top of page

Risultati dell'esplorazione...

59 elementi trovati per ""

  • Perché detesto la community di IMDB. E perché anche voi dovreste farlo.

    Avrei voluto scrivere tutto ciò molto tempo prima. Ma non sapevo come metterlo per iscritto: godetevelo. Carissimi seguaci del Sottobosco e di questa isola virtuale, sarà capitato almeno una volta di leggere una recensione sia negativa che positiva su un film che a voi è piaciuto particolarmente. Ma una di quelle volte poteva capitare di trovare una "recensione" che non era definibile tale. Qualcuno, giustamente, si sarà domandato "ma cosa è questo sproloquio?" e poi avrà anche messo in moto il suo tradizionale linguaggio colorito nei confronti di quelle righe che il "critico" ha scritto. Bene. Sappiate che non siete i soli a pensarlo. IMDB soffre di tale problema sin dalla sua nascita: sono molteplici le lamentele degli utenti, che segnalano la presenza di bots e di recensioni false sulla piattaforma, ma che alla fine giungono nel vuoto a causa delle mani legate dell'amministrazione del sito. Molti di questi utenti lasciano la piattaforma per il silenzio assordante dei moderatori, che per me è la soluzione migliore, per poi dirigersi verso Letterboxd: nato con una funzione simile a quella di IMDB, ma più flessibile. In questo articolo vi vorrei descrivere i 10 tipi di recensori, in realtà trolls, che pullulano indisturbati nella piattaforma... chissà, forse qualcuno interverrà. --- L'odiatore frustrato Tipo di troll che incontrerete spesso nel sito. Odia chi apprezza capolavori senza tempo come quelli di Wong Kar-Wai e di Federico Fellini, perché secondo lui sono "sopravvalutati" e non sono degni di venire considerati. Odia registi che non riescono ad arrivare al suo ego smisurato, composto perlopiù da filmetti imbarazzanti ed opere talmente commerciali con il solo scopo di vendere anche le ombre usate dagli attori nell'opera. Odia anche chi glielo fa' notare e ricopre di insulti il malcapitato che ha provato a metterlo al suo posto. Persona molto noiosa e triste, quasi per niente capace di ragionare. Poveretto. Il non-recensore Molto loquace, ama scrivere due o tre recensioni al giorno: a volte attivo, a volte assente. L'utenza legge spesso i suoi contenuti che descrivono dettagliatamente ciò che accade nei films... ma aspetta... ha parlato di altro! Parla in maniera generale su cosa accade nella maggior parte dei films, ma senza descrivere gli attori e nemmeno dedicare una riga al passato del regista... che sia una remota dimenticanza? Direi di no, dato che dando un'occhiata al suo profilo ripete spesso il suo ritornello... Il falso ottimista Che bello descrivere in maniera positiva un film che ci piace! Anche parlare positivamente di un qualcosa che letteralmente a quasi tutti non è piaciuto: ci può stare elencare i tratti positivi di un film, ma non l'elogio incondizionato dell'intera opera... soprattutto se è stata bocciata da tutti, pubblico compreso. Lo noterete spesso in azione sotto a pellicole dimenticate da entrambe le fazioni, intento a giustificare "opere" che sono state dolorose... Il falso negativo Il contrario del troll di poco prima. Descrive negativamente qualsiasi cosa, nonostante il successo sia di critica che di pubblico di un film. In alcuni casi deride il regista senza neanche conoscerlo a fondo, attori inclusi. Nonostante sia in torto marcio, non ascolta nemmeno i rimproveri della community nei suoi confronti. Simile all'odiatore frustrato, ma più sintetico nelle righe. Il confusionario in malafede Capace di scambiare un film romantico per uno di propaganda, perché è presente un attore/attrice che militava in quegli ambiti, di cinema ne conosce quanto un professore di inglese in Tibet nel 17° secolo: interpretarlo è assai difficoltoso. Scrive degli strafalcioni che definirli "privi di senso" è un complimento per lui, considerando che scrive nella piattaforma per elevare un film andato male al botteghino e alla critica... lanciando frecciatine a caso. Il copia/incolla idiota Anche lui attivo come il falso positivo/negativo, ma con una cosa diversa: copia altre recensioni e le spaccia per sue. Permaloso se alcuni glielo fanno notare, costantemente sulla punta di un coltello per quanto riguarda una querela per plagio. Avrà visto uno dei films che millanta di avere visionato? Probabilmente no, qualche spezzone e basta. Il ripugnante vanitoso Esclama sempre che solo lui sa' qualcosa su un determinato genere, gli altri sono solo idioti. Che peccato, dato che il 99% del genere umano la pensi diversamente dalla sua... in cerca di attenzioni e del guadagno facile (sì, monetizza anche i suoi deliri), diventa onnipresente per un mese, per un altro sembrerà scomparso dai social. Sensi di colpa per ciò che avrà sparato da smaltire a mesi alterni. Il recensore politicizzato Un attore/attrice ha espresso un'idea politica diversa dalla sua? Mandiamo al rogo il film! Un film denuncia le pratiche di alcuni movimenti studenteschi e lui non si ritrova d'accordo? Beh, indovinate... film nel caminetto. Incapace di rispettare le opinioni politiche altrui, per la maggior parte del film lo sentirete bestemmiare o augurare di tutto al regista... "Gli incassi parlano!" Non sapevo che titolo mettere per descrivere questa categoria di "recensori", così ho inserito una delle loro solite massime, molto in voga nei films più recenti. Non calcolando che a volte gli incassi non rappresentano il parere del pubblico, dato che i soldi vengono spesi sia per i cibi da consumare durante la visione del film che per altri membri della famiglia... ma ci possono essere casi dove un film è un successo sia di incassi che di critica. Il recensore prezzolato Pagato da qualche casa cinematografica per parlare solo ed esclusivamente bene di un film in particolare, noterete che recensisce solo i films prodotti da quella casa ed è molto attento a descriverli negativamente, perché altrimenti lo sponsor gli taglia lo stipendio... se qualcuno gli fa' notare il suo essere molto di parte, lo riempie di insulti o lo ignora. --- Spero che questa mia piccola guida su come evitare queste categorie di trolls vi sia utile. Internet è colmo di trappole: fidatevi solo e soltanto di recensori che alla fine hanno accumulato per davvero ore ed ore di films, e ne parlano obiettivamente. Noi non aspiriamo ad essere i nuovi Cahiérs du Cinéma, ma nemmeno essere contro l'intelligenza umana. Vogliamo semplicemente dire ciò che pensiamo, educatamente e creativamente.

  • Segui la Stella (Follow the Star, 1978)

    Regia: John Woo Sceneggiatura: John Woo, Lau Tin-Chi Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest Coreografie: Fung Hak-On, Huang Ha Fotografia: Frankie Keung Montaggio: Peter Cheung Musiche: Frankie Chan Trucco: Simon Chan Costumi: Chu Sheng-Shi --- Data di rilascio: 4 febbraio 1978 Girato sull'onda del successo del suo precedente film di "Money Crazy", porta sul grande schermo la star del cantopop più giovane dell'epoca: la 15enne Rowena Cortes. Considerabile uno dei pionieri del genere tutto hongkongese del "moi lei tau" (commedia no-sense), assieme ai tre fratelli Hui, continuò a lavorarci sopra fino alla metà degli anni '80. Dopo l'insuccesso al botteghino di "Heroes Shed No Tears" (1984), iniziò a soffrire del burnout occupazionale e decise di allontanarsi per un po' dal grande schermo... fino a quando il suo collega Tsui Hark gli diede dei fondi per creare un progetto nel cassetto di Woo da molto tempo, che uscirà nelle sale nel 1986 e lo rese una leggenda degli heroic bloodsheds. Gayle Chen (Rowena Cortes) è una famosa cantante, ma suo padre (John Woo) è un ex-criminale che nel suo ultimo colpo decise di prendersi tutto il bottino della sua gang, per poi andarsi a nascondere. Lei e il suo manager si recano dal meccanico quasi sempre ubriaco Sheng (Roy Chiao Hung) per farsi riparare l'auto, ma subito dopo vengono rapiti dalla banda di suo padre. Sheng assiste alla scena e decide di soccorrere Gayle, ma i rapitori non demordono... Mi aspettavo qualcosa di orribile, ma alla fine è stata una sorpresa davvero memorabile! Non c'è un singolo attimo di noia nel film, tutto è focalizzato sullo slapstick tra Roy e la banda; pure le acrobazie sono a prova di sonno. Nulla di interessante a livello fotografico e nemmeno nel montaggio, ma nelle musiche funky vi sono esempi da antologia della commedia, made by Frankie Chan (vedasi la scena in cui la colonna sonora accompagna Roy al risveglio mattutino con la sua scimmia domestica). Spiccano nel cast la presenza di Wong Ching, il fratello dell'ormai defunto Wang Chung, dal braccio di acciaio che ispirerà quello di Chen Kuan-Tai nel cult di "Winner Takes All" (1982) e di Fung Hak-On, ex-membro del Jackie Chan Stunt Team, qui specializzato nel giocare delle carte molto taglienti. Roy affidabile come sempre ed adatto per recitare in ruoli poco seri, Rowena un pacco postale lanciato da quasi ogni parte al quale non gli è stato dato il tempo necessario per ampliarsi nella sceneggiatura... usata più come scusa per mostrare le disavventure slapstick dei nostri protagonisti. Se cercate una stella, cercatela nel passato: è abissalmente migliore di quelle odierne. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Heatwave: Ondata Calda (Heatwave, 1982)

    Regia: Phillip Noyce Sceneggiatura Originale: Mark Stiles, Tim Gooding Sceneggiatura: Marc Rosenberg, Phillip Noyce Produttore: Hilary Linstead, Ross Matthews Casa di produzione: M & L Pty Limited, Preston Crothers Distribuzione: Roadshow Films Fotografia: Vincent Monton Montaggio: John Scott Musiche: Cameron Allan Trucco: Edwine Archer, Sally Gordon, Melissa Jaffer, Judy Lovell, Bob McCarron, Philippa Noyce, Robern Pickering, Caralyn Taylor Costumi: Jan Hurley, Anthony Jones, Jillian Mahony --- Data di rilascio: 8 marzo 1982 Terzo lavoro sul grande schermo da colui che fece da manager al collettivo di cineasti Sydney Filmmakers Co-op, che ben presto avrebbe dato i natali alla New Wave australiana. All'età di 18 anni vide un poster di un film "underground", con annessa la visione di 16 films sperimentali: cinque mesi dopo cominciò a girare il suo primo cortometraggio di 15 minuti, intitolato "Better to Reign in Hell" (1969). Dopo essersi laureato a Sydney, si unisce alla AFTRS nel 1973 e rilascia il suo primo film professionale nel 1975. Esordisce al cinema nel 1977 con "Backroads" e riceve notorietà internazionale con lo storico "Newsfront" nel 1978. Ebbe anche il merito di lanciare la carriera di Nicole Kidman nel thriller di "Ore 10: Calma Piatta" (1989), prodotto dal suo collega ed amico George Miller. Si trasferisce negli USA nel 1991 e dirige cinque films, tra cui il notevole film d'azione "Sotto il Segno del Pericolo" (1994); ritorna in Australia nel 1999 e da allora gira il mondo grazie al cinema. Durante il Natale, Sydney viene colpita da un'ondata di calore. Un architetto londinese vorrebbe demolire una serie di case nel centro della città, ma i residenti si rifiutano di lasciare le loro abitazioni... interviene così la giornalista Mary Ford (Carole Skinner) ad impedire lo sfratto dei residenti. Lei scompare e la sua amica Kate (Judy Davis) si mette ad investigare sull'architetto... Sconsiglio la visione del film in estate, dato che suderete parecchio per la suspense mista a mistero... soprattutto verso il secondo tempo. Giallo neo-noir dove sulla sparizione dell'investigatrice si proietta l'anima di una metropoli in espansione che non ha pietà per chi si rifiuta di abbandonare una casa che racchiude tra le sue pareti la vita di molteplici sconosciuti. Fotografia munita di brevi sequenze alla moviola in momenti chiave per farci capire che il caldo sarà rovente per alcuni, di movimenti con la telecamera a mano in prima persona, di chiaroscuri per simboleggiare le tenebre sulla storia e montati discretamente in compagnia di una colonna sonora orecchiabile e tesa come la storia vera del film. Judy rispecchia la furia silenziosa di Faye Dunaway, inarrestabile nella ricerca della verità come Carole. Non male il resto del cast. Prossimamente sul sito il primo film che trasponeva sul grande schermo la tragica storia vera di Juanita Nielsen, avvenuta nel 1975. Entrambi incamerano una Sydney che, da una parte, raccoglie l'insensibilità di numerosi magnati dell'industria edilizia e dall'altra una metropoli dal quale non vi è rimasta alcuna traccia... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Unica Regola: Vincere (Sleeping Dogs, 1977)

    Regia: Roger Donaldson Soggetto: Christian K. Stead (aka Karl Stead) Sceneggiatura: Ian Mune, Arthur Baysting Produttore: Roger Donaldson Casa di produzione: Aardvark Films, Broadbank Investments, New Zealand Films Commission, New Zealand Queen Elizabeth II Arts Council Distribuzione: Aardvark Films Fotografia: Michael Seresin Montaggio: Ian John Musiche: Mathew Brown, David Calder, Murray Grindlay Trucco: Sarah Anderson Costumi: Lesley McLennan, Rosan McLeod --- Data di rilascio: 6 ottobre 1977 Originario dell'Australia, nel 1965 emigra in Nuova Zelanda per lavorare come fotografo e pubblicista: già da allora comincia a girare documentari ed esordisce alla televisione nel 1971, producendo e dirigendo il cortometraggio "Burt Munro: Offerings to the God of Speed". Approda nel mondo del cinema con il primissimo film prodotto interamente in Nuova Zelanda e che fece da trampolino di lancio per la carriera di Sam Neill, anche lui all'esordio come attore, di cui ne parlerò a breve. In seguito dirigerà altri tre films per la Kiwisploitation, prima di avventurarsi negli USA a metà degli anni '80; si farà notare a livello mondiale per il thriller di "No Way Out" (1987) e per il catastrofico "Dante's Peak" (1997). Ritorna brevemente a casa nel 2005 per scrivere, produrre e dirigere il biografico "The World's Fastest Indian" e di nuovo nel 2017 per girare un documentario sulla vita di Bruce McLaren. Ha anche un figlio maratoneta di nome Chris, che rappresentò la Nuova Zelanda alle Olimpiadi estive del 1996 e del 2000: tutt'oggi è uno degli allenatori dell'omonima nazionale di cricket. In una Nuova Zelanda prossima alla guerra civile, a causa di una crisi energetica per via di un embargo petrolifero, Smith (Sam Neill) decide di andare a vivere su un'isola appartenente ad una tribù Maori... a seguito della rottura avuta con la sua ex-moglie Gloria (Nevan Rowe) per via della sua relazione con Bullen (Ian Mune). In una città vicina si consuma una strage e la polizia arresta Smith sull'isola, trovando degli esplosivi messi a sua insaputa. Una volta portato al commissariato, riconosce il suo ex-compagno di scuola Jesperson (Clyde Scott) e gli rivela che lui è una figura chiave delle ribellioni anti-governative: durante il trasferimento in una prigione, Smith riesce a fuggire e trova lavoro in un campeggio. Presto si palesa una unità dell'esercito neozelandese ed il suo capo Willoughby (Warren Oates) sospetta che lui sia parte dei guerriglieri... in più Bullen, ora uno dei leaders della resistenza, giunge al campeggio e intende effettuare un agguato armato nei confronti dell'unità... Quando vuoi startene lontano dall'uragano, ma l'uragano ti trascina lo stesso nella sua furia rocambolesca. Una volta dentro l'uragano, sarà del tutto impossibile respirare... e Sam ne è la perfetta rappresentazione: non vuole partecipare alla resistenza, ma sarà costretto a farlo. Difficilmente potremmo empatizzare con il protagonista, ma la sua intensa interpretazione lascerà il segno, così come la spalla malvoluta da Sam... o sopravvivi, oppure lasci la pelle. Fotografia capace di regalarci panorami da cartolina come l'isola dove prende residenza Sam ed alcune sequenze girate con la cinepresa a mano, per dare a noi l'idea di essere presenti lì con loro; alcune sessioni in auto sono degne di un road movie ed i colori usati sono da neo-noir, come la notte bluastra nella cella in cui viene rinchiuso Sam ed il campeggio nelle tenebre. Montaggio tempestivo nelle scene d'azione, ma nella media nel resto del film; musica che agisce come calmante per colmare le dosi di adrenalina che proveremo con il duo Sam-Ian. Nel complesso, rimane un ottimo prodotto. Ben eseguito, non perde mai del tutto il suo ritmo nel voler denunciare una possibile deriva autoritaria del Paese... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Fuggendo dalle Pistole (Running From the Guns, 1987)

    Regista: John Dixon Sceneggiatura: John Dixon Produttore: Geoff Burrowes Casa di produzione: Burrowes Film Group Distribuzione: Hoyts Distribution Fotografia: Keith Wagstaff Montaggio: Ray Daley Musiche: Bruce Rowland Trucco: Fiona Campbell, Anna Karpinski, Daryl Porter Costumi: Jenny Arnott --- Data di rilascio: 17 settembre 1987 Ex-interprete dell'esercito australiano in Giappone nell'immediato dopoguerra, dopo essersi laureato in arte a Melbourne ed avere accumulato esperienza a Londra come montatore e dipendente per la Technicolor e per gli Elstree Studios, torna nuovamente in Australia per farsi conoscere sul Channel 7 come direttore di sceneggiati televisivi: in seguito si spostò sul 9 e diresse una serie di documentari. Divenne uno dei primi registi occidentali ad avere il permesso per filmare un documentario ("Red China", 1963) nella Cina maoista. Fondatore della Cambridge Films, lavorò anche in ambito pubblicitario per alcune aziende: uno dei suoi spot fu uno dei più longevi mai trasmessi in Australia. Continuò a lavorare come documentarista sino al 1981 con "Shrine", e lascia definitivamente il mondo del cinema nel 1991 con la mini-serie di "Rose Against the Odds", scritta e diretta interamente da esso. Passa a miglior vita nel 1999. Peter (Mark Hembrow) e Davie (Jon Blake) ritirano un container che in realtà era destinato ad una organizzazione criminale. Pedinati dalla banda, incappano in situazioni spiacevoli di ogni tipo e fanno fronte comune assieme ai loro amici per consegnare i criminali alla giustizia... Divertimento assicurato in ogni fotogramma. Letteralmente a prova di noia per qualsiasi novello della Ozploitation, in quanto montato divinamente e talmente scorrevole che bisogna essere costretti a metterlo in pausa per capire cosa sia successo in alcune scene! Anche a prova di imbarazzo per l'umorismo non scontato (vedasi la scena dove Mark sventa il regolamento di conti della banda con Davie, in un capannone abbandonato... e quando un gruppo di metallari rincorre il duo su un pick-up), aiutato anche da una fotografia che ama particolarmente i panorami sul mare e sulle colline australiane, incluso il divenire per alcuni istanti un road movie negli inseguimenti in auto con i protagonisti. Musica? Orgasmo per le orecchie, impossibile da dimenticare e capace di farti vivere un'epoca mai vissuta fisicamente... discoteca anni '80 al suo massimo picco di stravaganza. Tutt'oggi inedito in DVD. Mai uscito dalla videocassetta. Doloroso... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Primo Amore: Il Rifiuto nella Brezza (First Love: The Litter on the Breeze, 1997)

    Regia: Eric Kot Sceneggiatura: Ocean Chan, Patrick Kong Produttore: Wong Kar-Wai, Osato Yokichi Casa di produzione: Amuse, Block 2 Pictures LTD Distribuzione: Gala Film Distribution Limited Fotografia: Christopher Doyle Montaggio: Chan Ki-Hop Musiche: Carl Wong Trucco: Kwan Lee-Na Costumi: Chan Sau-Ming --- Data di rilascio: 13 dicembre 1997 Il secondo più giovane di tre fratelli, esordisce come attore nel mondo del cinema nel 1990: era uno dei due fattorini che portava il gigantesco peluche a Rosamund Kwan nel grottesco "Brief Encounter in Shinjuku". Nel 1988 forma, assieme al suo collega Jan Lam, il duo rap Softhard; pionieri del genere musicale hip hop, nel 1993 ottengono visibilità nel live action di "City Hunter", cantando "Gala Gala Happy". Esordisce alla regia nel 1996 con "4 Faces of Eve", in un film collettivo assieme a Jan Lam e Kam Kwok-Leung. Tutt'oggi lavora sia come attore, cantante e anche titolare di un negozio di abbigliamento, intitolato "ASIAACTSAGAINSTAIDS Like Black". Complessa storia di un regista che, ispirandosi a Wong Kar-Wai, decide di girare anche lui un film. Tema: lo sboccio del primo amore tra due giovani. Rimuginando tra le sue idee scartate, finalmente ne trova due da sfruttare a pieno. La prima è la storia di una sonnambula (Lee Wai-Wai) che durante la notte viene aiutata da un suo ammiratore in solitaria (Takeshi Kaneshiro); la seconda racconta il ritorno di una vecchia fiamma (Karen Mok) del titolare di un supermarket, già sposato. Visione consigliata con la presenza di un ex-tossicodipendente, in quanto l'intero film è un caleidoscopio di citazioni e di inquadrature che arrivano senza fatica a Godard (incluso Kafka!). Accurato nel susseguirsi del pensiero creativo, autodescritto dal regista stesso e più volte al di fuori dalla quarta parete. Fotografia con dei bellissimi primi piani su Kaneshiro e Lee; anche per la notte vista dagli occhi di lui, in una Hong Kong materialistica e colma di luci al neon che rendono bene l'idea nottambula della prima storia... nella seconda è pressoché lo stesso. Fumettistica la sceneggiatura, ma guardabile solo se prestate attenzione ad ogni dettaglio. Se siete in cerca di un film romantico capace di farvi viaggiare con la fantasia, siamo nel luogo giusto: cast, fotografia, montaggio, sceneggiatura che difficilmente dimenticherete. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Le migliori citazioni da: "Giants and Toys" (Kyojin to Gangu, 1958)

    "Ehi, vuoi sapere quanto guadagno in un mese?" "No, non lo so." "Compresa radio, televisione, riviste e posters, ho guadagnato 500.000 yen. Posso comprarmi pellicce, profumi, gioielli, auto... ogni cosa!" "Giusto. Il sole ruota intorno a te." "Ma c'è una cosa che non posso avere." "Cosa?" "Tu, Nishi." "Eh?" "Diventerai il mio fidanzato?" "Assolutamente no, grazie." "Perché no? Non è bello che tu mi faccia da accompagnatore? Preferirei restare come tua accompagnatrice. Sono innamorata di te, ma tu mi guardi così freddamente." "Sei merce in vendita." "Non vedo il cartellino del prezzo..." Hitomi Nozoe e Hiroshi Kawaguchi "[...] Ma non dovrebbe esserci un po' di onore tra rivali? Decenza, intendo? [...] Non dobbiamo agire come dei ladri. Loro hanno una lunga e corposa storia. [...] C'erano due rivali terrieri che si sono aiutati a vicenda quando una carestia colpì il loro territorio." "Hai menzionato l'onore e la decenza, giusto? Siamo qui per discutere di filosofia?" "No, quello che ho detto è..." "Non viviamo più ai tempi del feudalesimo. Se facciamo ciò che tu consigli, la Giant ci camminerà sopra. Abbiamo solo una linea d'azione. Più pubblicità, più vendite! Vendere, vendere, vendere..." "Sei ancora giovane." "Giovane?" "Tutto ciò a cui pensi è la pubblicità. Il tuo punto? C'è un limite alle vendite. Dopo un certo punto, il pubblico semplicemente non compra. Non tutti vogliono mangiare caramelle." "Sei indietro ai tempi. Non capisci l'epoca dei media. Ascolta: le persone moderne sono peggio dei bambini. Peggio dei cani. Perché? Perché non pensano. Lavorano come schiavi durante il giorno, si ubriacano e giocano a pachinko di sera. Oppure ascoltano la radio, o guardano la TV. Quando hanno il tempo di pensare? Le loro teste sono vuote. E' qui che entriamo in gioco noi. Martelleremo il nostro messaggio nelle loro teste ancora ed ancora. <> Loro, ogni volta che vedono un pacchetto, automaticamente lo comprano. [...] Possiamo controllarli con la radio, la TV e i films. Possiamo far sì che le masse pensino e sentano ciò che vogliamo. Il media è il dittatore, l'imperatore dell'epoca moderna!" Kinzo Shin e Hideo Takamatsu

  • Le Comparse (The Extras, 1978)

    Regia: Yim Ho Sceneggiatura: Phillip Chan, Yim Ho, Ronny Yu Produttore: Jimmy Yip Casa di produzione: Bang! Bang! Films Fotografia: Johnny Koo Montaggio: Wong Yee-Shun Musiche: Chan Ho --- Data di rilascio: 14 dicembre 1978 Debutto alla regia di uno dei pilastri fondanti della "New Wave" hongkongese, da alcuni definito come il punto d'inizio di questa onda che a breve avrebbe cambiato definitivamente il cinema portuale... oltre a scriverne parzialmente la sceneggiatura, il film è prodotto dalla casa che ci è nata con l'onda: nel 1976 produce il primo film in assoluto dell'onda, intitolato "Jumping Ash", diretto ed interpretato da Leung Po-Chi. Attualmente l'unica copia fisica esistente del film è stata registrata su un Betamax e poi proiettata nel 2017 su una riesumazione in massa della grande onda. Attendiamo un ritrovamento della pellicola... Hakky Ho (James Yi Lui) ha intenzione di divenire una stella del cinema: decide quindi di partecipare alla realizzazione di un poliziesco e si innamora della comparsa Siu Fong (Terry Lau). Finita in fiamme la produzione, Hakky non demorde nel suo desiderio... ma la celebrità Ting Chung (Kenneth Tsang Kong) vorrebbe Fong come la sua nuova amante... Satira nuda e cruda nei confronti di un'industria senza pietà per le comparse, pagate poco e niente per le loro partecipazioni a films di dubbia qualità. Tragicommedia dove James interpreta una goffa vittima di questo sistema malandato, Kenneth come parte integrante di esso e riluttante anche lui nel partecipare in produzioni di questo genere; si segnala anche il cameo di Melvin Wong come ispettore, agli albori della sua carriera. Fotografato movimentatamente con l'uso della cinepresa a mano ed anche in prima persona sul protagonista, incluse delle sequenze che immortalano una Hong Kong notturna e labirintica; montaggio veloce con delle musiche che a tratti rovinano l'esperienza del film per il loro essere da discoteca... passabile per il suo lato comico, ma interessante nel suo voler analizzare a fondo il lato oscuro della vita di una comparsa e di un attore ben noto. Prendete la mia recensione come se fosse un avviso nei confronti di chi vorrebbe intraprendere la carriera di attore/comparsa... le sorprese saranno varie. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Le migliori citazioni da: "Ryuji" (1983)

    "Ero attratto dallo splendore della grande città. Ma i miei sogni si sono trasformati in polvere, sotto le insegne al neon dorate e argentate. Gli uomini non erano tutti yakuza... e le donne non erano tutte buone... e io ero uno di loro, non un metro e ottanta, solo un monello che non aveva fatto molto per farsi un nome. Ma ho avuto un figlio, un bambino da cui stavo insensibilmente prendendo le distanze. Ero solo, vivevo da solo nel mio squallido appartamento in mezzo alle costanti minacce di morte. Se pugnalo qualcuno, vado in prigione... se mi pugnalano, vado all'inferno. Mi ritiro dalla vita spesa emotivamente e fisicamente, ma... lo stemma di famiglia vivrà per sempre." Shoji Kaneko "Essere uno yakuza, avere la morte che ti fiata sul collo è il prezzo da pagare per fare affari. Ho perso il coraggio. La violenza ti logora. Non ho così tanto bisogno di soldi." Shoji Kaneko

  • Le migliori citazioni da: "Passi di Danza su una Lama di Rasoio" (1973)

    "[...] La prossima volta chiami anche un cardiologo. I suoi trucchi sono da infarto." Robert Hoffmann "- Quel tipo ha il rasoio facile. - Sa' una cosa? La mia passione è la pesca, e perciò mi serve un'esca particolare per un pesce eccezionale. E la mia esca è proprio lei." Robert Hoffmann e George Martin "- Beh, almeno ho guadagnato questa. Credi che mi servirà ancora? - Se pensi di andare ai prossimi funerali, sì. Qui i morti non si contano più." Susan Scott e Robert Hoffmann "Tutta la sua vita è stata un inganno. La realtà mi ha baciato gli occhi per caso." Anuska Borova

  • Ryuji (1983) | Kaneko è Morto, Lunga Vita a Kaneko!

    Regia: Toru Kawashima Sceneggiatura: Shoji Kaneko (aka Akio Suzuki) Produttore: Toru Kawashima (aka Tadatoshi Oishi) Casa di produzione: Production Ryuji, Toei Central Films Distribuzione: Toei Central Films Fotografia: Michihiko Kawagoe --- Data di rilascio: 29 ottobre 1983 Introduzione al regista Ammiratore dei ninkyo eiga e della yakuza, abbandonò la scuola superiore dopo due anni e nel 1972 si trasferì a Tokyo per frequentare le discoteche nei quartieri più sbandati della metropoli (tra Shinjuku e il celeberrimo quartiere a luci rosse Kabukicho), yakuza inclusa. Iscritto alla sezione di recitazione della Harajuku School, nel 1974 conobbe il drammaturgo Eiichi Uchida e si unì alla compagnia underground "Tokyo That Man" fino al calo drastico della popolarità: fu così che nel 1980 ebbe l'idea di mettersi a lavorare nel cinema. Proprio nell'ultimo giorno di lavoro della compagnia teatrale clandestina, tossì talmente tanto sangue che fu ricoverato in ospedale... e gli venne diagnosticato un cancro allo stomaco in fase terminale. Così lavorò attivamente al sogno della sua vita: il poter girare un film del genere per la Toei. Una volta accorso alla prima del film in un teatro di Shinjuku, subito dopo la conclusione si accasciò a terra di fronte all'ingresso. Portato con urgenza in ospedale, il 6 novembre 1983 (otto giorni dopo la prima del film), passò a miglior vita all'età di 33 anni per una peritonite allo stomaco. Lo aveva assistito il leggendario Yusaku Matsuda, che sfortunatamente passò a miglior vita anche lui sei anni dopo, nello stesso giorno di Kaneko... La realizzazione del film Considerando che l'idea giunse in un momento dove gli yakuza eiga erano letteralmente spariti dalla circolazione, Kaneko non demorse: decise di avventurarsi in proprio e aprire una casa indipendente. Avvicinatosi di nuovo ai suoi ex-compagni di teatro, avvertì un amico che conobbe quando frequentava la scuola ad Harajuku: Toru Kawashima, che usò il suo nome d'arte Tadatoshi Oishi per produrre il film. Stessa tattica ripresa da Kaneko, che scrisse la sceneggiatura con lo pseudonimo di "Akio Suzuki" nell'autunno del 1982. Una volta raggruppato il tutto, anche i fondi non tardarono ad arrivare: 30 milioni di yen dalle sue finanze personali e da quelle dei suoi genitori, amici inclusi. Il film stesso fu girato da un altro regista, ma Kawashima non fu contento del risultato e scelse lui di divenire regista, ricominciando da capo la maggior parte dell'opera. Nel cast è presente anche la vera figlia di Kaneko, tale Momo Kaneko, che oggi lavora come conduttrice radiofonica e narratrice. Trama Ryuji Hanashiro (Shoji Kaneko) è un malavitoso che non ha intenzione di salire di livello nella yakuza: gestisce una bisca clandestina ed ha una moglie ed una figlia che vivono lontano da Tokyo per via dei suoi loschi affari. Finito al fresco per via di un'aggressione, comincia ad essere stanco della sua vita e si ricongiunge con sua moglie (Eiko Nagashima). Esce definitivamente dal giro e si accorge che è più difficile del previsto... In conclusione... Dimostrazione chiarissima di come si possono girare yakuza eiga, senza spargere per forza litri di sangue. Nonostante la lentezza della trama, con una buona dose di pazienza si può apprezzare il retrogusto dello slice of life del protagonista: da una testa calda in cerca di guai a genuino lavoratore che fatica ad accettare di avere lasciato quel mondo... il tutto con una fotografia che ci regala dei controluce e delle notti bluastre alla Melville, atte a raccontare che una metropoli come Tokyo, se vista da vicino, può nascondere cose davvero taglienti. Montaggio sorprendente anch'esso, con alcune transizioni brillanti (nel senso che passiamo da una scena all'altra con una luce bianca) e longevi piani sequenza alla Hsiao-Hsien che incamerano il duro viaggio del protagonista: caratterizzato con una precisione talmente psicologica che fa' di Kaneko un medico mancato. La musica completa il tutto, sfruttata in momenti dove Kaneko rimpiange il suo passato e comincia la sua nuova vita in una città completamente diversa. Assicuratevi di tenere bene a mente alcune parole dette nel film, ormai divenute citazioni. Nel complesso, sul piano del genere yakuza non offre nulla di nuovo, ma è nella transizione realistica del protagonista che ha fatto davvero la differenza. Speriamo in una distribuzione in blu-ray qui in Europa. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Riscatto di una Regina (A Queen's Ransom, 1976)

    Regia: Ting Shan-Hsi Sceneggiatura: Ting Shan-Hsi Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest Coreografie: Luk Chuen Fotografia: Chris Chen Montaggio: Peter Cheung Musiche: Stanley Chow --- Data di rilascio: 16 settembre 1976 Incasso: 553.290 dollari (65.031 euro) Considerabile un veterano del cinema taiwanese, durante la sua carriera ha diretto più di 58 pellicole e per ben 75 volte scrisse la sceneggiatura o dei suoi films, oppure per altri suoi colleghi. Esordisce come sceneggiatore che come attore ed assistente alla regia (prima e unica volta) nel cult Shaw di "Come Drink With Me" (1966) a Hong Kong; alla regia con il film di arti marziali "Like Father, Like Son" nel 1968, scrivendone anche la sceneggiatura. Venne assunto alla Golden Harvest per via del successo avuto a Taiwan di un suo kolossal del 1974, "Everlasting Glory". Abbandona la sedia da regista nel 1993 con l'horror wuxia di "The Beheaded 1000". Lascia definitivamente il mondo del cinema nel 1999 con il wuxiapian di "Yeung Yuet Lau Story". Passa a miglior vita nel 2009, all'età di 74 anni, a causa di un cancro al fegato e ai polmoni. Durante la visita della regina a Hong Kong, un gruppo di terroristi internazionali architetta il colpo del secolo: rubare dei diamanti ai reali di Cambogia. La polizia decide di mandare sotto copertura alcuni agenti come "Ducky" (Dean Shek Tin) e un suo omologo (Charles Heung) da ambedue le parti. Quest'ultimo userà come esca la spogliarellista Jenny (Tanny Tien Ni) per arrivare ai terroristi, che stanno progettando anche di assassinare la regina... Guazzabuglio spionistico/poliziesco/gongfupian riuscito alla bell'è meglio, che non ha paura di dirci che aveva a disposizione un blando budget. Gran peccato per il finale sbrigativo e per le caratterizzazioni malriuscite dei personaggi, nonostante il cast capace di mettere in euforia gli appassionati del cinema hongkongese... ma rimane interessante per il quantitativo di comparse usate durante il film, soprattutto nella polizia. Fotografia che usa frequentemente gli scorci da cartolina della penisola e dei primi piani sui volti dei protagonisti, accompagnata da un montaggio discreto che nel finale viene letteralmente tagliato con l'accetta; anche la musica emerge appena dal discreto, ma rende bene l'idea della tensione al suo apogeo... con entrambi i fronti occupati, sia con la regina che con i terroristi. Lazenby in ottima forma, così come Jimmy Wang Yu e Bolo Yeung; colpo di scena memorabile con Dean, che ad insaputa di Heung è anche lui un agente dei servizi; Angela Mao Ying notevole per il suo insolito ruolo, come principessa della Cambogia capace di tirare senza problemi dei cazzotti a qualunque assalitore. C'è bisogno di spiegare come lei, assieme a Tien, rubano i riflettori? Travagliato il concetto, ma indimenticabile nella sua esecuzione a scatti. Trattasi anche dell'ultimo film della casa a cui prese parte Lazenby... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Lunga Oscurità (Shinobugawa, 1972)

    Regia: Kei Kumai Soggetto: Tetsuo Miura Sceneggiatura: Keiji Hasebe, Kei Kumai Produttore: Masayuki Sato, Hideyuki Shiino Casa di produzione: Haiyuza, Toho Fotografia: Kiyomi Kuroda Montaggio: Hiroshi Inoue, Mitsuyo Tanji Musiche: Teizo Matsumura Trucco: Shizue Inoue --- Data di rilascio in Giappone: 25 maggio 1972 Data di rilascio in Italia: 1976 (Giffoni Film Festival) Leggenda quasi sconosciuta al di fuori del Giappone, che fortunatamente ebbe il suo momento di notorietà in Italia nel 1989 al Festival di Venezia: riuscì a vincere un Leone d'Argento per il suo "Morte di un Maestro del Tè". Ma riassumendo il tutto in modo più ordinato, dopo avere studiato letteratura all'Università Shinshu, si mette a lavorare come assistente alla regia: esordisce come regista nel 1964 con "The Long Death". L'anno seguente divenne noto a livello nazionale per il thriller di "A Chain of Islands", vincendo il premio di "miglior nuovo regista" dall'omonima Gilda. Nel 1974 decolla a livello mondiale per il dramma di "Sandakan No.8", dove in Cina fu uno dei primi films stranieri distribuiti dopo la conclusione della Rivoluzione Culturale: solo a Pechino incassò la cifra di 3,5 milioni di yuan (2,08 milioni di dollari); Akira Kurosawa lo inserì tra i suoi 100 films preferiti. Lascia definitivamente il mondo del cinema nel 2002 con il jidaigeki di "Il Mare e l'Amore", tratto dalla sceneggiatura postuma dello stesso Kurosawa. Passa a miglior vita nel 2007, all'età di 76 anni. Uno studente di nome Tetsuro (Go Kato), incontra per puro caso al bar una cameriera di nome Shino (Komaki Kurihara) ed è subito amore. Entrambi si raccontano le loro storie a vicenda, lui trafitto dalle morti insolite della sua famiglia, lei nata in un bordello... una volta che Tetsuro scopre che Shino è destinata come futura sposa a un rivenditore di auto, lui coglie l'occasione per portarsela appresso. Due ore per nulla pesanti. Anzi, mi hanno alleggerito parecchio con il tema, trattato con estrema delicatezza da ambedue le parti e senza sfociare nella banalità. Elegantemente fotografato sia nelle locations che nelle sequenze più calde, colmo di citazioni esemplari ad altri maestri del tema come Lelouch ed Oshima: anche nel montaggio vi sono chicche come i testi che rimandano ai films muti, dove il nostro protagonista narra il tutto in prima persona e prende spunto da uno di essi; si segnalano numerosi flashbacks e delle notevoli transizioni con tanto di voci fuori campo. Unisce il tutto la gradevole musica di Teizo, anch'essa capace di riscaldare il nostro animo: come l'interpretazione del duo Kato-Kurihara, dove la loro tristezza ha lasciato posto alla felicità più luminosa in circolazione. Consigliatissima la visione a coppie appena formate ed a sposi novelli, poiché quando il destino entra in azione vi è ben poco da fare. Spero che un giorno gli addetti alla Tucker Film osservino la mia recensione... potrebbero ricavarci un bel Blu-Ray, oppure una splendida uscita nelle sale in Italia del film. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Smagliatura (La Faille, 1975)

    Regia: Peter Fleischmann Soggetto: Antonis Samarakis Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Martin Walser, Peter Fleischmann Produttore: Véra Belmont, Raymond Danon, Alberto Dionisi, Jacques Dorfmann, Peter Fleischmann, Michel Piccoli, Alain Coiffier (esecutivo), Jean-Loup Puzenat (esecutivo) Casa di produzione: Belstar Productions, Films 66, Lira Films, Hallelujah Films, Maran Films, Explorer Film '58, Société du Film Distribuzione: Gaumont, Gold Film Fotografia: Luciano Tovoli Montaggio: Claudine Bouché Musiche: Ennio Morricone Costumi: Dionysis Fotopoulos Trucco: Stella Votsou --- Data di rilascio in Francia: 18 giugno 1975 Data di rilascio in Italia: 10 ottobre 1975 Ex-studente alla DIFF di Monaco e alla IDHEC di Parigi, divenne amico di Jean-Claude Carrière e si dilettò assieme a lui nello scrivere sceneggiature. In seguito assistente alla regia ed esordisce come regista nel 1963 in cortometraggi e films per bambini. Sul finire del decennio dirige il suo primo film integrale, che già all'epoca fece molto parlare di sé: "Scene di Caccia in Bassa Baviera" (1969), che ha come protagonista un meccanico sospettato dai suoi compaesani di essere omosessuale. Fondò anche una sua casa cinematografica, assieme a Volker Schlondorff, intitolata "Hallelujah-Film". Come nella Nouvelle Vague, Peter divenne parte integrante del Neuer Deutscher Film a cavallo tra gli anni '60 e '70. Sul concludersi degli anni '70, diresse "Die Hamburger Syndrome", che come noi sappiamo bene fu riscoperto durante la pandemia. Noto per avere girato numerosi documentari e per essere stato un membro fondante della Deutsche Filmakademie nel 2003, i suoi films si riconoscono per come gli apparenti antagonisti diventino i veri buoni. Passa a miglior vita all'età di 84 anni, a causa di una letale caduta. Georgis (Ugo Tognazzi) viene tratto in arresto dalla polizia: è accusato di essere parte di un movimento ai danni della nazione. Un investigatore (Michel Piccoli) e il suo capo (Mario Adorf) lo scortano ad Atene, ma durante il viaggio rimangono in panne con l'auto e decidono di andare a cercare aiuto in una località balneare nelle vicinanze. Decidono di fermarsi per una notte e Georgis prova a corrompere l'investigatore più volte, senza avere successo... una volta riuscito nel suo intento, si scatenerà una caccia all'uomo nei suoi confronti. Noir politico, sempre più attuale, incentrato sulla dittatura dei colonnelli in Grecia. Magnificamente fotografato anche nelle locations da cartolina e ben montato con dei lunghi piani sequenza che ci danno l'idea di come si viveva in una dittatura dove soffocava qualsiasi dissenso... incornicia il tutto la strepitosa musica di Morricone, che ci illustra l'incombente baratro per il protagonista e per altri suoi simili in quel mondo. Tognazzi credibile nella parte dell'invisibile rivoluzionario, che nonostante la serietà del ruolo ci sgancia qualche sorriso. Piccoli immenso nel dimostrare empatia ed umanità nei confronti di Tognazzi (ed ahimè incatenato al marcio potere), rispetto alla freddezza di Adorf. Credo che sia anche giunto il momento di esplorare il cinema tedesco, assieme alle sue opere dissepolte come quest'ultima... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Quando una caffetteria divenne il principale punto d'incontro per i dissidenti giapponesi degli anni '30

    Nata nel 1934, all'epoca divenne uno dei punti caldi per manifestare in segretezza il proprio dissenso nei confronti del sempre più diffuso militarismo nel Sol Levante. Il fondatore Shoichi Tateno (1908-1995) aspirava a divenire un pittore, ma alla fine abbandonò la scuola d'arte e si dedicò a tempo pieno nel sostenere gli attivisti del movimento operaio di Kyoto. Ebbe così l'idea di aprire la caffetteria in questione, con l'intento di mettere assieme l'arte e il socialismo: non a caso scelse di nominare il locale in "Salon de thé François", volto ad omaggiare il pittore francese Jean-François Millet, uno dei maggiori esponenti del realismo. Immediatamente divenne uno dei punti d'incontro più amati della città, tanto che i suoi ricavi vennero donati in gran segreto al Partito Comunista Giapponese... ed a partire da luglio del 1936 la caffetteria divenne la sede del quotidiano "Doyobi" (土曜日, Sabato), fondato da un docente universitario dell'Università Imperiale di Kyoto (Masakazu Nakai) e da un attore della Shochiku (Raitaro Saito). Distribuito due volte al mese sia a Kyoto che ad Osaka, tirava all'incirca 8.000 copie. Ma una volta che l'impero entrò in guerra con la Cina a luglio dell'anno seguente, il sig. Tateno fu arrestato per il suo attivismo contro la guerra: finirono in manette anche Saito e Nakai, tre mesi dopo. Rushiko Sato, la moglie di Tateno, gestì il locale durante la sua permanenza dietro alle sbarre a Yamashina. Una volta rilasciato, il sig. Tateno decise di rinnovare il suo locale nel 1941, acquistando una palazzina di fronte alla caffetteria. Alessandro Bencivenni, un suo amico e anche lui accademico all'Università di Kyoto, si ispirò agli interni delle navi da crociera di lusso dell'epoca: anche alcune colonne ripiegarono sullo stile del Rinascimento. Un altro suo amico, Shiro Takagi, si occupò delle vetrate a colori e dipinse alcuni murali. Ma quando il conflitto si espanse a Pearl Harbour a dicembre, la caffetteria fu rinominata "Miyako Sabo" (都茶房, Sala da thè di Kyoto) a causa del divieto legislativo di usare parole nemiche. Quando nel settembre del 1943 l'Italia firmò l'armistizio con gli Alleati, le autorità giapponesi richiesero a Bencivenni di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò. Egli si rifiutò e venne internato assieme a Fosco Maraini (anche lui presente a Kyoto, all'epoca) per due anni nel campo di Nagoya. Anche il sig. Tateno ebbe notevoli difficoltà nel continuare a lavorare nel suo locale, tant'è che fu costretto a servire tazze di thè verde e chips di banana essiccata come blandi spuntini... fino a chiudere la sua attività nel tardo 1944 per via della carenza di cibo sempre più soffocante. Terminata la guerra, la caffetteria riapre i battenti nel 1947: assieme a lei, il sig. Tateno decise di aprire una libreria in un vecchio negozio sul lato sud del quartiere. Denominata "Millet Shobo" (ミレー書房), ebbe il prestigioso onore di rivendere libri stranieri e di filosofia, difficilmente reperibili nel secondo dopoguerra. In seguito, il responsabile della libreria divenne indipendente e si separò dalla caffetteria, divenendo a sua volta una sala da thè, cambiando il nome in "Sangatsu Shobo" (三月書房). L'Agenzia Giapponese per gli Affari Culturali, nel 2002, assegnò alla caffetteria il titolo di bene culturale materiale a livello nazionale. Tutt'oggi, il locale è gestito dai tre figli del sig. Tateno. Ci auguriamo che nei suoi ottant'anni di attività, appena compiuti, la caffetteria continui ad essere uno dei punti dove le idee possano circolare in assoluta libertà... in eterna memoria di Tateno.

  • Assassini in Calzamaglia Nera (Ore ni Sawaru to Abunaize, 1966)

    Regia: Yasuharu Hasebe Soggetto: Michio Tsuzuki Sceneggiatura: Ryuzo Nakanishi Casa di produzione: Nikkatsu Distribuzione: Nikkatsu Fotografia: Kazue Nagatsuka Montaggio: Akira Suzuki Musiche: Naozumi Yamamoto --- Data di rilascio in Giappone: 12 febbraio 1966 Data di rilascio in Italia: aprile 2005 (Udine Far East Film Festival) E si ritorna a parlare di Hasebe, qui al suo esordio come regista. A prima vista uno dei capisaldi della pop-art nipponica, girati sulla scia di quelli targati Seijun: curiosamente il protagonista Akira Kobayashi si ritrova a vagabondare per raccogliere ulteriori prove, nello stesso modo di Tetsuya Watari nel "Tokyo Drifter" di Seijun... non è un caso se il film di quest'ultimo uscì nelle sale a un mese di distanza (10 aprile). Un fotografo militare, nel ritornare verso casa, si innamora di una hostess (Chieko Matsubara): la porta in un night club e viene rapita da una gang, non senza prima che lui assista all'esecuzione del loro capo Lopez, effettuata da un gruppo di donne in calzamaglia. Deciso ad investigare per conto suo, venendo a sua volta rapito dagli scagnozzi di Lopez e dalle ragazze, scoprirà che entrambi sono alla ricerca di un tesoro... Spionistico visto dalla lente di un caleidoscopio. Ammirevole la citazione al "Goldfinger" di due anni prima, interminabili le scene d'azione dal guardaroba che urgentemente merita una riscoperta ai nostri tempi. La trama inizia già a decollare nei primi minuti, accompagnata da delle magnifiche transizioni colme di colori vivacissimi su set cangianti. Se elenco cosa ho notato nella fotografia, nel montaggio e nelle musiche, finirei la recensione domattina: riassumo il tutto con un guazzabuglio kafkiano dove dominano colori che raggiungono i livelli della Nouvelle Vague e personaggi fumettistici. Akira sempre affidabile nel suo essere il bell'eroe spigliato di turno, qui più in forma che mai assieme a Chieko, capace di rubare i riflettori senza nemmeno faticare più di tanto: nel "Dragone di Macao" di un anno prima, dimostrò che poteva essere una bond girl; carismatica, ingenué e capace di farsi rispettare. Ho già detto che Hasebe continua a stupirmi, nonostante si sia dato ai pinku eiga dopo il declino della Nikkatsu? Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Corri: Non Camminare (Run: Don't Walk, 1989)

    Regia: Wang Chung Sceneggiatura: Sam Kwok-Wing Produttore: Dennis Yu Casa di produzione: Big Bright Investment LTD Coreografie: Tony Leung Siu-Hung Fotografia: Abdul M. Rumjahn, Andy Lam Montaggio: Kwok Ting-Hung Musiche: Raymond Wong Trucco: Wan Yuk-Jan --- Data di rilascio: 25 agosto 1989 Incasso: 2,887,504 dollari (339.169 euro) Ultimo film diretto dal noto caratterista Wang Chung, sfortunatamente passato a miglior vita due anni prima. Anche lui scoperto dal leggendario Chang Cheh nel 1968 e grazie al suo ruolo di ispettore in un suo film nel 1973, co-diretto assieme a Ulysses Au-Yeung, ebbe il definitivo decollo della sua carriera come agente di polizia. Da allora si diletterà non solo a recitare, ma anche a girare con la cinepresa all'inizio del prossimo decennio: "The Informer" del 1980. Seguiranno altri cult pesanti come "Mobfix Patrol" e "Murderer Pursues" nel 1981, per poi lasciare definitivamente la Shaw e mettersi con altre case come la Cinema City. Lascia definitivamente il mondo del cinema nel 2011, con il ruolo dello zio Choi in "Let's Go!". Luk Pui (Ti Lung) è stato appena scarcerato: immediatamente gli occhi del sergente Leung (Kent Cheng) sono su di lui. Giunto in banca, viene preso in ostaggio da Ng Sing-Choi (Richard Ng) ed entrambi riescono a fuggire. Braccati dalla polizia, dovranno proteggere la figlia di Ng e vedersela con la triade dove militava Pui... Versione hongkongese di quei due fuggitivi francesi, girata davvero bene e non scivola mai nel plagio. Raggiunge senza problemi i livelli di Veber nelle interpretazioni degli attori principali, primo fra tutti Ti Lung che raccoglie l'esperienza del domani migliore e la riassimila in un modo più edulcorato... assieme alla sua ragazza Shirley Lui, che inizialmente lo respinge e poi si lascia trascinare dagli eventi. Richard Ng come Sordi, capacissimo di svolgere ruoli seri. Montaggio esemplare e molto scorrevole, che non appesantisce il film; fotografia che si focalizza frequentemente sui colori accesi e sui colori spenti della notte. Musiche funky che si amalgamano per bene al triad movie misto a poliziesco, quale è la pellicola. Onestamente, mi aspettavo di peggio: ma alla fine è stata una notevole sorpresa! Anche se è un po' tardi per dirlo: dovunque Wang egli sia, assieme a Richard, pace all'anima sua. Artigiani senza paura del grande schermo. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Tiratore Scelto (Skytten, 1977)

    Regia: Franz Ernst, Tom Hedegaard Sceneggiatura: Anders Bodelsen, Franz Ernst Produttore: Steen Herdel Fotografia: Mikael Salomon Montaggio: Ole Steen Nielsen Musiche: Ole Schmidt Costumi: Gitte Kolvig Trucco: Lene Ravn Henriksen, Birthe Lyngsoe --- Data di rilascio: 26 dicembre 1977 Pellicola diretta da due registi che hanno lastricato d'argento il cinema danese: il primo, al momento della scrittura dell'articolo, è tutt'oggi vivo ed ha ben 85 anni... il secondo ci ha lasciato troppo presto all'età di 56 anni, sul set dell'ultimo film della famosissima saga di "Olsen Banden", per via di una emorragia cerebrale. Riassumiamo ermeticamente il tutto: Ernst inizia la sua carriera nel cinema come tecnico del suono al Flamingo Studio, per poi divenire nel 1961 assistente e montatore alla Laterna Film. Nel 1963, lui e la collega Lise Roos fondarono il Surprise Theatre; Ernst esordisce come regista l'anno dopo nel film casalingo di "Morke", ma bisognerà attendere il 1970 per la sua definitiva notorietà con "Ang.: Lone". Diversa la storia per Hedegaard, che entrò nel 1960 alla Nordisk Film ed in breve tempo divenne assistente alla regia per i films di Erik Balling. Esordisce come regista e sceneggiatore nel 1970 con "Let's Play Hide and Seek?" e dirige interamente la famosissima serie televisiva di "The Village" negli anni '90. Già nel 1991 gli viene insignito il premio onorario al Robert Award per i suoi contributi al cinema danese. Un ex-tiratore scelto decide di manifestare contro l'apertura di una centrale nucleare, usando il suo fucile di precisione per farsi notare dalla stampa e dalla polizia: sparerà un obiettivo al giorno fino all'annullamento del programma. Registra degli audio e li manda a un giornalista, che quasi subito si mette a indagare su di lui... fino a divenire uno dei suoi obiettivi. Sconsigliato ai deboli di cuore, consigliatissimo agli stomaci forti. Hitman movie con protagonista un mezzo antieroe Jens Okking, in sovrappeso ma abile nel suo mestiere: umano, ma corrotto dall'interno per via della collera nei confronti del giornalista. Il tutto accompagnato da una sceneggiatura fissa sul pedale dell'acceleratore, che se non seguita come si deve il filo del discorso si perde negli avvenimenti. Montato tempestivamente, fotografia che usa frequentemente la telecamera a mano e dei primi piani sul protagonista; musica ridotta all'essenziale ed usata solo nei momenti di grande tensione. Buona l'interpretazione di Pia Maria Wohlert, che nonostante sia incinta non ha idea da che parte stare e nel finale ci dimostra di voler stare lontana dal proprio marito... Tra l'altro fu girato nel 2013 il remake della pellicola, dove questa volta alzano il tiro e utilizzano come tema lo sfruttamento della Groenlandia in ambito petrolifero... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Le migliori citazioni da: "...Hanno Cambiato Faccia" (1971)

    "Io ho realizzato il primo perfetto esempio di socialismo gastronomico." Adolfo Celi "- Mi pare però che si sia persa nella elaborazione chimica, il sapore dei piatti originali... - Lo si è volutamente eliminato. Come Freund ha rilevato a suo tempo, gli stimoli provocati dal gusto e dall'olfatto, come del resto quelli sessuali, si traducono in un piacere fine a sé stesso. Cioè, in un inutile spreco di energie." Giuliano Esperati e Adolfo Celi "[...] L'energia produttiva è troppo preziosa per correre il rischio di sprecarla." Adolfo Celi "I miti non muoiono, si trasformano. Per secoli, gli uomini hanno cercato la pietra filosofale capace di cambiare il ferro in oro. Io le offro di collaborare a una trasformazione non meno grande: cambiare la schiavitù in libertà. La povertà in ricchezza. Per fare questo, la pietra filosofale è la tecnologia." Adolfo Celi "Non siamo noi a scegliere il potere. E' lui che ci sceglie. E' successo così... anche per me. La nostra società ha bisogno di uomini che sappiano comandare. E consigliare. In fondo la gente non sa' cosa mangiare, che cosa legge, dove andare in vacanza, per che partito votare [...]" Adolfo Celi "Lei sta pensando che questo discorso sia sproporzionato all'offerta che le faccio. Ma non è così. Io non possiedo solo un certo numero di fabbriche, di aziende, di grandi magazzini. Possiedo anche giornali, partiti politici, gruppi di opposizione, banche. Sotto il mio controllo agiscono i capi, dottor Valle. E le sto offrendo di diventare uno di loro." Adolfo Celi "Una segretaria perfetta può vincere a scacchi?" Geraldine Hooper "- Ha paura del tempo? O soltanto dell'alba, come i vampiri? - In pieno ventesimo secolo, lei crede ancora ai vampiri? - I miti non muoiono, si trasformano. Me l'ha insegnato lei stesso. Avete cambiato faccia, ma continuate a succhiare il sangue alla gente!" Giuliano Esperati e Adolfo Celi "- [...] Lavoro in una fabbrica. - Una fabbrica? Ah, uno di quei posti con tutte le stanze uguali dove la gente fa' sempre le stesse cose?" Giuliano Esperati e Francesca Modigliani "- [...] Posso fare altro per lei? - Nulla che rientri tra i compiti di una segretaria. - A volte, le sfere di competenza specifica di una segretaria sono terribilmente elastiche. [...]" Geraldine Hooper e Giuliano Esperati

  • I Giovani Animali (Kawayjan Hankou Zoku, 1978)

    Regia: Yasuharu Hasebe Sceneggiatura: Yoshio Shirasaka Casa di produzione: Toei Central Film Distribuzione: Toei Fotografia: Toshiro Yamazaki Musiche: Daiko Nagato --- Data di rilascio: 2 dicembre 1978 Avendo già trattato di Hasebe nel mio vecchio blog, è giunto il momento di riassumerlo come si deve. Dopo avere studiato letteratura francese a Waseda, nel 1958 si unisce alla Nikkatsu: per ben otto anni lavorò come assistente alla regia. Esordisce nel 1966 con "Black Tight Killers" e alla fine del decennio gira alcuni yakuza eiga (prima che divenissero popolari). Agli inizi degli anni '70 la casa volle creare una saga dedicata alla "giovinezza", anche per tentare di lanciare la carriera di Akiko Wada: fu così scelto Hasebe per il primo film. Divenne un enorme successo e lanciò anche Meiko Kaji, che rimase la protagonista dei films successivi. Hasebe lascia la Nikkatsu poco tempo dopo per focalizzarsi sulle serie televisive, ma vi ritorna nel 1974 per girarci un omaggio a Clint Eastwood... e la casa, per non lasciarselo fuggire, gli offrì di creare un nuovo genere all'interno dei pinku eiga. Riluttante, ci riesce e dall'enorme successo creatosi la stessa casa lo tenne sotto controllo dal suo produttore Ryoji Ito, per evitare qualsiasi ritorsione dal governo per via della violenza nei suoi "films". Sul finire del decennio lascia la casa e andò a lavorare nella rivale Toei per alcune pellicole direct-to-video negli anni '90. Passa a miglior vita nel 2009, a causa di una polmonite: aveva 77 anni. Il meccanico Shinji, amante delle giacche in pelle e della sua Harley Davidson, dopo avere sventato una rissa da parte di alcune ragazze sukeban in discoteca attira l'attenzione di Megu: entrambi si innamorano, ma Shinji ha già gli occhi puntati su Mayo... Capsula del tempo, funesta, della gioventù dell'epoca. Nel primo tempo il film ci regala una forte dose di nostalgia, dal guardaroba alla discoteca frequentata da Hiroshi Tachi; nel secondo si tramuta in un tragico boomerang di ciò che ha fatto Tachi alle ragazze: sostanzialmente la pellicola è indecisa se gravitare tra il seishun e il sukeban eiga. Montato senza problemi; così come per la fotografia, che dalle inquadrature a mano ci induce a pensare che anche noi siamo partecipi delle loro (dis)avventure. Gradevoli le musiche da discoteca, dal funky che ti lascia indosso un senso di euforia capace di farti ballare per ore... termine riscontrabile anche sulle performances dei protagonisti, ma privi di caratterizzazione. Risplende sopra tutti Tachi, che interpreta un giovane motociclista che si guadagna da vivere come meccanico ed impossibilitato ad avere una relazione seria con una donna, poiché interferisce con la sua libertà. Tappa obbligatoria per i fans di Tachi, qui in una delle sue prime interpretazioni di rilievo: a breve sarebbe divenuto una stella del piccolo schermo con la serie di "Seibu Keisatsu"... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Storia Segreta del Dopoguerra: Dopo la Guerra di Tokyo (Tokyo Senso Sengo Hiwa, 1970)

    Regia: Nagisa Oshima Soggetto: Nagisa Oshima, Tsutomu Tamura Sceneggiatura: Masato Hara (aka Masataka Hara), Mamoru Sasaki Produttore: Taguchi Yamaguchi Casa di produzione: Art Theatre Guild, Sozosha Distribuzione: Shibata Organization, Art Theatre Guild Fotografia: Toichiro Narushima Montaggio: Keiichi Uraoka Musiche: Toru Takemitsu --- Data di rilascio in Giappone: 27 giugno 1970 Data di rilascio in Italia: 16 settembre 1971 (al Pesaro Film Festival) Finalmente ho l'onore di parlare del capostipite della noberu bagu nipponica: tappa obbligatoria per qualsiasi novellino del mestiere che vorrebbe avventurarsi tra la celluloide made in Japan. Assunto dalla Shochiku, appena dopo essersi laureato all'Università di Kyoto in scienze politiche nel 1954, esordisce al termine del decennio con "Il Quartiere dell'Amore e della Speranza". Immediatamente dopo si fa' conoscere a livello nazionale con un trio di pietre miliari dell'allora neonato movimento cinematografico giapponese, entrambe uscite nel 1960. L'ultima tra queste venne ritirata dopo nemmeno una settimana nelle sale per il rischio di "ritorsioni" dalle fazioni politiche dell'epoca, ciò costrinse Oshima a fondare una propria casa cinematografica: la Sozosha, dal quale vi girerà altri 14 films fino al 1972. Lascia il mondo del cinema nel 1999 con il jidaigeki di "Gohatto" per dedicarsi al lavoro di traduttore negli anni 2000. Per una buona parte degli anni '80 e '90 fu il presidente della Gilda dei Direttori del Giappone e finì nei guai con la legge per via dei suoi pinku eiga. Passa a miglior vita il 15 gennaio del 2013 a causa di una polmonite: aveva 80 anni. Un cineasta, a seguito di una diatriba avuta con uno studente per via della sua cinepresa, decide di togliersi la vita dal tetto di un edificio. La ragazza del cineasta, assieme allo studente, cercheranno di rimettere insieme il motivo della sua morte... girando negli stessi luoghi in cui lui fece delle riprese e addirittura dubitare che costui sia mai esistito. In questo nefasto giallo dove l'investigatore è un aspirante cineasta che ripercorre gli stessi passi del suo omonimo defunto, non vi è alcuna scena girata per puro caso. Montaggio ricchissimo di longevi piani sequenza, movimenti scossi della cinepresa alla Fukasaku per dare un tocco di realismo al tutto e scorrevole, nonostante la lentezza dei fatti che avvengono. Fotografia che trasuda anche di cinéma vérité nella parentesi dedicata alle manifestazioni studentesche dell'epoca, inclusa una scena in cui Emiko Iwasaki si mette letteralmente a nudo davanti al film del cineasta proiettato sulla parete; una persona reale che vorrebbe fare parte della finzione filmica. Anche da come lo si deduce tramite i dialoghi polemici del circolo studentesco (dove Nagisa si autocita, assieme ad altri maestri della noberu bagu) frequentato da Kazuo Goto: facilmente irascibile e diretto. Diversa l'interpretazione di Emiko, silenziosa ma perspicace. Tra di loro sembra che si faccia spazio una storia d'amore, ma in realtà è un altro modo per investigare sulla morte del regista. Completa il tutto la memorabile musica di Toru Takemitsu, che ci invoglia a stare dietro al ritmo lento del film. Opera che mette a confronto due realtà: quella filmica e quella reale, ed entrambe faticano a combaciare per via di un dettaglio... la fantasia: che prende piede, fisicamente, nei films; ed astratta nella vita quotidiana. Perla da restaurare con urgenza. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Nude... si Muore (1968)

    Regia: Antonio Margheriti (aka Anthony Dawson) Soggetto: Giovanni Simonelli (Mario Bava, Brian Degas e Tudor Gates non accreditati) Sceneggiatura: Antonio Margheriti, Franco Bottari (Mario Bava, Brian Degas e Tudor Gates non accreditati) Produttore: Virgilio De Blasi, Lawrence Woolner (non accreditati) Produttore esecutivo: Giuseppe Di Blasio (non accreditato) Casa di produzione: Super International Pictures, B.G.A. S.p.A. Distribuzione: indipendenti regionali Fotografia: Fausto Zuccoli Montaggio: Otello Colangeli Musiche: Carlo Savina Scenografia: Antonio Visone Costumi: Mario Giorsi Trucco: Piero Mecacci --- Data di rilascio: 20 febbraio 1968 (dopo due mesi alla censura, dal 22 dicembre 1967) Originariamente doveva essere diretto da Mario Bava, ma alla fine ebbe un diverbio con la produzione ed abbandonò il progetto. Secondo il figlio Lamberto, il produttore americano Lawrence Woolner contattò lui per la nascita di una casa cinematografica indipendente a Roma con Giuseppe Di Blasio: Woolner ebbe l'idea su un assassino che insanguina un collegio popolato da giovani ragazze. Bava accettò l'idea e lavorò assieme ad altri due sceneggiatori come Tudor Gates e Brian Degas, riuscendo a completare il tutto nel luglio del 1967. Quando subentrò Margheriti, stando al biografo Tim Lucas, non contattò Bava e decise di proseguire con il lavoro; la colonna sonora era già pronta, assieme agli attori e alle locations. Fu distribuito negli USA con il titolo di "The Young, The Evil and The Savage", voluto dalla American International Pictures: taglio di 15 minuti incluso. Trattasi anche dell'ultimo lavoro su grande schermo della giovanissima attrice Eleonora Brown (19 anni), che allora decise di ritirarsi a studiare e ad aiutare la famiglia. E del debutto di Malisa Longo, che di lì a poco arrivò seconda nella classifica di Miss Cinema a Miss Italia 1970. Una donna viene affogata in una vasca ed il suo cadavere finisce all'interno di un baule. Quel baule verrà portato al St. Hilda College, assieme a una nuova insegnante: tale sig.ra Clay. Giunti in un collegio semivuoto per via delle vacanze estive, il baule viene trasferito in cantina e quasi subito l'assassino miete la prima vittima... ben presto la paura insorgerà e la polizia interverrà nella caccia al killer, che è più vicino di quanto loro pensano... Giallo che transita nel mediocre, ma che rimane tranquillamente guardabile per l'insaziabile voglia di risolvere il caso assieme alle ragazze del collegio, se evitate la parentesi "romantica" delle ragazze. Impeccabile la tensione, garantita anche dalla fotografia che simula in prima persona l'assassino con tanto di cinepugno alla Ejzenstejn sulle vittime da lui mietute, senza che ci siano eccessivi schizzi di sangue. Montaggio discreto, musica perfetta che emula l'atmosfera di un frammento di incubo all'interno di ciò che dovrebbe essere un paradiso... solida interpretazione da quasi tutti gli attori, tranne per l'inespressività eccessiva di Ludmila Lvova che a tratti suscita ilarità. Da ora in poi, se considerate una trasferta in collegio, date un'occhiata al film e andate in uno dedicato all'arcangelo Michele: sarà lieto di aiutarvi a scacciare qualunque intruso... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Quella Carogna dell'Ispettore Sterling (1968)

    Regia: Emilio P. Miraglia Soggetto: Massimo De Rita (aka Max Hatired) Sceneggiatura: Massimo De Rita, Dino Maiuri (aka Dean Maurey) Produttore: Felice Testa Gay Casa di produzione: Cinegai, Jolly Film Distribuzione: Unidis Fotografia: Erico Menczer (aka Eric Menczer) Montaggio: Sergio Montanari (aka Sergius Hillman) Musiche: Robby Poitevin Scenografia: Luciano Puccini (aka Lucky Pulling) Costumi: Will Jory Trucco: Mark Denoeve --- Data di rilascio: 13 aprile 1968 Incasso: 397,425,000 Lire (205.253 Euro) Secondo lavoro in assoluto sul grande schermo del regista pugliese Miraglia, di cui si conosce davvero poco. Sappiamo che iniziò a lavorare come assistente alla regia dal 1953 a metà decennio, per poi esordire come regista nel 1967 con il pionieristico hitman movie di "Assassination": con protagonista Henry Silva, girato sulla scia di Prosperi. Conosciuto anche per il suo uso frequente di pseudonimi come "Hal Brady" ed "Emilio Paolo Miraglia", abbandona prematuramente la sua carriera nel 1972 con il giallo/horror "La Dama Rossa Uccide Sette Volte" e passa a miglior vita nel 1982 all'età di 58 anni. L'ispettore Sterling, a seguito della morte di suo figlio ed incastrato per via del delitto di un testimone, decide di investigare per conto suo sui colpevoli che lo hanno espulso dalla polizia. Si farà vivo un assassino misterioso che toglierà di mezzo i suoi ex-informatori, che ha contatti con la modella Janet. Preludio alla nascita del poliziesco all'italiana, dove qui già possiamo individuare alcuni suoi elementi caratteristici: l'ispettore sprezzante della paura e determinato, odio nei confronti della stampa e donne vicine alla delinquenza urbana. Fotografia che ci regala dei primi piani intensi sulla furia inespressiva di Silva e dei panorami di una San Francisco al culmine del sogno americano, inclusa la colorazione tendente al caldo e al freddo verso il finale (degno di un noir), anche nel guardaroba dei protagonisti. Non mancano alcuni piccoli jump cuts nel mezzo del film, dove Beba gira una pubblicità per la Levi's. Musiche da cartolina e che grazie alla presenza dell'organo aiutano nelle scene di alta tensione, soprattutto nei continui flashbacks di Silva e nel costringere Luciano Rossi a confessare. I colpi di scena riescono parzialmente nel loro intento, ma non sono tali da restare memorabili. Sebbene scivoli più volte nel mediocre con una sceneggiatura fumettistica e con delle scene d'azione viste e riviste ai tempi, rimane un'interessante istantanea del cinema di genere italico oltreoceano. Assicuratevi di prendere spunto dagli outfits di Beba Loncar e di Henry Silva, non ve ne pentirete... accessori compresi. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Le migliori citazioni da: "Quella Carogna dell'Ispettore Sterling" (1968)

    "Io non volevo un cadavere, volevo un testimone." Henry Silva "Cosa credi che voglia una ragazza della mia età? Sprecare la sua giovinezza? Stare a contare gli anni che passano? E che cosa le resta alla fine? [...] Io voglio vivere. Io voglio vivere ogni giorno, come se fosse l'ultimo giorno della mia vita." Beba Loncar "Io ho una pistola, e ho intenzione di usarla. La tua ultima occasione per uscire da questa casa è nell'attimo in cui la tiro fuori." Henry Silva "Resterai tutta la vita a fare i fumetti, se non impari a recitare." Henry Silva "- Per voi giornalisti è festa, quando trovate del marcio. E' così che riuscite a far comprare il giornale anche allo scemo del villaggio. Sono titoli che fanno gola! <>! <>! - Sterling, questo è il mio mestiere. E non credere che sia più sporco del tuo. - Beh, sta a sentire una cosa. Ti voglio raccontare un'altra storia: anzi, la stessa vista da un altro punto. Se la delinquenza aumenta, voi date la colpa ai poliziotti che sono troppo teneri e ci lanciate una campagna di stampa! Ma se una volta tanto un poliziotto ottiene una confessione, parlate di violenza. C'è sempre qualcuno che ha la vostra simpatia: il criminale. E quando un poliziotto depone in un processo, per voi non sa' mettere insieme due parole. E' questa è un'altra buona ragione per prendere le parti del criminale. E se poi si azzarda a protestare, allora... beh, allora è una fortuna se non lo sbattono di pattuglia a ripescare gli ubriachi dalle fogne e a farsi sputare in faccia dalle puttane! Ma questa è la triste storia di un poliziotto. Sono cose che non fanno vendere i giornali..." Henry Silva e Pier Paolo Capponi "Non portarmi rancore, Sterling. Tu sei nei pasticci fino ai capelli, potrebbe farti comodo un amico... io sono un tipo strano. Se tutti dicono che c'è il sole, vado a comprare un ombrello e... viceversa." Pier Paolo Capponi "Quando scriverai il tuo articolo... non essere duro con lui." Henry Silva "- Hai qualcosa da dirmi, O'Neil? - No. Niente di importante, ma volevo dirti che... - Quello che hai da dirmi posso leggerlo sul tuo giornale." Henry Silva e Pier Paolo Capponi

  • Paura di Morire (Karakkaze Yaro, 1960)

    Regia: Yasuzo Masumura Sceneggiatura: Hideo Ando, Ryuzo Kikushima Produttore: Masaichi Nagata Casa di produzione: Daiei Distribuzione: Daiei Fotografia: Hiroshi Murai Montaggio: Tatsuji Nakashizu Musiche: Tetsuo Tsukahara --- Data di rilascio: 23 marzo 1960 Trattasi della terza apparizione in assoluto di Yukio Mishima sul grande schermo, che si avvalora dell'aiuto del maestro Masumura in uno dei primi yakuza eiga contemporanei, girati sulla scia del successo del chitarrista della Nikkatsu. Della stessa epoca ho già trattato il musical misto a commedia di Buichi Saito con la star Akira, ma consiglio anche di vedervi la saga "Gang Tai Gang" di Teruo Ishii, uno dei più prolifici pionieri del genere. Takeo, che doveva essere eliminato in carcere da un sicario della yakuza, riesce ad evitare l'agguato e viene rilasciato ad una condizione: divulgare la notizia che lui sia morto. Una volta libero, si rifugia in un cinema multisala assieme alla sua nuova ragazza, ma la yakuza gli è già alle calcagna... In molti lo avranno guardato per la presenza di Mishima, in molti saranno rimasti delusi non solo per la banale sceneggiatura; anche per il personaggio interpretato: vuole rigare dritto, ma incarnare la feccia che una volta rappresentava, senza alcun cambiamento effettivo durante il film. Non essendo un campione di espressività, viene salvato dalla rassicurante performance di Ayako Wakao, anche lei in stallo sia per lui che per un altro uomo (con la fedina penale pulita). Il tutto viene assemblato da una fotografia che ci regala ambientazioni anguste e dai colori freddi degni di un noir, assieme a un montaggio sorprendente nelle scene d'azione (anche loro meritevoli). Completa l'offerta anche il tema del film, magistralmente cantato dallo stesso Mishima. Onestamente, si poteva fare di più e rendere più indimenticabile questa introduzione agli yakuza eiga contemporanei con qualche colpo di scena in più nella sceneggiatura: consiglio la visione solo agli appassionati del genere... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La tragica storia di Takiji Kobayashi, scrittore e martire della libertà in Giappone

    Autore di diversi romanzi a sfondo marxista, innocente vittima della polizia del dissenso giapponese: martirio da ricordare per la pericolosa deriva totalitaria che il mondo sta intraprendendo. Nato il 13 ottobre del 1905 a Odate, già all'età di quattro anni si trasferì insieme alla famiglia nella località di Otaru ad Hokkaido (successivamente scrisse che era a un passo dal morire di fame) e nell'aprile del 1916 lo zio di Takiji gli diede il denaro necessario per potersi iscrivere alla scuola del commercio di Otaru. Viveva nella casa di suo zio e lavorava part-time in un panificio: nel maggio del 1921, sempre grazie a lui, ebbe finalmente l'occasione di iscriversi all'Università del Commercio ed iniziò a scrivere racconti. Una volta lasciata la casa di suo zio, nel marzo del 1924 si diploma e trova un impiego alla Hokkaido Takushoku Bank (北海道拓殖銀行), prima nella contabilità e poi nel cambio valute. Nel mentre, nel marzo del seguente anno viene introdotto per la prima volta in assoluto il suffragio universale maschile. Nel 1927 si unisce all'Unione degli Artisti Proletari e Contadini (Rono Geijutsuka Renmei) per continuare a scrivere. Una nuova forma di attivismo si manifesta in Giappone, tanto da coinvolgere lo stesso Takiji alle elezioni del 1928; aiutò il candidato Kenzo Yamamoto per l'isola di Hokkaido, parlando assieme a lui in un villaggio alla base del Monte Yotei. Nello stesso anno, il 15 marzo, il governo di Tanaka Giichi (fu anche Ministro degli Esteri) arrestò ben 1.500 militanti di sinistra, colpevoli dei progressi fatti nella Dieta giapponese e per essere prossimi a soffiare il posto (instabile) del Primo Ministro: ebbe la maggioranza grazie a un singolo seggio. Takiji vi scrisse il racconto sui fatti avvenuti quel giorno e lo pubblicò sul "Senki" (戦旗, Bandiera di Guerra), descrivendo anche le torture della Tokko (Tokubetsu Koto Keisatsu, "Apparato di Polizia Speciale Superiore"), finendo così nel loro obiettivo. Fu così che nel 1929 pubblica "La Nave Conserviera dei Granchi" (蟹工船, Kani Kosen), la sua opera più famosa. Trattasi della storia dell'equipaggio di un peschereccio per i granchi e per il suo inscatolamento, che resistono al loro manager di pietra in una situazione economica molto difficile: divenne subito un classico della letteratura marxista. Pubblicato sul "Senki" ed in seguito adattato teatralmente a luglio dello stesso anno con il titolo di "50 Gradi a Nord della Latitudine Nord", attirandosi di nuovo la sorveglianza della Tokko... Sempre nel 1929, Takiji pubblica "Il Padrone di Casa Assente" (不在地主, Fuzai Jinushi) sulla rivista letteraria di sinistra "Revisione Centrale" (中央公論, Chuo Koron), tutt'oggi esistente; e la Tokko trovò il casus belli per licenziarlo dal suo lavoro in banca. Costretto a muoversi verso Tokyo, divenne il segretario generale per la Gilda degli Scrittori Proletari del Giappone, ma ciò non riuscì a fermare la Tokko; il 23 maggio del 1930 fu arrestato con l'accusa (infondata) di dare supporto finanziario al Partito Comunista, per poi essere rilasciato il 7 giugno dello stesso anno. Fu arrestato una seconda volta il 24 giugno e poi incriminato con l'accusa di "lesa maestà" per via di "Kani Kosen", dove un operaio disse di sperare che l'imperatore si soffochi con la polpa di granchio che stanno preparando: ad agosto fu incarcerato per via della "Legge di Preservazione della Pace" (治安維持法, Chian Ijiho). Una volta rilasciato il 22 gennaio del 1931, decise di autoisolarsi alle terme di Nanasawa a Kanagawa. Nell'ottobre dello stesso anno, si iscrisse ufficialmente al fuorilegge Partito Comunista Giapponese e sparì dalla circolazione fino al 20 febbraio del 1933, dove doveva incontrarsi assieme a un altro suo compagno ad Akasaka... che si dimostrò essere una spia della Tokko. Provò a fuggire, ma venne arrestato di nuovo. Una volta portato alla stazione di polizia per essere interrogato, fu torturato e il giorno dopo le autorità dissero che Takiji è passato a miglior vita per un attacco cardiaco all'età di 29 anni. Quando il suo corpo fu restituito alla famiglia, notarono che fu gonfio in modo anormale e il direttore del Piccolo Teatro di Tsukiji, Senda Koreya, gli fece una maschera mortuaria in bronzo al suo volto. In seguito Senda scrisse che "la polizia ha usato tutti i mezzi a sua disposizione per bloccare un'autopsia, ma guardandolo era chiaro come il giorno che era stato vittima di tortura". Nessun ospedale fece l'autopsia, per evitare ripercussioni da parte della Tokko... la famiglia provò a fare causa e venne registrata la dichiarazione dell'avvocato in merito, ma alla fine non gli fu fatto nemmeno il funerale. Nonostante la sua prematura morte, l'eredità di Takiji ha camminato e continuerà a camminare su altre persone. I suoi lavori sono stati tradotti in 12 lingue, gli venne creata una biblioteca in suo onore e gli venne dedicato un monumento a Otaru. E anche noi manterremo vivo il suo ricordo, tenendo sempre accesa la fiamma della libertà: che sfortunatamente sta venendo sempre più a mancare... --- Di seguito la traduzione in italiano di un articolo dell'Asahi, sul tentativo di causa della famiglia di Takiji. Si ringrazia @LennLoquendo C.I.L. per il lavoro in merito. Dopo che Takiji Kobayashi (1903-33), uno scrittore proletario noto per la sua opera "La Nave Conserviera dei Granchi", fu arrestato con il sospetto di aver violato la legge sulla conservazione della pace pubblica e torturato a morte presso la stazione di polizia di Tsukiji del Dipartimento di Polizia Metropolitana di Tokyo, si seppe che la sua famiglia aveva intenzione di fare causa alla polizia speciale. Fujio Ogino, ricercatore di Takiji e professore emerito di storia moderna giapponese presso l'Università di Commercio di Otaru, ha trovato questo nei documenti dell'udienza preliminare di un avvocato che aveva una relazione con Takiji. Sebbene non siano state formulate accuse, il documento ha rivelato che la famiglia in lutto ha cercato di opporsi alla morte per tortura in un'epoca di grave repressione ideologica. Il documento è una copia del verbale dell'interrogatorio preliminare dell'avvocato Teizaburo Kubota, arrestato per sospetta violazione della stessa legge nel settembre 1933. Si tratta di una copia dei 12 scambi in cui il giudice del processo interrogò Kubota nella prigione di Toyotama a Tokyo dal marzo 1934 al febbraio 1935, ed è in possesso dell'Università Doshisha (città di Kyoto). Kubota era un membro dell'Associazione Giapponese degli Avvocati del Lavoro e dei Contadini (日本労農弁護士団, Nihon Rono Bengoshi-Dan), che ha supportato gli attivisti sindacali e contadini nelle loro battaglie legali. Nella "copia del verbale", c'è una dichiarazione in cui la famiglia in lutto chiedeva se gli fosse stato chiesto di presentare una denuncia. "E' diventato", ha risposto. Secondo il sig. Ogino, il Dipartimento di Polizia Metropolitana annunciò che la causa di morte di Takiji, deceduto il giorno del suo arresto, il 20 febbraio 1933 era una "paralisi cardiaca". Tuttavia, i medici e gli amici che videro il corpo a casa sua trovarono segni di aggressione su entrambe le gambe e, sulla base delle fotografie del corpo e della testimonianza della madre di Takiji, Seki, si ipotizzò che la morte di Takiji fosse dovuta a tortura. Un gruppo di avvocati ha chiesto a tre ospedali universitari di eseguire le autopsie in vista della presentazione delle accuse, ma nessuno di essi le ha effettuate. Ogino ritiene che la polizia speciale abbia esercitato pressioni sugli ospedali per evitare l'accusa, dicendo: "La maggior parte di questi documenti sono stati inceneriti quando la guerra terminò, quindi sono materiali estremamente preziosi. Se la famiglia avesse potuto sporgere denuncia, è possibile che i violenti interrogatori, essenziali per l'attuazione di questa legge, avrebbero potuto subire una certa battuta d'arresto". Secondo il sig. Ogino, anche prima della guerra. --- Link all'articolo: https://www.asahi.com/articles/ASM9L6FHCM9LPIHB02P.html

  • [Flopiziesco #28] Il Padrino di Hong Kong (The Tongfather, 1974)

    Regia: Tien Peng Sceneggiatura: Tien Peng Produttore: Tien Shao-Ching Casa di produzione: Hong Kong Roc Films Production Fotografia: Chen Hay-Lock Musiche: Stanley Chow --- Data di rilascio: 10 maggio 1974 Debutto alla regia di un attore molto prolifico (all'attivo un totale di 63 films, di cui 7 diretti e 4 scritti da lui) del cinema di Formosa, sfortunatamente legato a doppio filo con le triadi: agli inizi degli anni '80 ebbe un regolamento di conti con un'altra triade, togliendo di mezzo una persona tramite una spada. Incarcerato per omicidio, sconta la pena e lascia definitivamente il mondo del cinema, anche a causa del declino del filone dei films di arti marziali. Un agente sotto copertura viene incaricato di smantellare un traffico di oppio, guidato da un boss giapponese. Si scatena una guerra tra bande e l'agente, assieme al suo collega, decimano uno ad uno gli uomini che tentano ad arrivare verso il boss... incluso un tentativo di stupro e un soldato giapponese corrotto. Disinvolto nel suo essere girato a basso costo, sia nella sceneggiatura poco credibile che coinvolge solamente due agenti segreti (senza alcun rinforzo da parte della polizia locale) contro un esercito di uomini che potevano tranquillamente eliminarli al primo round e nel suo essere montato davvero male (alcune scene saltavano e di colpo mi ritrovavo in altre). Colonna sonora fortemente influenzata dall'iconico "Shaft" di tre anni prima, fotografia appena al di sopra nella media che ci regala delle moviole per niente male nelle scene d'azione e dei primi piani sia nei panorami di Taiwan che negli occhi degli attori. Combattimenti non-stop per tutto il film, dove l'ultimo è la motivazione per guardarlo... anche per l'interpretazione fredda e misteriosa di Peng, sempre pronto a fare la cosa giusta al momento giusto. Cosa che parzialmente funziona anche nel suo collega Tien Ho. Si spera un restauro come si deve sull'aberrante cult in questione, poiché rimane un esempio di cosa era capace di fare il filone dei gongfupian con mezzi blasonati a disposizione. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Introduzione: NSFW

    La parola inglese "NSFW"(acronimo di "Not Safe For Work" e tradotto come "Non sicuro per il lavoro") indica un tipo di contenuto prettamente maturo, spesso utilizzato per indicare contenuti 18+, infatti, letteramente si intende "Non aprire o vedere questo mentre sei al lavoro o in pubblico". Quindi, ricapitolando, in questa sezione, troverete materiale adatto ad un pubblico maturo, siete stati avvisati.

  • Dito sul Grilletto (Finger on Trigger, 1984)

    Regia: Leung Pasan Sceneggiatura: Dung Ying Screenwriter Team Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Paragon Films LTD Fotografia: Patrick Chan Montaggio: Peter Cheung Musiche: Tang Siu-Lam Trucco: Law Lai-Kuen --- Data di rilascio: 29 novembre 1984 Incasso: 176,021 dollari (20.792 euro) Entrato nel mondo del cinema nel 1971 come attore e stuntman, quasi subito divenne un coreografo nel 1974 con il wuxia di "Fingers That Kill" e agli inizi degli anni '80 intraprende la carriera da regista, producendo e coreografando in parte i suoi films, che nella maggior parte dei casi erano produzioni a basso costo girate in Thailandia o per la temutissima "terza categoria" del porto... si ritira definitivamente dai riflettori nel 1992, producendo e presentando (per la prima e unica volta) "Vietnamese Lady", ancora una volta per la CAT.III... A seguito della morte di un uomo d'affari, la polizia scatena una caccia all'uomo per ritrovare i due responsabili dell'assassinio: non ottenendo alcun risultato, entra in campo l'ispettore K.K. Lee per la risoluzione del caso, che immediatamente si fa' notare per i suoi metodi diretti e precisi. Nel mentre, l'ex-poliziotto Fan Kun si guadagna da vivere facendo il parrucchiere di giorno, ma durante la notte lavora come sicario per permettere a suo figlio un trapianto di reni. Una volta che Lee mette insieme i pezzi, inizia ad investigare su Fan e sul suo ricco mandante Hung Kuay, che a sua volta prova a togliere di mezzo Kun... non riuscendoci, rapisce suo figlio e coinvolge Lee nella vendetta. Tremendamente orribile da un lato, interessante nell'altro. Si fa' notare per la presenza del trio Melvin-Stanley-Margaret, dove quest'ultima è letteralmente sprecata: non apporta nessun cambiamento effettivo nella trama. Pellicola che ha evidenti lacune, come nel non spiegare il perché Stanley abbia lasciato la polizia e nella scarsa protezione della polizia stessa nel scortare due degli obiettivi di Stanley. Incluso il suo vagabondare tra il sottogenere degli hitman movies, il poliziesco ed il melodrammatico (sull'acceleratore). Anche in ambito qualitativo lascia molto a desiderare, nonostante la produzione della Paragon... sia nelle auto usate che nell'interpretazione del ragazzino, fastidioso ed al culmine dell'imbarazzante nella scena in cui effettua la breakdance per cercare di dare un tocco "moderno" al film. Montato discretamente, musiche scopiazzate con una fotografia mediocre. Nonostante tutto ciò, rimane il duo Melvin-Stanley, che riescono a salvarci da questo abisso: soprattutto la performance insolita di quest'ultimo, una presenza fissa nelle commedie hongkongesi dell'epoca, qui serio e pronto a tutto pur di salvare suo figlio; dall'altro lato un ispettore elegante, ma carico di piombo e distributore seriale di carisma anche in ambito giornalistico... perfetti per le scene d'azione incredibilmente spinte e da bocca spalancata. Rimasto solo per quattro giorni nelle sale e considerato perduto sino a poco tempo prima... divenuto in breve tempo un cult per il suo essere involontariamente fumettistico. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

bottom of page