie e gli effetti speciali curati dal Carl Barks cecoslovacco: Kaja Saudek , che ci ha lasciati nel 2015. Il personaggio di "Jessie", interpretato da Olga Schuberova, non è altro che una sua creazione. La professoressa Ruzena Berankova (Dana Medricka) inventa un siero capace di combattere i sogni sgradevoli, sperimentandolo su una mucca durante una dimostrazione: dal suo sogno scompare il tafano che gli arrecava fastidio. Nel mentre, l'ingegnere Jindrich Beranek (Jiri Sovak), è in crisi creativa a lavoro... sulla sua scrivania trova dei fumetti dove l'eroina Jessie sfugge ai suoi nemici, usando dei guanti antigravitazionali. Trovata l'idea, durante la notte sogna lei ed i suoi inseguitori, riuscendo a sbarazzarsi di loro grazie ai guanti. Sua moglie usa il siero su di lui e tramuta i sogni di Beranek in realtà: seguiranno una serie di disavventure tra Jessie ed i suoi avversari. Esilarante disavventura con molteplici frecciatine di satira contro il governo cecoslovacco di allora, dove i nostri protagonisti tramutano Praga in un parco giochi minato nel quale l'autoritarismo sia della polizia che dell'istituto in cui lavora Dana vanno in crisi di nervi. Se l'opera non vi conquisterà nella sua fantascienza, è nel surrealismo che fa' il suo punto di forza: Olga impersona come un guanto di velluto il personaggio di Jessie, rubando i riflettori senza faticare e astutamente velata nel suo puntare a Jiri, facendo sì che Dana si autodistrugga con la sua stessa creazione. Fotografia che è considerabile un'elegia alla pop art e al fumetto in generale, che nonostante sia in bianco e nero è possibile immaginare quali colori sgargianti abbiano usato nel guardaroba: scenografia onirica che dovrebbe essere esposta in un museo per il suo avanguardismo alla Seijun. Montaggio al fulmicotone, musiche perfette per questa rocambolesca disavventura. Fortunatamente sono in circolazione ulteriori Superman in cerca della loro Jessie (da salvare, però!), soprattutto qui nel nostrano Stivale... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Paura Dietro la Porta (Au-Delà de la Peur, 1975)

    Regia: Yannick Andréi Sceneggiatura: Yannick Andréi Produttore: Jacques Bar, Robert Velin Casa di produzione: Cité Films, Coralta Cinematografica, Office de Radiodiffusion Télévision Française (ORTF), Télécip Paese di produzione: Francia, Italia Distribuzione (in Italia): Titanus Fotografia: Pierre Petit Montaggio: Hélène Gagarine Musiche: Alain Goraguer Trucco: Marc Blanchard, Irène Servet --- Data di rilascio (in Italia): 21 agosto 1975 Data di rilascio (in Francia): 24 settembre 1975 All'anagrafe Jean Antoine Andréi e padre di Frédéric Andrei, il Jules di " Diva " (1981) e anche lui regista, iniziò a lavorare nel 1949 come assistente alla regia per poi passare ad aiuto regista nel 1952, lavorando al fianco di maestri del calibro di Melville e Carbonnaux. Esordisce come regista nel 1957 con il cortometraggio di " Animaux, Nos Amis ", ed arriva nelle sale con " I Ragazzi del Sabato Sera " nel 1961: quasi immediatamente si diletta nel mondo televisivo francese, dirigendo principalmente films per la TV come il noto " L'Affaire Caillaux " (1985) e miniserie come " La Camera delle Signore " (1982). Al tramonto della sua carriera apparve anche come attore in un film diretto da suo figlio Frédéric, " Paris Minuit " (1986). L'anno dopo passò a miglior vita: aveva 60 anni. Reneé Guilloux (Michel Constantin) è un criminale che ha fatto parlare molto di sé per le sue costanti rapine alle banche: braccato dalla polizia, in un albergo si costruisce nuovamente una banda per colpire ancora, ma sfortunatamente gli capita l'agente immobiliare Claude Balard (Michel Bouquet). Riuscito a fuggire, ma con i documenti in mano a Guilloux, egli prende in ostaggio la sua famiglia. Balard, diffidente della polizia, si tiene in contatto con loro e comunica la sua situazione al cognato Francesco Grimaldi (Paolo Bonacelli), che a differenza sua avvertirà la polizia. Una volta in coordinazione con la polizia, riusciranno a decimare la banda, ma dovranno espugnare Guilloux... Polar misto a poliziottesco appena al di sopra della media, dove se la gioca con il clima rovente di quegli anni e tirando nuovamente in ballo la diffidenza sessantottina nei confronti della polizia. Nemmeno un attimo di pace nel tormentato tragitto di Bouquet e nella paura incolmabile di sua moglie Tolo, con la pistola puntata alla tempia dal solito rapinatore di banche che non ha nulla da perdere... che qui si ritrova con una fotografia autunnale che ne esalta i suoi colori spenti. Niente di interessante nel montaggio, rispetto alla colonna sonora che illustra lo stato d'animo di Bouquet per quasi tutto il film. Nel complesso rimane un prodotto artigianale del genere francofono, passabile e senza impantanarsi in inutili macchinazioni. Ulteriore dimostrazione che le tensioni di piombo dell'epoca erano le stesse anche oltralpe. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Spiritualmente un Poliziotto (Spiritually a Cop, 1989)

    Regia: Shum Wai Sceneggiatura: Shum Wai Produttore: Yuen Sin-Kan Casa di produzione: Golden Sun Light Production Co. LTD, Hatract Films LTD Paese di produzione: Hong Kong, Cina Distribuzione: Golden Princess Amusement Co. LTD Coreografie: Mang Hoi, Siu Tak-Foo Fotografia: Arthur Wong, Lau Hung-Chuen Montaggio: Cheung Kwok-Kuen Musiche: Tang Siu-Lam, Philip Chan Fei-Lit Costumi: Dora Ng --- Data di rilascio a Singapore: 28 dicembre 1989 Data di rilascio a Hong Kong: 16 novembre 1991 Caratterista del cinema portuale come molti, esordì alla regia sfruttando il successo dei " ghost movies" dell'epoca come il " The Haunted Cop Shop " (1987), continuando a girare fino al 1991 con " The Master's Necklace ". Vanta all'attivo un totale di 99 films come attore e altri 5 come sceneggiatore, ma come ci segnala HKMDB ha anche lavorato come assistente alla regia: vinse nel 1985 il premio di "miglior attore non protagonista" agli HKFA. Passa a miglior vita nel 2022 all'età di 71 anni. Per le strade di Hong Kong bazzica un finto poliziotto ( Lui Fong ), rifiutato all'arruolamento per via della sua bassa statura: armato di pistola e manette giocattolo, riesce a combattere il crimine senza paura. Ma quando si ritroverà freddato da tre criminali durante una rapina in banca, resuscita come fantasma e continuerà a dare una mano nel risolvere il caso, ormai assegnato a una donna (Yukari Oshima). Pazzesco delirio che fa' delle arti marziali e della " mo lai tau " (commedia dell'assurdo) slapstick il suo punto di forza, oltre alle comparse storiche del gongfupian portuale come Johnny Wang e Michael Chan Wai-Man. Per nulla noioso, è un'allegoria su come la polizia hongkongese si sia persa un possibile agente più efficiente di altri suoi colleghi seduti a scaldare il luogo di lavoro: la fotografia illustra l'oscurità nella quale vaga il nostro protagonista, tra il neon della metropoli hongkongese e l'oscurità tagliente dove si addentreranno i veri agenti di polizia, dopo le sue scorribande. Montato discretamente e dalle musiche prese in prestito da altri films portuali, insieme a vari sketch un po' datati, è un prodotto che non rivedrei nuovamente... Morale? Non rifiutate aspiranti poliziotti come Lui, potrebbero ripulire una città a tempo record dalla criminalità... seguendo l'esempio di Eastwood. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Un Fischio nel Mio Cuore (Kotan no Kuchibue, 1959)

    Regia: Mikio Naruse Soggetto: Nobuo Ishimori Sceneggiatura: Shinobu Hashimoto Produttore: Tomoyuki Tanaka Casa di produzione: Toho Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Toho Fotografia: Masao Tamai Montaggio: Eiji Ooi Musiche: Akira Ifukube --- Data di rilascio: 29 marzo 1959 Naruse è paragonabile al maestro Ozu, in quanto all'illustrazione della società nipponica del secondo dopoguerra. Regista molto prolifico che vanta un totale di 89 pellicole, entra alla Shochiku negli anni '20 come assistente della troupe leggera e venne presto assegnato al regista di commedie Yoshinobu Ikeda : ben presto nel prossimo decennio riesce a debuttare sul grande schermo con il cortometraggio di " Mr. and Mrs. Swordplay " ed è subito successo. Sfortunatamente molti dei suoi lavori dell'epoca sono andati perduti. Per un breve periodo si metterà a dirigere alcuni drammi muti (1933-34), per poi lasciare lo studio per la P.C.L. ( Photo Chemical Laboratories , che in futuro diverrà la Toho ). Nel 1935 riesce a farsi conoscere definitivamente sia in patria che negli USA con la commedia di " Wife! Be Like a Rose! ", dove in quest'ultima non fu bene accolto dalla critica, a differenza del Kinema Jumpo che lo ha definito il "film dell'anno". Durante la guerra girò una serie di films propagandistici, per poi tornare in auge negli anni '50 con numerosi " shoshimin eiga " passati alla storia. Nel 1967 ha diretto il suo ultimo film, " Scattered Clouds ", per poi passare a miglior vita nel 1969 all'età di 63 anni per via di un cancro al colon. Nella periferia di una città ad Hokkaido, una famiglia Ainu è soggetta a discriminazioni continue dai loro conoscenti giapponesi. A causa delle loro difficoltà economiche, vengono a mancare sia la nonna che il padre dei due giovani ragazzi che, sempre più stremati, provano a tirare avanti... Amara realtà di un problema tutt'oggi irrisolto dell'atteggiamento secolare dei giapponesi nei confronti dell'etnia Ainu, qui ritratta come condannata all'infelicità ma di gran lunga molto meglio rispetto all'anteguerra. Film dal retrogusto neorealista, impostato come un documentario e diretto con esperienza da Naruse; che qui affievolisce la visione con la fotografia, che sfrutta i colori naturali del paesaggio circostante. Per tutto il film avrete la sensazione di vedere la spada di Damocle che aleggia sui protagonisti, che cercano solo di essere accettati. Se il regista Furuhata ha catturato la bellezza selvaggia di Hokkaido, Mikio ne ha colto il suo lato sociale, purtroppo non compreso da chi lo discrimina. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Crudele Storia di Un'Arma (Kenju Zankoku Monogatari, 1964)

    Regia: Takumi Furukawa Soggetto: Haruhiko Oyabu Sceneggiatura: Hisataka Kai Produttore: Hideo Sasai Casa di produzione: Nikkatsu Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Nikkatsu Fotografia: Saburo Isayama Montaggio: Masanori Tsujii Musiche: Masayoshi Ikeda --- Data di rilascio: 1° febbraio 1964 Abile cineasta del cinema di genere nipponico, si è laureato nel 1941 al collegio artistico dell'Università Nihon ed entra alla Nikkatsu come sceneggiatore, per poi lavorare come assistente alla regia. A causa della guerra, andò a lavorare per la Daiei per poi tornare nel 1954 agli studi della N, che ha appena cominciato a produrre di nuovo films: immediatamente esordisce alla regia l'anno seguente con " The Body-Guard ". Nel 1956 dirige il film che rese famoso lui e l'esordiente Yujiro Ishihara a livello nazionale, " Season of the Sun " (da non confondere con quello di Nakahira del 1957!); un seishun eiga tratto dall'omonimo romanzo di suo fratello maggiore Shintaro. Si segnala che al termine della sua carriera andò a girare due spionistici a Hong Kong, per poi ritirarsi definitivamente dai riflettori nel 1973 con la serie televisiva di " Urutoraman Esu ". Passa a miglior vita nel 2018 all'età molto avanzata di 101 anni, per via di un collasso cardiaco. Togawa (Jo Shishido) viene fatto evadere dal carcere in cui scontava la pena per essersi vendicato del camionista che ha fatto rimanere in sedia a rotelle sua sorella Rie (Chieko Matsubara), con l'obiettivo di assaltare un portavalori contenente 120 milioni di yen: gli imprenditori a capo di tutto questo prometteranno a Togawa che sua sorella tornerà in piedi con un'operazione chirurgica. Ma quando la rapina è compiuta, la situazione tra gli assalitori non procede come dovrebbe... Amarissimo film di rapina che non risparmia nessuno nella sua travolgente onda nichilista, nemmeno a banda aggregata. Condannati sin dall'inizio a un nefasto esito ed a numerosi colpi di scena, Takumi ci assicura il tutto con numerose acrobazie pirotecniche e stalli alla messicana: e dalla fotografia l'esito è davvero riuscito con primi piani, inclusi parecchi chiaroscuri. Gradevole il montaggio che sfrutta il flashback per raccontare l'esecuzione del piano, musiche perfette per un noir alla Melville. Jo in ottima forma come al solito, qui nel ruolo di un veterano che è già a conoscenza di come una banda si possa disgregare per la tentazione del bottino... E aggiungo che in qualsiasi film il vestiario di Shishido è da antologia: occhiali da sole in stile "Balorama" ancora prima che venissero concepiti dalla Ray-Ban, sigaretta in bocca e cappotto Raglan... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Omicidio Non Registrato (Dainippon Koroshiya Den, 1965)

    Regia: Haroyasu Noguchi Soggetto: Kobako Hanato Sceneggiatura: Kobako Hanato, Akira Saiga Produttore: Jiro Tomoda Casa di produzione: Nikkatsu Paese di produzione: Giappone Fotografia: Kazue Nagatsuka Montaggio: Masanori Tsujii Musiche: Keitaro Miho --- Data di rilascio: 25 agosto 1965 Haruyasu, all'anagrafe Shigeichi Noguchi, fu uno dei molteplici registi del cinema di genere che diedero slancio non solo allo studio, ma anche al rilancio del cinema nipponico nel dopoguerra. Lascia la facoltà di letteratura ed entra alla Nikkatsu nel 1935, per poi lavorare come assistente alla regia al fianco di Kurata Fumihito. Sul concludersi del decennio, diviene regista ed esordisce con " The Front Line of the Pavement " (1939), con lo pseudonimo di Noguchi Hiroshi. Durante la guerra, la casa fu assorbita dalla Daiei e Haruyasu fu costretto a trovare lavoro alla Shochiku di nuovo come assistente alla regia. Una volta terminata la guerra, nel 1954 tornò negli studi della N e tornò a dirigere films con il getto continuo tipico della casa. Nel 1967 diresse il primo ed unico kaiju eiga della casa, " Gappa: il Mostro che Minaccia il Mondo ", per poi morire all'improvviso mentre stava per girare il film di " The Kanto Region is Also Expanding ", diretto postumo da Kazunari Takeda. Aveva compiuto 54 anni. Il misterioso sicario "Joe of Spades" (Jo Shishido) toglie di mezzo un pezzo grosso di una potente organizzazione: gli uomini, temendo per la loro vita, si affidano all'agenzia "Murder Unincorporated". Subito un gruppo di cinque guardie del corpo verrà incaricato dall'organizzazione di stanare Joe... ma sarà lui a prendersi gioco di loro. Esilarante delirio popolato da personaggi fumettistici che girovagano con i loro gadgets più da spionistico che da hitman movie, a prova di noia e per nulla stancante. Sceneggiatura? Nah, meglio una carrellata di sketch kafkiani sulla vita di tutti i giorni e sulle doti dei nostri supereroi! Musiche perfette per questa surreale esperienza fotografata da delle lenti più colorate che mai sul guardaroba dei protagonisti, assieme ai loro dialoghi che più volte sfondano la quarta parete. Jo Shishido in forma come al solito, qui unico personaggio serio in mezzo alle risate del film. Da ora in poi, sapete che un'arma da fuoco può essere nascosta nei luoghi più impensati... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Caso Drabble (The Black Windmill, 1974)

    Regia: Don Siegel Soggetto: Clive Egleton Sceneggiatura: Leigh Vance Produttore: Don Siegel, David Brown (esecutivo), Richard D. Zanuck (esecutivo), Scott Hale (associato) Casa di produzione: Universal Pictures, Twickenham Film Studios Paese di produzione: UK, USA Distribuzione: Universal Pictures Fotografia: Ousama Rawi Montaggio: Antony Gibbs Musiche: Roy Budd Trucco: Freddie Williamson (non accreditato) --- Data di rilascio negli USA: 17 maggio 1974 (Radio City Music Hall, New York) Data di rilascio in UK: 18 luglio 1974 (Londra) Siegel: impossibile non conoscerlo. Autore del film su Callaghan del 1971, autore dell'ultimo film di John Wayne nel 1976 e del dramma carcerario di Alcatraz nel 1979. Stella della Warner Bros , aiutò nel decollo della carriera di Eastwood e del futuro regista Sam Peckinpah. Non ho nemmeno il bisogno di illustrarvi la sua fruttuosa carriera, i suoi risultati sono visibili sotto gli occhi di tutti. Due ragazzini sono intenti a giocare con un aereo telecomandato all'interno di una base abbandonata della RAF, fino a quando del personale militare non li coglie di sorpresa e li porta ai loro superiori. Vengono così rapiti ed in seguito si scopre che sono trafficanti d'armi coinvolti nello smercio di armi per i terroristi dell'Irlanda del Nord, che il maggiore John Tarrant (Michael Caine) stava cercando di smantellare assieme all'MI5: uno dei due ragazzini è suo figlio. Deciso a vendicarsi della banda, viene prima incastrato da costoro con delle prove fabbricate ed è poi costretto a cavarsela da solo... Esplosiva combinazione tra mistero e tensione, tenuta assieme da un'ottima sceneggiatura e da delle interpretazioni fenomenali da tutto il cast. Tassello dopo tassello, la verità verrà a galla. Assieme a numerosi colpi di scena ed all'astuzia carismatica di Caine, che nonostante sia nel mirino nella banda che nell'MI5, non perde il suo manto e continua a perseverare nella sua vendetta. C'è anche bisogno di dire come è superlativa la fotografia sulla campagna inglese, sul guardaroba dei personaggi e sulla notte di una Parigi ormai quasi del tutto estinta. Anche il montaggio non delude, nei suoi lunghi piani sequenza... come per la musica, che incamera la paura e il riscatto di Caine. E credo che dopo la visione del film, prenderei le distanze da qualunque mulino a vento di colore nero... può nascondere dei segreti parecchio scottanti... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Girasole (Himawari, 2000)

    Regia: Isao Yukisada Sceneggiatura: Shinsuke Sato Produttore: Yukio Nihei, Hidemi Satami Produttore Esecutivo: Soichiro Harada Casa di produzione: KSS, Suplex Fotografia: Jun Fukumoto Montaggio: Takeshi Imai Musiche: Hirofumi Asamoto Alle elementari vide il " Kagemusha " (1980) di Kurosawa e da allora decise di divenire regista: si mise a lavorare come assistente alla regia nelle fiction televisive di Shunji Imai per quasi tutti gli anni '90, per poi esordire alla regia nel 1998 con il dramma sociale di " Open House " ed acquisire notorietà internazionale con il famigerato Girasole (che a breve tratterò), che vinse un FIPRESCI Prize e fu candidato al "New Currents Award" del Festival del Cinema di Pusan in Corea del Sud: ed è proprio con la Corea che il cineasta riesce ad immortalare i problemi con i coreani " zainichi " (emigrati coreani in Giappone) nel 2001 con il dramma di " Go! ", primo film in assoluto congiuntamente prodotto tra la penisola e il Sol Levante. Tutt'oggi attivo, nel 2023 ha rilasciato il thriller spionistico di " Revolver Lily ". A seguito della morte di Tomomi (Kumiko Aso), degli ex-compagni di scuola si riuniscono al suo funerale e ricostruiscono le proprie vite assieme a quella di Tomomi. Ma una volta che i genitori di Tomomi identificano il suo presunto cadavere, si scopre che non è lei... Melancolica rappresentazione della perdita incolmabile di una persona, dal quale si poteva fare di più... fotografata DIVINAMENTE (il maiuscolo era necessario!) con delle fonti di luce che accecano quasi del tutto le visuali del film, per indicare alla Montale che il sole rovente tormenta la vita della protagonista, dove lei semplicemente chiedeva di essere accettata ed amata; angoli olandesi da neo-noir, cinepresa a mano per dare l'idea di essere presenti anche noi nella tragica storia dei co-protagonisti e nella loro ricostruzione dei fatti (flashback). Nel montaggio non si fanno mancare longevi piani sequenza e geniali transizioni da una scena all'altra, dettagli che influenzano di lacrime la colonna sonora. Ricordatevi che i girasoli a volte non possono essere sinonimo di felicità... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Elisa (1995)

    Regia: Jean Becker Sceneggiatura: Jean Becker, Fabrice Carazo Produttore: Henri Brichetti, Christian Fechner Produttore Esecutivo: José Luis Garci, Didier Pain, Hervé Truffaut Casa di produzione: Les Films Christian Fechner, Solo Productions, TF1 Films Production Paese di produzione: Francia Distribuzione: Gaumont Buena Vista International Fotografia: Etienne Becker Montaggio: Jacques Witta Musiche: Michel Colombier, Zbigniew Preisner Scenografia: Thérèse Ripaud Trucco: Judith Gayo, Frédérique Marcus, Muriel Paupere, Jean-Christophe Roger --- Data di rilascio: 1° febbraio 1995 Figlio dell'apripista della Nouvelle Vague , Jacques Becker , prematuramente scomparso all'età di 53 anni per una emocromatosi; inizialmente si diletta come suo aiuto-regista, per poi esordire alla regia con il poliziesco di " Quello che Spara per Primo " nel 1961 al fianco di un Belmondo all'apice della sua carriera. Dopo avere diretto sempre assieme a lui la commedia " Un Avventuriero a Tahiti " (1965), si ritira per ben 20 anni dalla sedia da regista e ci ritorna solamente nel 1983 con Isabelle Adjani nel thriller psicologico di " L'Estate Assassina ", che gli valse a lei un César per la sua interpretazione. Tutt'oggi vivo (91 anni), continua a lavorare dietro le quinte e anche sulla celeberrima sedia: si segnala la sua ultima uscita del 2022, intitolata " Les Volets Verts ". Marie (Vanessa Paradis), a seguito del suicidio di sua madre Elisa (Florence Thomassin), vive in un orfanotrofio e si guadagna da vivere nella metropoli parigina sia con il taccheggio che con l'aiuto dei suoi due amici Solange (Clotilde Courau) e Ahmed (Sekkou Sall). Decide di lasciare alle spalle la sua dura vita e parte per andare alla ricerca di suo padre Jacques (Gérard Depardieu)... Tarda pellicola del genere cinéma vérité , dove l'astuzia carismatica della protagonista Paradis ci porta in una Parigi senza filtri: di giorno animata da mille sfumature delle persone che la popolano da quartieri in preda al degrado ed altri presi d'assalto da chi soffre di shopping compulsivo, di notte selvaggia. Incorniciata da un cast che sfrutta di frequente il suo linguaggio colorito per girovagare nella metropoli, per nulla chiassoso e interessante nella loro caratterizzazione (riuscita a metà), nella fotografia decolla per alcune sequenze in prima persona e nella desaturazione dei colori; soprattutto nella notte. Nel montaggio si segnalano longevi piani sequenza e nella musica anche la comparsa di Gainsbourg... Tralasciando alcune sequenze spinte come il mostrarsi a nudo di Paradis (autocitazione ad Adjani) e un'altra scena simile con un uomo di mezza età, rimane un onesto prodotto d'artigianato di quello che fu il cinema francese della vecchia scuola. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Se un genere europeo si fosse fuso con un altro simile? Tre casi particolari

    Cari spettatori del sito, bentornati al nostro appuntamento speciale con voi: oggi vorrei trattare con voi tre pellicole che presentano tracce di ben tre generi, allora in voga in tre nazioni europee. La risposta è il quartetto franco-italo-spagnolo-tedesco, che durante gli anni '70 erano gli assi del cinema di genere, di fronte a colossi come quello statunitense e britannico. Regia: Francisco Lara Polop Casa di produzione: Eva Film, Kalender Films International, Ogro, Paraguas Films S.A. "El Rata" viene scarcerato a seguito di una lunga permanenza a causa dei crimini "politici" commessi durante il periodo franchista: avendo scarse probabilità di trovare lavoro, casca di nuovo nel giro della criminalità... Se il poliziottesco si fosse fuso con il genere quinqui , ciò sarebbe stato il risultato. Analisi al carbonio di come era la Spagna durante la transizione democratica, colma di incertezze sia politiche (le roventi frecciatine del regista alla sinistra dell'epoca, senza filtri, sono degne di Petri) che economiche (tutt'oggi quasi del tutto immutate), rappresentate da una persona disperata in cerca di una nuova opportunità... esecuzione direttissima, montaggio al fulmicotone e musiche azzeccate per la Spagna dell'epoca. Regia: Marino Girolami (aka Franco Martinelli) Casa di produzione: Italian International Film, Les Productions Fox Europa A seguito di una rapina avvenuta in una villa, la polizia è sulle tracce di una banda che colpisce gli ambienti dell'alta borghesia romana: nella loro scia di violenza, ci ha lasciato la pelle la figlia dell'ingegnere Alessi (Anthony Steffen)... egli non si placherà fino a vendetta compiuta, assieme alle retate del commissario Carli (Marcel Bozzuffi). Il polar di Melville con il nostrano poliziottesco? Combinazione geniale! La capitale fa' da scenario, attivo, alle ore contate della banda e alla polizia che mette insieme i tasselli delle loro tracce. Bozzuffi è dalla parte della legge ed agisce, burocraticamente, assieme alla sua squadra più da forza speciale che da corpo di polizia; Steffen un uragano implacabile nel decimare i responsabili della morte di sua figlia. Fotografia che sfrutta di frequente la notte, atta a rappresentare le nefandezze compiute senza alcuna vergogna; montato scorrevolmente ed accompagnato dal trio Bixio-Frizzi-Tempera nell'abisso della criminalità. Regia: Duccio Tessari Casa di produzione: Lombard Films, Slogan Film, CCC-Filmkunst, Filmes Cinematografica L'investigatore Duca Lamberti (Frank Wolff) accoglie la richiesta d'indagine dal padre di una ragazza mentalmente instabile, scomparsa da giorni. Una volta trovata morta, si viene a scoprire che è stata costretta a prostituirsi... Quando il genere tedesco del krimi bussa alla porta dell'allora neonato genere poliziottesco, bisogna aspettarsi cose intense e indimenticabili. Come ne avevo già parlato in una mia recensione di molto tempo prima, Duccio dirige il tutto con una precisione clinica e senza filtri sull'allora nebbiosa società milanese... che nasconde giri spietati e macchiati di sangue. Frank impersona il personaggio del Lamberti ormai logorato della frenesia milanese, ma capace di combattere il crimine a modo suo e facendosi accompagnare dai suoi problemi di salute, assieme alla lucidità sarcastica di sua moglie... con una musica che dalle sue note jazz incamera lo squallore della malavita, assieme al colore naturale della fotografia e dal montaggio diretto. Quando un genere si fonde con un altro, vi è da aspettarsi applausi, oppure ribrezzo: l'importante è saperli scegliere e fonderli con generi simili tra di loro. Restate sintonizzati per il nostro prossimo appuntamento in tema. Avremo tanto da esplorare.

  • [Flopiziesco #30] Liquidazione (Payoff, 1979)

    Regia: Chung Gwok-Yan Sceneggiatura: Lin Chan-Wai Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest Paese di produzione: Hong Kong, Cina Coreografie: Lee Hang Fotografia: Cheung Tak-Wai Montaggio: Norman Wong Musiche: Frankie Chan --- Data di rilascio: 19 settembre 1979 E si ritorna a parlare di Chung, dove questa volta dirige un cast di completi sconosciuti: ad eccezione di Lau Dan, veterano della Shaw , e di altre decine di comparse. Girato sulla scia dello scandalo di Godber (chi conosce Ng See-Yuen e anche la dualogia di " Lee Rock " ha bene a mente lo stato della polizia hongkongese agli inizi degli anni '70...) e palesemente al risparmio, rimane una delle opere più oscure della casa di Bruce... Il sovrintendente Lee non ha freni nel divenire il boss della malavita di Hong Kong: assieme all'aiuto di Lam, convince il narcotrafficante Ng ( Lau Dan ) a collaborare alla sua ascesa. Di conseguenza, Ng dirotta nella baia del porto una nave carica di stupefacenti per la banda dei fratelli Ma. Una volta esplosa la guerra tra bande, Lee costringe Ma a ritirarsi dal giro ed a favorire l'espansione di Ng nel gioco d'azzardo... ma quando i suoi uomini cercano di detronizzare il casinò di Kam, protetto da un corpo speciale di polizia, l'escalation è inevitabile... Mediocre poliziesco che prova numerose volte la commistione con il documentaristico, sfortunatamente non riuscita a causa della sceneggiatura stereotipata del genere e sbrigativa. Nemmeno le bravate delle triadi ci aiutano a salvare il film, in quanto non portano nulla di nuovo sul tavolo della coreografia. Colonna sonora, fotografia e montaggio inclusi... anche l'ambientazione nel passato del film (1973) è riuscita a metà, dati i modelli d'auto incompatibili... e sono stato anche esaustivo. Comunque, in quanto a imbarazzo, lo " 0.38 " (1980) di Chung è ancora imbattuto... fortunatamente questo film non arriva nemmeno con il telescopio a tali livelli. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Nel Sangue (In the Blood, 1988)

    Regia: Corey Yuen Sceneggiatura: Yuen Kai-Chi Produttore: Wu Ma Casa di produzione: D&B Films Co. LTD, Bo Ho Films Co. LTD Paese di produzione: Hong Kong, Cina Coreografie: Mang Hoi, Chin Ka-Lok, Yuen Wah Fotografia: Tom Lau Montaggio: Peter Cheung, Sek Chi-Kong Musiche: Chris Babida Trucco: Man Yu-Ling Costumi: Leung Yuk-Chan --- Data di rilascio: 22 luglio 1988 Incasso: 6,804,354 dollari (797.577 euro) Sfortunatamente passato a miglior vita nel 2022 a causa della pandemia e solamente giorni prima è stata diramata la tragica notizia dal suo collega ed amico Jackie , Corey lo voglio ricordare con questo oscuro poliziesco: se Sammo e Richard appaiono per pochi secondi, la formula drammatica/slapstick alla Wong Jing è garantita. Inutile che riassuma la sua fruttuosa carriera, se cercate sul dizionario la parola "pirotecnico" compare il suo nome. I due poliziotti Dan (Corey Yuen) e Wah (Andy Lau) sono in cattive acque per la loro pessima carriera, per poi venire sospesi dal servizio: i loro genitori faranno di tutto per riportarli a lavoro, ma in particolare Dan non ha idea che il fidanzato di Tze (Hsiao Hung-Mei) è a capo di una banda di narcotrafficanti... Esplosivo poliziesco che si perde con gli intermezzi comici, un po' datati, della burocrazia di epoca britannica e di alcune falle ingenue nella polizia; fortunatamente ciò non intacca le stellari scene d'azione, eseguite senza alcun intoppo. Cascatori che si buttano qua e là nei modi più disparati, coreografie prossime alla perfezione che innestano la suspense più intensa. E se le coreografie sono un toccasana per gli occhi, anche la fotografia lo è: sfrutta continuamente il chiaroscuro e il controluce sempre in ambito notturno, per indicare il destino nefasto di uno dei due protagonisti... e la nostalgia del padre di Corey per i tempi andati. Babida completa il tutto con un omaggio a modo suo al jazz, soprattutto suonato dal vivo da parte di Wu Ma: montato anche a dovere. Passabile prodotto che meriterebbe una riscoperta per le sue scene d'azione, ma nel resto viene purtroppo rovinato dall'eccessivo melodramma nei confronti di Andy e Corey... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • African Story (1971)

    Regia: Marino Girolami (aka Fred Wilson) Soggetto: Ralph Anders Sceneggiatura: Ralph Anders, Mike Conda, Eugene Walter Produttore: Stanley Norman Produttore Associato: Ralph Anders Casa di produzione: Atlantic Film Productions, Sirio Film Paese di produzione: Italia Fotografia: Mario Fioretti Montaggio: Franca Silvi Musiche: Francesco De Masi Scenografia: Rudolf Andreas Trucco: Susannah Davies, Renzo Francioni --- Data di rilascio: 21 ottobre 1971 Una delle pellicole più oscure di Girolami, tutt'oggi inedita in DVD. In tre decadi fu letteralmente prolifico nell'ormai defunto cinema di genere italico, tanto da aiutare nel decollo di alcune future stelle come Maurizio Merli nel poliziottesco di maggiore successo commerciale in assoluto (" Roma Violenta ", 1975). Si segnala anche che fu un abile pugile e lasciò la carriera già all'età di 20 anni: laureato in fisioterapia, diede i natali ad altre due leggende riconosciutissime... il Castellari e l'attore Ennio. Fratello maggiore di Romolo Guerrieri, nel corso di entrambe le loro carriere si diedero una mano... lui come assistente alla regia in quelli di Marino. Il cantante Rex Maynard (Michael Kirner), dopo avere inciso una sua canzone, decide di partire per le vacanze assieme alla figlia del produttore Arnold Tiller (Stephen Boyd)... nonostante la sua ferma disapprovazione. Deciso il tutto in segreto, in Sudafrica vengono sorpresi da un gruppo di sequestratori che agiscono per ordini di Tiller, ma la situazione precipita quando loro cominciano a stancarsi per il suo trattamento... Piacevole disavventura al retrogusto di giallo, che nel primo tempo si perde nel romantico e nel fare pubblicità alle locations sudafricane, ma nel secondo ingrana la marcia e si inizia a vedere qualcosa di serio come le acrobazie di Michael e quelle in auto. In sintesi è una vendetta finita male per via dell'iperprotettività di Stephen, ma al sapore aspro sia per l'esecuzione che per la sceneggiatura. Da cartolina la fotografia, montaggio nella norma e musiche che rendono digeribile il tutto, perfette per incorniciare il film nel genere dell'avventura. Nel complesso, un prodotto tutto sommato passabile e memorabile più per il Sudafrica di inizio anni '70, che per le disavventure di Michael... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Sole, Fieno, Fragole (Slunce, Seno, Jahody: 1984)

    Regia: Zdenek Troska Sceneggiatura: Zdenek Troska, Petr Markov Casa di produzione: Filmové Studio Barrandov Fotografia: Josef Hanus Montaggio: Eva Bobkova Musiche: Karel Vagner Trucco: Frantisek Cizek Costumi: Marie Frankova --- Data di rilascio: 1° settembre 1984 Inizio di una trilogia di enorme successo nella ex-Cecoslovacchia, dove il regista non solo dirige a casa propria ( Hostice , nella Boemia Meridionale), ma riuscì definitivamente a decollare con la sua carriera appena iniziata nel 1979: nel film a episodi " How a Man Gives Birth ". Controverso per i suoi films a basso costo, tanto avversi alla critica ma notevolmente profittevoli nei cinema, come nel genere fiabesco; un esempio sopra tutti è " Princess Jasnenka and The Flying Shoemaker " (1987). Riuscì anche ad attirare i riflettori della polizia nel 2002 con il kolossal di " Angelic Face ", dove il produttore Jiri Pomeje si fece prestare denaro dal fondo statale della Repubblica Ceca per lo sviluppo del cinema... il film fu un fiasco e Jiri non riuscì a ripagare i debiti: sotto inchiesta per frode finanziaria. Lascia definitivamente il mondo del cinema nel 2020 con il fiabesco " Enchanted Feather ". Lo studente Simon (Pavel Kikincuk), dopo un movimentato viaggio, approda in un villaggio dell'entroterra cecoslovacco: il suo obiettivo è dimostrare che le mucche possono produrre più latte, ascoltando musiche che possano stimolarle. Presto il villaggio entra in subbuglio ed il governo vuole sapere dell'invenzione di Simon... Divertente istantanea della vita tradizionale dei villaggi isolati nell'allora Cecoslovacchia, dove la natura impera su tutto e ricambia con panorami da cartolina, popolate da persone che passano il loro tempo nei modi più disparati e creativi. Tra queste vi è la nonna degli abitanti che ospitano Pavel, capace di usare il suo letto come un auto improvvisata ed una cantante che si esibisce dalla sua finestra, sia felice che non; con i colori della fotografia lasciati al naturale, è sinfonia per gli occhi che per le orecchie: musica all'essenziale. Montaggio che non crea problemi, nemmeno per la trama trasparente. Antidepressivo da consigliare per qualsiasi cineterapista. Ed è probabile che consiglierò il film anche a chi vorrebbe andare in vacanza in un luogo molto diverso, soprattutto ad agosto inoltrato. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • L'Addio di un Giocatore d'Azzardo (Bakuto Kaisan-shiki, 1968)

    Regia: Kinji Fukasaku Soggetto: Fumio Konami, Norio Osada (aka Norio Nagata) Sceneggiatura: Fumio Kanpa, Norio Nagata Produttore: Koji Shundo, Hisashi Yabe Casa di produzione: Toei Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Toei Fotografia: Ichiro Hoshijima Montaggio: Osamu Tanaka Musiche: Isao Tomita --- Data di rilascio: 9 febbraio 1968 E' già stato detto che il Fukasaku pre- jitsuroku eiga aveva delle opere notevolmente interessanti? Avendo già parlato tempo prima della banda di ricattatori che si erano condannati a morte per avere messo le mani sui soci in affari di un boss della yakuza (uscito nello stesso anno), è un viaggio che vi consiglio di fare: scoprirete come ci è arrivato a rivoluzionare sia il cinema d'azione che gli yakuza eiga nel Sol Levante. Oltre a lui, nel proto-genere ci hanno lavorato abbondantemente futuri registi blockbuster come Jun'ya Sato e Yasuharu Hasebe... trattasi del terzo capitolo della saga cinematografica dei giocatori d'azzardo a sfondo yakuza, assicuratevi anche di non perdere gli altri quattro films (che andrò a recuperare!). Toru Kuroki (Koji Tsuruta) viene rilasciato dopo otto anni al fresco, per poi scoprire che il capo della polizia ha dichiarato guerra alla yakuza della sua prefettura. Il suo boss, per mantenere unita la famiglia, lo mette a capo della sua azienda di trasporti; Karasawa (Fumio Watanabe), da tempo separatosi dalla famiglia e divenuto uomo d'affari, cerca di minare l'azienda e costringe Kuroki a voler lavorare con lui... innescando tensioni con gli operai... Canto del cigno del genere ninkyo eiga , degno di rappresentare un sottomondo prossimo all'implosione per via del rapido cambiamento di un'epoca di per sé turbolenta... che non risparmia nessuno. La colonna sonora e le inquadrature da neo-noir immortalano il destino, nefasto, di uno yakuza ancorato ai suoi ideali, oramai obsoleti. Anche il montaggio diretto e senza intoppi aiuta la visione, amara, della pellicola. In ambito fotografico si distingue per i colori spenti, desaturati, atti a dimostrare il grigiume delle grandi corporazioni nate dalle yakuza... Breve guida ai proto- jitsuroku eiga : Koji Tsuruta era la stella degna di rappresentarli. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Ieri, Oggi, Domani (Yesterday, Today, Tomorrow: 1970)

    Regia: Patrick Lung Kong Sceneggiatura: Patrick Lung Kong Produttore: Wu Jung-Hua Casa di produzione: Eng Wah & Co. LTD Paese di produzione: Hong Kong, Cina Fotografia: Wong Ming Montaggio: Cheng Keung Musiche: Lau Wang-Yuen Trucco: Lee Nam --- Data di rilascio: 10 dicembre 1970 Notevole trasposizione sul grande schermo del romanzo " Plague " (1947) di Albert Camus, nonché il primo film in mandarino di Lung Kong, pesantemente censurato per via dei riferimenti alle proteste pro-Pechino del 1967 e soltanto di recente è emerso dall'ombra per via della pandemia (assieme a un altro notevole film di Fleischmann del 1979), tanto da finire nella lista dei " 100 Must-See HK Movies " nel 2011. Trattasi di uno dei films più importanti della carriera del regista e del porto in generale, nel cast vanta la presenza del giovane Paul Chu Kong che in futuro diverrà uno dei sicari di quell'assassino di Woo nel 1989 e del volto familiare di Kenneth Tsang Kong, con la carriera già decollata nello scorso decennio assieme a Connie Chan e Josephine Siao... Nella metropoli di Hong Kong è in atto un invasione di ratti infetti: dopo i primi contagi, il governo sottovaluta l'epidemia e la stampa diffonde la notizia. Una volta che il panico si scatena, il governo allestisce una zona apposita per la quarantena... ma non riesce ancora ad individuare una cura per il virus... Come il titolo del film: ieri era accaduto, oggi può accadere e domani può avvenire di nuovo... ma se una risposta non è efficace, ahimè i morti fuggono. L'atmosfera cupa e tetra del film ne è la dimostrazione, assieme alla escalation epidemica scatenata dalla stampa e dal panico. Fotografia che prova a risollevare il tutto con degli ottimi panorami di Hong Kong, anche di notte, usando delle lenti quadrangolari per dare l'idea di essere non così distanti dal climax hongkongese. Se nel montaggio sono evidenti i tagli censurati, sono ben congegnati nelle scene emotivamente pesanti. La musica? Perfetta per un horror, perfetta per il clima irrespirabile del film. Dato che non ho trovato una soundtrack inerente al film, godetevi il "Moon Time" di Dudley Moore... è la colonna sonora introduttiva alla sua finestra del 1968. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Mai Arrendersi (Yasei no Shomei, 1978)

    Regia: Junya Sato Soggetto: Seiichi Morimura Sceneggiatura: Koji Takada Produttore: Masaya Endo, Haruki Kadokawa, Fumio Matsuda, Sunao Sakagami, Simon Tse Casa di produzione: Kadokawa Productions Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Nippon Herald Films, Toei Fotografia: Shinsaku Himeda Montaggio: Jun Nabeshima Musiche: Yuji Ohno --- Data di rilascio: 7 ottobre 1978 Ho già accennato nel vecchio blog il suo famosissimo film con Yusaku Matsuda , uscito l'anno precedente, ma non ho mai scritto una biografia riassuntiva su Sato... procediamo: entra alla Toei nel 1956 e inizia a lavorare come assistente di registi come Tadashi Imai e Miyoji Ieki . Esordisce alla regia nel 1963 con " Rikugun Zangyaku Monogatari " e da allora si specializza negli yakuza eiga , anticipando anche i jitsuroku alla Fukasaku già nella seconda metà degli anni '60. Dopo il rilascio di " The Bullet Train " nel 1975, che in patria fu un fiasco ma all'estero un colossale successo, da allora si getta a capofitto nel dirigere films dall'enorme budget: ciò gli valse il soprannome di " Mr. Blockbuster " nel Sol Levante. Lascia il mondo del cinema nel 2010 con il kolossal jidaigeki di " The Sakuradamon Incident " e passa a miglior vita nel 2019 all'età di 86 anni. Suo figlio, Toya Sato, è anch'esso un regista. L'agente delle forze speciali Takeshi Ajisawa (Ken Takakura), a seguito del violento sterminio di un villaggio commesso da lui stesso, decide di lasciare il corpo e diviene un assicuratore. Una sera nota che un gruppo di motociclisti cerca di assaltare Tomoko (Ryoko Nakano), la difende e da allora conosce l'unica sopravvissuta del villaggio Yoriko Nagai (Hiroko Yakushimaru): minacciati dal clan Ohba, che a sua volta è legato a doppio filo con le forze speciali, Ajisawa dovrà fare i conti con il suo passato... Violento kolossal, privo di speranza per i tre protagonisti e dal messaggio che inquietantemente è rimasto immutato sino ai giorni nostri: cosa può accadere se una potente famiglia tiene sotto scacco una nazione? La risposta è già scritta, con il sangue, nel film e... ahimè, nella vita reale per chi prova ad esporre i loro corrotti affari. Tralasciando questo alone pesante sulla loro storia, la quantità di mezzi dispiegati per il film è davvero notevole. Supera tranquillamente i livelli hollywoodiani sia in termini esplosivi che di acrobazie da cardiopalma, anche grazie alla struggente fotografia con molteplici scene insanguinate alla moviola e dai colori in contrasto con le ombre circostanti (Wong Kar-Wai, dove sei?). Se la fotografia è struggente, la musica di Yuji completa la cornice nelle scene forti a un passo dallo splatter ... e credo chi abbia montato il tutto sia rimasto sconvolto a vita da ciò che vide sia nelle scene salvate che scartate... personalmente è uno shock movie da vedere una volta e basta: solo la prima basta per un trauma! Sconsigliato a chi è ghiotto di Maalox, consigliato a chi ha uno stomaco di titanio. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Quarto Protocollo (The Fourth Protocol, 1987)

    Regia: John Mackenzie Sceneggiatura: George Axelrod, Richard Burridge, Frederick Forsyth Produttore: Timothy Burrill Produttore Esecutivo: Michael Caine, Frederick Forsyth, Wafic Said Casa di produzione: Fourth Protocol, The Rank Organisation Distribuzione: Rank Film Distributions Coreografie: Eddie Stacey (coordinatore), Marc Wolff (pilota) Fotografia: Phil Meheux Montaggio: Graham Walker Musiche: Lalo Schifrin Trucco: Elaine Bowerbank (parrucchiera), Lois Burwell (capo della sezione make-up), Paula Gillespie (capo della sezione parrucchieri), Peter Robb-King (truccatore) Costumi: Tiny Nicholls --- Data di rilascio: 19 marzo 1987 (prémiere a Londra) Di ritorno dal no-sense di quel console in Paraguay, qui Mackenzie riprende Caine ed alza la posta in gioco con altre stelle come Pierce Brosnan in uno spionistico girato al di fuori dei Pinewood Studios... sarà stato capace? Lo scopriremo a breve. Kim Philby (Michael Bilton), spia britannica che aveva disertato in URSS, è a capo di un progetto sovietico denominato "Aurora": ossia il disgregare il quarto ed ultimo protocollo della non proliferazione nucleare del 1968. Per farlo, mandano in missione l'agente Petrovsky (Pierce Brosnan) in una tranquilla cittadina di campagna a pochi metri di distanza da un aeroporto militare, con lo scopo di costruire un ordigno nucleare... spetterà all'agente John Preston (Michael Caine) fermare la minaccia assieme ai suoi riluttanti superiori dell'MI5. Eccellente spionistico colmo di tensione e di sangue, ma sfortunatamente rovinato dal finale sbrigativo. Caine superlativo come sempre tra il suo british humor ed i trucchi del mestiere, che se la gioca con un Brosnan ligio al dovere e spietato esecutore... in un film ben calibrato tra l'azione e capace di accontentare anche i più novelli del genere, montato egregiamente e dalla fotografia arricchita di primi piani e vedute panoramiche della campagna britannica (anche di sera!). Colonna sonora che accompagna il prodotto, già preconfezionato ma da un budget di notevole livello sia di locations che di veicoli usati (la Ford Escort XR3i blu di Brosnan e la Rover SD1 nera del collega di Caine sono da antologia). Anche la corsa contro il tempo aiuta nella visione del film, soprattutto verso la seconda metà... Restate sintonizzati con la vostra radio dal segnale criptato... arriveranno altre informazioni cinematografiche top-secret su films di tale genere! Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • [Azionerrore #8] Il Console Onorario (The Honorary Consul, 1983)

    Regia: John Mackenzie Soggetto: Graham Geene Sceneggiatura: Christopher Hampton Produttore: Norma Heyman, Richard F. Dalton (associato) Casa di produzione: World Film Services, Parsons & Whittemore Lyddon LTD, Estudios Churubusco Azteca S.A. Paese di produzione: Regno Unito Distribuzione: Paramount Pictures, Fox-Rank Coreografie: Buddy Joe Hooker Fotografia: Phil Meheux Montaggio: Stuart Baird Musiche: Stanley Myers Trucco: Nick Dudman, Tony Lloyd, Mike Lockley (parrucchiere) --- Data di rilascio negli USA: 30 settembre 1983 Data di rilascio nello UK: 6 dicembre 1983 Oltre il limite? Sì, qui abbiamo superato anche i limiti dell'incomprensibilità! Ma prima di eruttare contro il film, è necessario dire che John Mackenzie era un volto noto nel cinema anglo-americano: inizia a lavorare come assistente alla regia di Ken Loach nel quarto episodio della terza stagione di " The Wednesday Play " del 1965, intitolato " Up the Junction ". Dopo il " Cathy Come Home " dell'anno seguente, inizia a intraprendere la strada di Loach, dirigendo episodi per " The Jazz Age " e per " ITV Saturday Night Theatre ". Riesce ad emergere nel 1969 con il film per la televisione " There is Also Tomorrow ", e riesce a divenire indipendente dopo l'enorme successo di " A Sense of Freedom " (1979). Con l'arrivo di " The Long Good Friday " (1980) si trasferisce negli USA e gira altri capolavori come " The Fourth Protocol " (1987) e " Ruby " (1992), per poi tornare nello UK intorno al 1993. Lascia il mondo del cinema nel 2003 con " Quicksand " e passa a miglior vita nel 2011 all'età di 83 anni. Il dottore Eduardo Plarr (Richard Gere), metà inglese e metà latinoamericano, è talmente indaffarato nel suo mestiere che incontra per puro caso il perennemente ubriaco Charley Fortnum (Michael Caine) e la prostituta Clara (Elpidia Carrillo), dove attirerà il cuore di Plarr... ma finirà nelle mani di Charley. Siccome non bastava la repressione dell'esercito paraguaiano nei confronti dei loro oppositori, si aggiungerà un gruppo di amici che vuole a tutti i costi rapire l'ambasciatore americano per portare alla fine della dittatura in Paraguay. Purtroppo rapiscono Charley e la situazione si complicherà ulteriormente... Insapore. Il primo tempo è colmo del nulla cosmico che pervade la pellicola, cercando di mantenere la nostra attenzione sul triangolo amoroso di Elpidia; nel secondo accade finalmente qualcosa ed ingrana la marcia sul genere di guerra ed effettua ciò che doveva fare sin dall'inizio, farci capire che il clima della nazione era irrespirabile. Ma in questo caso è il film che ha bisogno di ossigeno... soprattutto nella sceneggiatura. Dove la fotografia fa' un ottimo lavoro nel finale, con la pioggia scrosciante sull'indifferenza dell'esercito e sulla notte tenebrosa all'inizio, con un montaggio che lascia a desiderare. Musiche per nulla fastidiose, ma capaci di dare il timbro cupo e pensieroso al film. Alla fine, la domanda è spontanea: ma il film stesso dove è finito, per tutta la sua durata? Non si è fatto vedere per la vergogna? Oppure perché il tutto è un'impalcatura che copre il messaggio di base? Mi dispiace che una leggenda come Caine sia finita in questa sgradevole parentesi di Mackenzie, ma alla fine passerà al culto per le bottiglie di whisky che si è sgolato tranquillamente nel covo dei rivoltosi... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Sapore Amaro del Sangue (Bitter Taste of Blood, 1988)

    Regia: Albert Lai Soggetto: Albert Lai, David Wu Dai-Wai Sceneggiatura: David Wu Dai-Wai Distribuzione: Golden Harvest Coreografie: Phillip Ko Fei Fotografia: Jimmy Leung Montaggio: David Wu Dai-Wai Trucco: Chow Man-Kuen --- Data di rilascio: 24 novembre 1988 Incasso: 1,032,028 dollari (120.970 euro) Una delle presenze oscure del cinema hongkongese che lo ha animato per anni, assieme ad altri artigiani come Taylor Wong e Tony Lou . Di quel poco che si conosce su di lui è documentato su HKMDB : esordisce come attore nel gongfupian taiwanese di " Seven Man of Kung-Fu " nel 1978, per poi intraprendere la carriera di regista pochi anni dopo nel 1982 con " Young Dreams ". Per i cultori è noto, non in maniera positiva, per il ruolo dell'ufficiale di polizia corrotto nel " Magic Crystal " (1986) di Wong Jing. Nella sua longeva carriera ha lavorato parecchio nei suoi films, soprattutto per sceneggiarli e produrli. Lascia il mondo del cinema nel 1994 con " My Friend Roy ", prodotto da lui stesso che dal suo amico Jing. Un gangster, a seguito di una rapina a mano armata finita male e braccato dalla triade in cui militava, decide di cambiare vita ed emigra in un'isola remota di Hong Kong: trova lavoro come giardiniere e si innamora di una ragazza, nonostante lo scetticismo della sua famiglia. Ma la triade non demorde nella sua vendetta... Mediocre triad movie che però è diretto incredibilmente bene, nonostante la trama scontata e l'interpretazione insipida dei personaggi. La sensazione del futuro nefasto del protagonista è ben radicata nel film, anche grazie al flashback riassuntivo. Spedite e senza intoppi le coreografie, ridotte all'essenziale ma creative. E come da tradizione degli heroic bloodshed , non può mancare il finale tragico e insanguinato... accompagnato da una fotografia tetra e tenebrosa, tale e quale al passato di Kent. Come abbiamo visto nelle coreografie, il montaggio si velocizza e diventa scorrevole... ma non nelle scene sull'isola remota (ad eccezione di una scazzottata). Musiche da Prozac, che ci tengono in attesa dello scontro finale tra Kent e la banda. La cabina telefonica sul porticciolo dell'isola remota è da cartolina... Ecco il perché nel più mediocre dei triad movies vi è sempre qualcosa da salvare... i cultori ringraziano! Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Foxbat (1977)

    Regia: Leung Po-Chi Sceneggiatura: Leung Po-Chi, Phillip Chan, Terence Young Produttore: Jimmy Yip Casa di produzione: Bang! Bang! Films Paese di produzione: Hong Kong, Cina Distribuzione: Golden Harvest Coreografie: Huang Pei-Chih Fotografia: Johnny Koo, Kenneth Talbot, Tony Hope, Yu Gwan-Wing Montaggio: Raymond Poulton Musiche: Roy Budd --- Data di rilascio: 15 dicembre 1977 Pietra miliare della New Wave hongkongese, diretta da un Leung al suo secondo lavoro come regista. Se siete amanti del genere poliziottesco, sarete contenti di sapere che una stella del filone sia protagonista in questo thriller internazionale: Henry Silva. Nel cast vedrete anche delle future stelle del cinema portuale come Melvin Wong e Phillip Chan, assieme al prolifico attore Roy Chiao Hung, che purtroppo ci ha lasciati all'indomani del terzo millennio. Tratto da una storia vera, avvenuta un anno prima del film, dove il sovietico Viktor Belenko disertò da una esercitazione aerea da Vladivostok ed atterrò con il suo caccia (per miracolo!) all'aeroporto di Hakodate in Giappone. L'agente della CIA Michael Saxon (Henry Silva) riceve la clamorosa notizia dell'atterraggio di un MiG-25 "Foxbat" all'aeroporto di Hakodate in Giappone: sul posto giungono i sovietici per tentare di eliminare il commissario, ma il tutto viene sventato da Saxon. Quest'ultimo acquisisce i dati meccanici del caccia dalla sua macchina fotografica a forma di occhio, ma i sovietici non demordono e tentano di assassinarlo con l'aiuto di un lottatore di sumo. Sventato anch'esso, vola a Hong Kong e si ritrova con il cuoco Zhang (James Yi Lui), in una villa a trattare di diamanti con i sovietici; Zhang inghiotte la pastiglia dove è situato il microfilm di Saxon... inizia un'intensa caccia all'uomo. Guazzabuglio esplosivo che si intreccia con la realtà di allora, dove bastava un movimento falso tra i due blocchi e le tensioni raggiungevano il loro apogeo. Nonostante gli enormi problemi con la sceneggiatura per via delle casualità forzate, il subbuglio dei sovietici per il microfilm (nonostante i dati tecnici siano in mano alla CIA) e l'indifferenza della polizia hongkongese in tutto ciò, la pellicola è tremendamente memorabile nel suo voler essere presa sia sul serio e sul ridere. Il panorama della megalopoli di Hong Kong è ben catturato dalla fotografia, che la immortala in costante crescita assieme alla tradizione locale che non vuole essere inghiottita dal cemento, ben claustrofobicamente illustrata sia dalle scene d'azione che dalle disavventure di James. Il montaggio? Manca di velocità nella versione export, ma in quella originale è una goduria per gli occhi. Come per la musica, che parzialmente riesce a venirci incontro nel voler tifare per la salvezza di James e per il coraggio di Silva. Se James e Silva si fossero aperti un'agenzia investigativa dopo le vicende a Hong Kong, di sicuro la CIA li avrebbe assunti come agenti d'élite. Se la prossima volta riuscite a vedere nei cieli un MiG come quello di Viktor, salutatelo egregiamente da parte mia e da parte di noi cinefili! Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Morte Cammina con i Tacchi Alti (1971)

    Regia: Luciano Ercoli Soggetto: Ernesto Gastaldi, Mahnahén Velasco Sceneggiatura: Ernesto Gastaldi, Mahnahén Velasco, Manuel Velasco, Dino Verde Produttore: José Frade Casa di produzione: Atlantida Films, Cinecompany Distribuzione: Cineriz Fotografia: Fernando Arribas Montaggio: Angelo Curi Musiche: Stelvio Cipriani Costumi: Osanna Guardini Trucco: Franco Di Girolamo --- Data di rilascio in Italia: 30 novembre 1971 Data di rilascio in Spagna: 2 aprile 1972 Seconda pellicola da regista di Luciano Ercoli, volto noto del giallo all'italiana. Avendolo già citato tre anni prima nel mio vecchio blog, senza descriverlo approfonditamente, è obbligatorio un riassunto a modo mio... inizia a lavorare nel mondo del cinema come secondo aiuto regista nel 1953 con " Capitan Fantasma ", per poi divenire un attivo produttore di numerosi films per tutti gli anni '60 (si segnala lo spionistico " Kiss Kiss... Bang Bang ", datato 1966). Esordisce alla regia nel 1970 con il giallo " Le Foto Proibite di una Signora per Bene ", dove ne cura il montaggio che la produzione. Sposato con l'attrice spagnola Nieves Navarro (qui con lo pseudonimo di "Susan Scott"), diverrà anche lei il marchio di fabbrica dei films diretti e prodotti da Ercoli (western inclusi!). A metà degli anni '70 passa al poliziottesco, girando " La Polizia ha le Mani Legate " (1975) con Claudio Cassinelli; e nel 1977 dirige il suo ultimo film, intitolato " La Bidonata ", che ebbe dei problemi con la distribuzione per via del rapimento del produttore Niccolò De Nora: uscì nelle sale solo nel maggio del 1978, a distanza di un mese dal rilascio di Nora, per poi rimanere quasi invisibile per ben 30 anni. Trasmesso negli anni '80 da reti televisive private, il film venne ritrovato e poi rilasciato in DVD nel 2006 dalla NoShame . Passa a miglior vita nel 2015 all'età di 85 anni. Nel vagone di un treno viene assassinato un ladro di gioielli: a Parigi viene subito interrogata la figlia Nicole Rochard (Nieves Navarro), ma senza alcun risultato. Poco tempo dopo irrompe a casa sua un malintenzionato dal volto coperto che chiede dove siano i diamanti, minacciando di ritornare... credendo che il colpevole sia il suo fidanzato Michel (Simon Andreau), decide di fuggire in Inghilterra assieme al medico Robert Matthews (Frank Wolff). Una volta giunti sull'isola, lei scompare e la polizia viene chiamata ad investigare... assieme a Michel. Interessante giallo colmo di colpi di scena e sdrammatizzazioni dai due agenti di Scotland Yard, che rendono il secondo tempo del film piacevole da visionare nonostante l'inevitabile spargimento di sangue da slasher movie alla Mario Bava. Da antologia le locations e le musiche di Cipriani, che ci prepareranno alla sete di verità nella seconda parte. Esperienza arricchita da una fotografia che userà frequentemente il flashback per infittire il mistero, dai colori vivaci del guardaroba di Nieves e delle locations; non delude il montaggio nelle scene chiave. Nel complesso un'opera che nella sceneggiatura poco plausibile (la poca attenzione della polizia inglese ai sospettati, il fidarsi ciecamente di un uomo sconosciuto per sfuggire al fidanzato, etc...) riesce a fare delle interpretazioni dei personaggi il suo punto forte, variegati e insoliti per un giallo. Tacchi alti? No, grazie: meglio i tacchi normali e privi di qualsiasi instabilità, come il giallo. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Tiratore (The Shootist, 1989)

    Regia: Haruo Ichikura Sceneggiatura: Yoshiro Oka Produttore: Ryoji Ito, Tatsuro Shibagaki Casa di produzione: Toei Video Company Fotografia: Masaru Mori Montaggio: Shinji Yamada Musiche: Yuji Ohno --- Data di rilascio in videocassetta: 17 agosto 1989 Prima parte della quadrilogia interamente dedicata alla stella del piccolo schermo Toru Nakamura, che nella serie poliziesca di " Abunai Deka " (1986-87) ebbe il decollo della sua carriera, appena cominciata, nel mondo dello spettacolo nipponico. Esordisce nel 1985 con il live action dedicato al manga di " Be-Bop High School " e comincia a lavorare a 360 gradi nel cinema asiatico: passa dal " Blue Tiger " (1994) di produzione statunitense al " Tokyo Raiders " (2000) hongkongese, non senza prima dare uno sguardo alla Corea del Sud con il mezzo kolossal storico di " 2009: Lost Memories " (2002). Tutt'oggi attivo, è apparso 133 volte tra serie televisive e films. Non si può dire lo stesso di Ichikura, dove veniamo a sapere che prima del suo esordio come regista lavorò come assistente alla regia per il " Time of Wickedness " (1985) di Furuhata e per un film alla TV di Murakawa , per poi esordire alla regia nella serie dei detectives pericolosi: ne dirige anche un film nel 1988 e prosegue la saga dei live actions dedicati a Be-Bop. Si ritira nel 2008 con il jidaigeki di " The 7 Sword Fights ". L'ex-agente di polizia Matsushita Hiroshi (Toru Nakamura) si guadagna da vivere lavorando come sicario. Sempre efficiente nel colpire i bersagli, questa volta avrà da fare con un uomo più protetto di quanto sembri. Inclusa una donna che gli ronza intorno... Un hitman movie dove si spara per sole tre volte: all'inizio, nel mezzo e nel finale. Insolito per il genere, dove in questo caso la tensione svolge egregiamente il suo lavoro in tutta la durata del film, anche nelle scene dove sembra che accada qualcosa... ma l'attesa verrà ricompensata per la quantità di sangue e per la fotografia dai colori pastello. Quando Toru comincerà a fuggire, il montaggio farà lo stesso con lui, veloce e ritmico. Scommetto che Yuji, nel comporre la colonna sonora del film, abbia ricordato in lacrime di gioia i tempi gloriosi dello Shohei Narumi che conosciamo bene. Avventuroso, dal guardaroba iconico (che dagli occhiali da sole gialli omaggia l'Hiroshi Tachi della serie cult...) e dalla sceneggiatura adattata da un altro film del genere , che nel 1968 passò anche in Italia. E' inutile che lo esclamo: la curiosità mi incita a vedere il resto della saga. Speriamo di vedere gli altri tre films, perché Toru promette bene nel suo ruolo... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

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