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102 risultati trovati con una ricerca vuota

  • La Trilogia di Onomichi (1982-85) | Come ricordare con stile la propria città natale

    Cari spettatori del sito, benvenuti al nostro primo appuntamento speciale con voi in questa nuova sede: finalmente ho l'occasione di parlarvi di Nobuhiko Obayashi. Noto in patria per i suoi messaggi contro la guerra e per le sue pellicole stilisticamente all'avanguardia, ha continuato a girare fino alla sua morte avvenuta nel 2020. Letteralmente un'artista a tutto tondo non solo in ambito cinematografico, ma anche nel disegno e nel suonare il pianoforte. Chi era Nobuhiko Obayashi? Nato nel 1938 a Onomichi, nella prefettura di Hiroshima, suo padre venne chiamato al fronte durante la WW2 e fu cresciuto dai nonni. Durante la sua infanzia si appassiona al disegno, alla scrittura, al pianoforte e al cinema: fu questa passione che lo spinse a dirigere il suo primo cortometraggio all'età di 6 anni nel 1944, ossia " Popeye's Treasure Island ". Dopo la conclusione della WW2 inizia a studiare per divenire medico, ma alla fine cambia idea e nel 1956 viene ammesso nella sezione artistica dell'Università di Seijo, scelta che gli permise di continuare a girare cortometraggi. In seguito fonda un gruppo composto da registi sperimentali, denominato " Film Independent ". Lasciata l'università, l'agenzia Dentsu contatta Obayashi per offrirgli un impiego come pubblicista; accettata l'offerta, negli anni '70 si guadagna da vivere con spot pubblicitari all'avanguardia con volti notissimi come Charles Bronson e Catherine Deneuve, realizzandone ben 3.000 fino al suo esordio sul grande schermo con la commedia horror di " House " nel 1977: gli valse il premio di "miglior nuovo regista" ai Blue Ribbon Awards. Negli anni '80 incomincia a divenire noto al pubblico nipponico per i suoi coming of age drama e per cimentarsi nel genere romantico. Due decenni dopo, nel 2016 gli viene diagnosticato un cancro in fase terminale ai polmoni e decide di girare un film rimasto in un limbo per oltre 40 anni: " Hanagatami ", terza parte di una trilogia contro la guerra. Nel 2019 gira e monta il suo ultimo film, " Labyrinth of Cinema ", mentre era in cura per il cancro. Passa a miglior vita il 10 aprile del 2020, all'età di 82 anni. Io Sono Te, Tu Sei Me (Tenkosei, 1982) Kazuo (Toshinori Omi) e Kazumi (Satomi Kobayashi) sono due studenti di prima media che appena conosciuti, ruzzolano entrambi giù dalle scale di un tempio e si accorgono che i loro corpi sono stati scambiati: seguirà una esilarante avventura sulle loro vite sia a scuola che a casa. Piacevole disavventura tra due scolari che nei loro corpi diversi, iniziano a comprendere la silenziosa crudeltà della vita matura. Con la città di Onomichi che fa' da sfondo alle loro vicende sia amare che esilaranti, incorniciato da una fotografia in B/N degna di Yoshishige all'inizio che al finale, con un colore al massimo dei suoi colori alla Hasebe e da una sceneggiatura adattata come un guanto ai due protagonisti; interpretazione inclusa. Toshinori e Kazumi semplicemente perfetti nell'impersonare i due generi opposti, entrambi alle prese con le loro famiglie e con alcuni aspetti dei loro corpi. Nel montaggio avvengono alcune transizioni non tramite il taglio normale, ma spostando il fotogramma altrove... e la musica pare contemplare il rapporto non così complicato tra loro due. La Ragazza che Saltava nel Tempo (Toki o Kakeru Shojo, 1983) Kazuko Yoshiyama (Tomoyo Harada) è una studentessa della terza media che dopo avere pulito il laboratorio scolastico, percepisce l'odore della lavanda e perde i sensi: al suo risveglio scopre di avere il potere di viaggiare nel tempo. Quando la magia di un film prende il sopravvento, solo cose notevoli possono avvenire. Se nel primo tempo l'alone di mistero e gli effetti speciali animano le disavventure di Tomoyo, nel secondo il film decolla in letteralmente ogni cosa: stop-motion, flashback, green screen, colonna sonora, interpretazioni, alcune delle transizioni più belle nella storia del cinema e l'interpretazione da sveglia ingenué di Tomoyo. Finale da amaro in bocca ma interessante, trama colma di colpi di scena e sceneggiatura maniacale, soprattutto nella storia degli avvenimenti. Cuore Solitario (Sabishinbou, 1985) Hiroki Inoue (Toshinori Omi) è uno studente liceale che corteggia l'alunna Yuriko Tachibana (Yasuko Tomita), ma improvvisamente un'altra ragazza truccata da mimo appare nella sua vita. Manifesto per qualsiasi romantico in cerca della sua anima gemella. Il film stesso è un invito ad innamorarsi con tutte le proprie forze, visto da una lente scherzosa e creativa. Fotografia che tinge il tutto con dei colori caldi per dare l'idea del calore che si percepisce per l'intera durata del film nei confronti dei protagonisti, che nonostante i litigi iniziali nel secondo tempo il tutto decolla come nel capitolo precedente: pre-annuncia la fotografia dei colori nella penombra alla Wong Kar-Wai, la leggendaria interpretazione del duo Toshinori-Tomita ai massimi livelli di spontaneità in un finale melodrammatico, degno di chiudere la trilogia. Anche la musica fa' il suo ottimo lavoro nel farci innamorare... Conclusioni Che il vero artigianato, se svolto da veri artisti, passerà alla storia e sarà indelebile. Nobuhiko è stato uno tra questi, che negli anni ha continuato a perseverare con il suo mestiere, nonostante l'intento commerciale di alcuni suoi films. Se alcuni promuovevano le idols di allora, dall'altra sponda esponevano concetti sia visibili che astratti alla Godard: emozioni, immaginazione, locations, oggetti, etc... e tutt'oggi sono pietre miliari obbligatorie per qualsiasi cinefilo che voglia esplorare a fondo il Sol Levante, oltre a quel poco che passa sulle reti nazionali e sui DVD nostrani. Nobuhiko è morto, lunga vita a Nobuhiko!

  • Pistole a Noleggio (Hired Guns, 1981)

    Regia: Chung Gwok-Yan Sceneggiatura: Law Kwok-Wai, Tin Dik-Hang Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest, Paragon Films Distribuzione: Golden Harvest Fotografia: Law Wan-Shing Montaggio: Marco Mak Musiche: Sherman Chow --- Data di rilascio: 22 ottobre 1981 Sfortunatamente reduce dal suo "0.38" dell'anno precedente, Chung Gwok-Yan merita una profonda analisi sulla sua carriera, cosa che non ho fatto nel mio flopiziesco. Esordisce come attore, direttore di produzione e co-sceneggiatore nel cult introvabile di "Ironside 426" (1977) alla Golden Harvest, poi anche come sceneggiatore in altri 5 films, di cui 3 diretti da lui. Approda alla Shaw come regista nel 1978 con "Double-Cross" e dopo un breve periodo da indipendente ritorna alla GH con il poliziesco "Vice Squad 633" (1979). Si dirige anche a Taiwan per girare il film d'azione di "Sweet Vengeance" (1982), si ritira definitivamente come regista nel 1986 con "9 to 3" e dal mondo del cinema in generale con "The Truth of a Killer" (recitato e prodotto da lui stesso) nel 1992. L'ispettore Goony (Addy Sung) scatena una caccia alle triadi in città assieme alla sua squadra, ma a causa della sua persistenza costoro daranno la caccia alla sua famiglia... Film economico all'inverosimile e discreto nella sua esecuzione, che ad eccezione di Addy e di Phillip Ko Fei è composto da attori sconosciuti. Non deludono per nulla le scene d'azione, alcune da terza categoria e altre fulminee, dove temporali di piombo e sangue attenderanno il cast. A livello meccanico la fotografia ci regala momenti alla moviola e altri dove le ombre e le coreografie coesistono magicamente nella loro tensione, grazie anche al montaggio nei momenti adatti. Peccato che la musica non sia un granché, è quasi del tutto inascoltabile (ad eccezione della canzone nei titoli di coda). Addy impersona un insolito commissario di polizia che fa' della sua astuzia una dote maestra; il resto del cast riesce a veicolare gli ordini del commissario, ma con alcuni intoppi. Passabile, ma memorabile per la performance di Addy e per le scene d'azione spinte. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del blog!

  • Focus (1996)

    Regia: Satoshi Isaka Sceneggiatura: Kazuo Shin Produttore: Nobutsugu Tsubomi Casa di produzione: Ace Pictures, Seiyu Productions Fotografia: Tetsuo Sano Montaggio: Satoshi Isaka Musiche: Hiroshi Mizuide --- Data di rilascio: 30 settembre 1996 (TIFF) E si ritorna a parlare di Satoshi, qui al suo esordio come regista. Come avevo già scritto nella mia recensione su "G@me" (2003), è uno dei registi che riuscì a sorvolare sul panorama ormai desolante dell'industria cinematografica nipponica negli anni '90, colma di films commerciali vuoti di qualunque significato. Se proprio dovessi fare una lista di registi che riuscirono ad essere dei fari nell'immenso buio della celluloide di allora, oltre a Satoshi vi inserirei anche Sogo Ishii, Takeshi Kitano, Kaizo Hayashi e Nobuhiko Obayashi. Speriamo che la lista continui ad ampliarsi giorno dopo giorno, poiché ci sono altre chicche che meriterebbero di essere dissotterrate dal dimenticatoio. Una troupe televisiva composta da tre persone decide di intervistare il radioamatore Kanemura (Asano Tadanobu), che durante le riprese riesce a captare la conversazione telefonica di una persona che parla di una pistola lasciata in un armadietto, pronta per essere usata da qualcuno. Immediatamente la troupe si focalizza sullo scoop e recupera la pistola, senza avvertire la polizia; ma quando un gruppo di ragazzini interferisce con le riprese, Kanemura spara a sangue freddo su uno di loro e fugge in auto... Intenso found footage thriller che attacca senza pietà la spettacolarizzazione mediatica della cronaca nera, sradicando dalle basi lo storytelling tentato dalla troupe nei confronti di Asano; un mondo fondato sul sensazionalismo privo di vergogna di cui ne è vittima quest'ultimo, trascinato dal gruppo in una tragica fine per il loro voler cercare ascolti ad ogni costo... Asano da bocca spalancata per la sua interpretazione. Nel primo tempo era l'incarnazione del tipico nerd incapace di intrattenere un discorso altrui, ma felicissimo radioamatore; nel secondo si tramuta in una furia implacabile nei confronti della troupe, mostrando alla telecamera il suo lato oscuro che nessuno vedrà davvero alla TV. Fotografia che immortala i colori desaturati di una metropoli colma di persone indifferenti, quasi zombificate alla visione di certi crimini che si consumano dinnanzi ai loro occhi. C'è bisogno di descrivere il montaggio e le musiche, adattissime per descrivere il mondo inquietante del film? Definitivamente uno dei films più riusciti del genere found footage, dove il cameraman (lo spettatore) vive la scioccante epopea di una persona finita verso un tragico fato a causa dei suoi irresponsabili colleghi. A basso costo, ma ad alto contenuto di colpi di scena. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • In Strada (On za Rodo, 1982)

    Regia: Akiyoshi Kimata Sceneggiatura: Akiyoshi Kimata, Machiko Nasu, Hidenori Fujinaka Produttore: Yoshihisa Nakagawa Casa di produzione: Movie Brothers, Joy Pack Film Fotografia: Shunya Akagawa Montaggio: Akira Suzuki Musiche: Daiko Nagato --- Data di rilascio: 17 aprile 1982 Molti di voi lo conosceranno per il ninkyo eiga di "A Legend of Turmoil" (1992), ma già negli anni '70 riuscì a ritagliarsi un nome nei pinku eiga con la Million Film, iniziando a lavorare nella casa di produzione di suo padre Akitaka Kimata (Pro Taka Productions). Dopo essersi diplomato a Kyoto ed avere lavorato come marinaio, camionista e barista, nel 1966 si trasferisce a Tokyo con l'ambizione di divenire un pittore... ma quando vide per caso quell'ultimo respiro di Godard, si unì alla casa di suo padre e debutta come regista nel 1972 con "Joji no Hoshu": lui e suo padre videro un boom di tali produzioni per tutto il decennio. Nel 1982 decide di lasciare quel disgustoso mondo e gira il film che a breve tratterò, riuscendo a gravitare in numerosi generi fino ai giorni nostri: fu anche l'esordio di Hiroyuki Watanabe, che di lì a poco divenne una stella dei tokusatsu. A seguito di un inseguimento ad alta velocità in moto, l'agente Tetsuro Tomishima (Hiroyuki Watanabe) ferisce accidentalmente la modella Reiko Higa (Kumi Fujishima), rendendola claudicante. Tetsuro è devoto a chiedergli scusa, ma i suoi supervisori rifiutano la posizione dell'agente, affermando che sarebbe una mancanza di responsabilità della polizia: così decide di inseguire la modella, in ritiro verso la sua città natale a Okinawa. La polizia farà lo stesso con lui... Interessante commistione tra road movie e romanticismo, racchiuso in una cornice di poliziesco dove la polizia risulta non capire i sinceri desideri di Hiroyuki. Kumi effettua una caratterizzazione notevole a 360 gradi del suo personaggio, da depressa e furiosa a comprensiva e serena, grazie soprattutto alla sceneggiatura che le ha permesso di potersi esprimere emotivamente... anche nei confronti di Hiroyuki, che le prende verbalmente che fisicamente. Fotografia arricchita dai paesaggi sia diurni che notturni di Kagoshima, dalla cinepresa in costante movimento come il personaggio di Tetsuro, continuamente con dei primi piani sul suo volto grondante di sudore; montaggio a prova di noia che farà la sua figura nelle strepitose scene d'azione alla Seibu Keisatsu; accompagnato da delle musiche che riassumeranno la tematica ambigua del film, facendoci viaggiare mentalmente... unica pecca è l'assenza di sottotitoli in inglese, quindi ho provato a captare qualcosa con l'intuito. Riassumendo: siete in cerca di un poliziesco che analizza non solo il modus operandi della polizia stessa e dell'agente che lavora in tale ambito, ma senza essere banale e ripetitivo? Questo potrebbe essere la risposta a uno dei vostri pensieri clinici... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Prima dell'Alba (Before Dawn, 1984)

    Regia: Clarence Ford Sceneggiatura: Chen Fang Produttore: Tang Ching Casa di produzione: Fong's Film Productions (H.K.) Limited Distribuzione: Gau Cheong Fotografia: Johnny Koo Montaggio: Wu Kee-Charm --- Data di rilascio: 24 maggio 1984 Incasso: 3,781,395 dollari (443.239 euro) Uno dei films più oscuri dell'acclamato Clarence, da ricordare per il suo leggendario drago in Russia e la sua assassina non propriamente vestita adeguatamente. E' da segnalare la presenza di Deanie Ip, vincitrice di numerosi premi per le sue interpretazioni travagliate di personaggi emotivamente spinti: già prima del suo approdo al cinema era conosciuta negli anni '60 per essere una cantante. Esordisce come attrice nel 1978 con "The Chase", ma bisognerà attendere il "Cream, Soda and Milk" del 1981 per essere finalmente notata; vince un premio per "miglior attrice di supporto" al Golden Horse Awards di Taiwan. Esordisce anche in uno degli ultimi films prodotti dalla Shaw nel 1985, "My Name Ain't Suzie", anche qui vincitrice agli HKFA per la stessa motivazione a Taiwan. Degna di nota è anche Rachel Lee, nel suo secondo lavoro in assoluto sul grande schermo, che anche lei di lì a poco sarebbe divenuta un volto noto nel porto. Nel "Shanghai Blues" dello stesso anno, a firma di Tsui Hark, fu candidata a due premi per "miglior attrice di supporto" e "miglior nuova attrice" agli HKFA: entrambe lavorano ancora nel cinema hongkongese, come Jimmy Wong (nonostante il suo ultimo lavoro risalga al 2013). Mok Ka-Bo (Jimmy Wong) vive una vita difficoltosa: ripudia sua madre (Deanie Ip) che lavora segretamente come prostituta, ormai prossima a ritirarsi dal mestiere per la sua età avanzata. Ha appena interrotto una relazione con Fung (Alan Chan), a sua volta ostile al rifiuto di Mok e lo rivuole indietro. E' divenuto il nuovo fidanzato di Margaret (Rachel Lee), apparentemente una brava studentessa, ma vive in povertà ed è continuamente maltrattata da suo padre. Presto sarà inevitabile una tragedia da ambedue le parti... Melodramma fisso sull'acceleratore per quasi tutta la durata del film, che fortunatamente non intacca le interpretazioni di Deanie e Jimmy. Rachel un po' meno credibile nel suo ruolo di scolaretta apparentemente di buona famiglia, dalla lacrima facile. Guazzabuglio tra poliziesco, prostitute drama, romantico e triad movie, in cui è difficile illustrare la reale posizione del film. Ottima la metafora del film, che descrive cosa accade nella Hong Kong notturna per alcune persone come Deanie. Fotograficamente viene utilizzato di continuo della foschia e del temporale in una notte popolata di pericoli invisibili, con dei colori sbiaditi e tetri che simboleggiano il clima del film. Montato velocemente e da prestare attenzione a non perdere subito il filo logico delle scene, data la rapidità del tutto; musiche a tratti inquietanti (il carillon distorto è pesante da ascoltare) ed a volte profondamente memorabili nel tema, controverso, trattato. Definitivamente un prodotto guardabile più come documentario sulla prostituzione di notte a Hong Kong e sulle famiglie sotto la soglia della povertà, ma con una scorta di fazzoletti appresso. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Sorella Cattiva (Big Bad Sis, 1976)

    Regia: Sun Chung Sceneggiatura: Sze-To On Produttore: Run Run Shaw Casa di produzione: Shaw Distribuzione: Shaw Coreografie: Tong Kai, Huang Pei-Chih Fotografia: Lam Nai-Choi Montaggio: Chiang Hsing-Lung Musiche: Frankie Chan Trucco: Wu Hsu-Ching Costumi: Liu Chi-Yu --- Data di rilascio: 7 ottobre 1976 E si ritorna a parlare di Sun Chung, uno dei pionieri dimenticati della Shaw, che qui si avvale della presenza di altre stelle femminili come Chen Ping: attiva sin dall'età di 16 anni nel cinema, si unisce alla casa nel 1972 e si fece notare a Hong Kong per la sua performance nel "Kiss of Death" di Ho Meng-Hua. Si ritira nel 1983. Da allora fu una presenza fissa nei films a sfondo erotico, come per Siu Yam-Yam, che si unì alla casa nel 1976 e che continua a recitare tutt'oggi. Con un cast in prevalenza femminile, è da notare la partecipazione di Chen Kuan-Tai e Wang Chung, che è inutile spiegare chi siano costoro... Ah-Ying (Chen Ping) è una ex-malavitosa che da quando ha lasciato il giro delle bische clandestine, cerca di vivere una vita normale ed aiuta le sue colleghe di lavoro con le sue doti di kung fu. Fa' amicizia con le due colleghe Ah-Fong (Chong Lee) e Sai Chu (Siu Yam-Yam), insegnandogli alcune mosse di autodifesa. Una volta che le sue nuove amiche gli ricordano il suo passato, ricominceranno i guai: la banda riesce a sapere dove lavora e viene rapita... Fusione quasi riuscita tra il genere delle arti marziali e del genere tutto giapponese dei sukeban eiga, qui più rivolto alla redenzione, che alla delinquenza tipica del sottogenere. Sun si dimostra ancora una volta avanti a molti registi della casa, tramite alcune soluzioni tecniche come la Steadicam a mano ed alcune inquadrature movimentate alla Fukasaku; in ambito fotografico ci tiene a rendere "colorato" sia il guardaroba delle attrici che i veicoli usati, nel montaggio è ampiamente sfruttato il flashback delle tre protagoniste, che diventa di culto nelle scene d'azione per come siano scorrevolissime. La musica? Poca roba, ma davvero notabile per l'essere presente in scene davvero spinte, come la canzone d'amore suonata nel momento in cui Ku Kuan-Chung e Kong Oh-Oi lo fanno su una piattaforma in vetro, senza vestiti. Nel complesso un prodotto passabile, ma da segnalare per la tematica al femminile nei luoghi di lavoro e per le interpretazioni per nulla male di quasi tutto il cast. Gradevole sorpresa: spero di trovare una perla simile nell'enorme archivio della Shaw... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Jagko (1980)

    Regia: Im Kwon-Taek Sceneggiatura: Song Gil-Han Produttore: Kang Dae-Jin Casa di produzione: Sam Yeong Films Co. LTD Fotografia: Koo Joong-Mo Montaggio: Kim Hee-Su Musiche: Kim Young-Dong Trucco: Kim Yong-Hak --- Data di rilascio: 23 ottobre 1980 Con all'attivo un totale di 102 films da regista, Im è un degno veterano del cinema di genere sudcoreano. Classe 1934, in cerca di lavoro si dirige a Seoul nel 1956 e viene ospitato da Jeong Chang-Hwa (a sua volta ospite della Shaw a Hong Kong) come assistente di produzione. Su consiglio di Jeong, esordisce come regista nel 1962 con "Farewell to the Duman River": molto prolifico (capace di dirigere otto films all'anno), ma che riuscirà a spiccare definitivamente il volo nel 1981 con "Mandala". Considerabile anche uno dei pilastri della "Korean New Wave", dato che nel "Sopyonje" del 1993 riuscì ad attirare un milione di spettatori nella sola Seoul, di fronte a molteplici blockbusters importati dell'epoca: praticamente il primo film sudcoreano a riscuotere un enorme successo in casa propria. Lascia, per ora, il mondo del cinema nel 2014 con "Revivre". Premiato dal governo francese nel 2007 con la Legion d'Onore ed il primo regista coreano a ricevere il premio di "miglior regista" al Festival di Cannes nel 2002 con "Chihwaseon", anche i suoi figli continuano il mestiere del padre, primo fra tutti Im Dong-Jae. Il giovane poliziotto Song Ki-Yol (Choi Yun-Seok) cattura Jagko (Kim Hee-Ra), il capo di un gruppo di guerriglieri comunisti durante la guerra di Corea, ma sfortunatamente gli sfugge. Una volta radiato dal corpo di polizia, gli da' la caccia per oltre 30 anni... fino a ritrovarsi anziani in un istituto per l'igiene mentale. Mai gettare via la propria vita: riassunto del film, che tramite continui flashbacks ci racconta come la vita di entrambi si sia consumata nel peggiore dei modi. La fotografia effettua un ottimo lavoro nel desaturare i colori ed immortalare i paesaggi sia squallidi che indimenticabili di una Corea ancora non cicatrizzata dall'omonima guerra, impersonata dai due protagonisti ormai sfiniti dal darsi continuamente la caccia. Durante questa caccia, il tutto è stato montato efficacemente nelle scene intense, dove si passa dall'emarginazione all'amicizia. Musica ridotta all'essenziale, ma molto ben sfruttata nei momenti chiave. Pellicola da mostrare ai miei coetanei, prima che loro si pentano dell'aver buttato via i migliori anni della loro giovinezza in fesserie varie... poiché non torneranno mai più indietro. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Panico al Liceo (Koko Dai Panikku, 1978)

    Regia: Sogo Ishii, Yukihiro Sawada Sceneggiatura: Sogo Ishii, Ryuji Ohya, Fumio Konami Produttore: Ryuji Ohya Casa di produzione: Nikkatsu Distribuzione: Nikkatsu Fotografia: Yoshihiro Yamazaki Montaggio: Akira Suzuki Musiche: Space Circus --- Data di rilascio: 19 agosto 1978 Esordio alla regia di Sogo, già allora instancabile artigiano della cinepresa alla sua casa cinematografica Crazy Film Group: prendeva in prestito dalla Nihon University tutto l'occorrente per poter girare in libertà i suoi cortometraggi. Deciso a realizzare i suoi sogni su celluloide, uno dei suoi corti fu notato da una Nikkatsu in agonia dal 1971 e gli diede i fondi per adattarlo sul grande schermo. Lo diresse assieme a Yukihiro Sawada, anche lui veterano della N. Entrato a lavorare nel 1956, fu uno dei principali sostenitori della "New Action" della casa e debutta come regista nel 1970 con il yakuza eiga di "Melody of Rebellion", fino al suo ritiro definitivo nel 1999. Passa a miglior vita nel 2022 all'età di 89 anni. A seguito del suicidio di uno studente per via della severità di un professore di matematica, Jono (Shigeru Yamamoto) decide di vendicarsi, sottraendo un fucile di precisione... Seishun eiga talmente ad alta tensione che gronderete anche voi dal sudore, soprattutto per la miscela esplosiva tra poliziesco d'azione e documentario sulle dure condizioni di vita degli studenti nelle scuole giapponesi, illustrata senza filtri. Fotografia intensissima come il protagonista, colma di moviole e di riprese con la telecamera a mano, inclusi dei continui primi piani sui volti grondanti di sudore di Atsuko Asano (futura stella del piccolo schermo nel prossimo decennio) e Shigeru: il tutto montato senza intoppi e momenti morti, incorniciato dalle musiche irruente degli Space Circus che riescono ad animare la forte energia di Sogo nel raccontare l'intera vicenda nel film. Se esistesse una lista dei films prodotti dalla Nikkatsu al di fuori del disgustoso genere dei pinku eiga, sarei uno dei primi a vedermela in fondo. Sogo è uno di quei registi incompresi in patria, ma celebrati all'estero: il suo stile punk e ribelle ne è la dimostrazione. Una sana boccata d'aria al di fuori dei filmetti a solo sfondo commerciale. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Mai Troppo Tardi per Pentirsi (Never Too Late to Repent, 1979)

    Regia: Ulysses Au-Yeung Jun Sceneggiatura: Kevin Chu Produttore: Ma Hong-Yong Casa di produzione: Hung Yeung Yau Haan Gung Shut Distribuzione: Cheung Gong Co. LTD (HK) Fotografia: Chin Chang-Tung Montaggio: Kwok Ting-Hung Musiche: Huang Mao-Shan Costumi: Suen Chi-Yung Trucco: Hsiao Hsing-Mei --- Data di rilascio a Hong Kong: 1° ottobre 1980 Considerabile il Taylor Wong taiwanese, per il suo essere molto prolifico nella sedia da regista: vanta all'attivo un totale di 56 films di ogni genere, di cui due sceneggiati da lui nel 1973 e nel 1976 ed altri due prodotti da lui nel 1982 e nell'anno seguente. Come attore ancora di più, 118 films all'attivo. Sul finire degli anni '70 inaugura un filone che fece impazzire la pesante censura taiwanese dell'epoca, i cosiddetti "black movies", films violenti e colmi di neorealismo su cosa il Paese ha lasciato dopo la morte di Chiang Kai-Shek: davano così fastidio che nel 1983 il governo di Taiwan interruppe la produzione del genere ed ordinò la distruzione di ogni copia appartenente al filone. Ma Sha, cresciuto senza genitori e già all'età di 13 anni lavorava come vedetta in un bordello, dopo avere tolto di mezzo un uomo viene incarcerato e riesce a fuggire. Catturato di nuovo, viene trasferito al riformatorio di Orchid Island: da allora comincia a pentirsi di ciò che ha fatto in passato... nonostante le difficoltà a reintegrarsi nella società, scrive la sua biografia e ha intenzione di farsela stampare; ma la strada è ancora lunga, soprattutto colma di trabocchetti. Storia amara di una persona che si macchia di un crimine imperdonabile, a causa dell'abbandono dei suoi genitori. Da proiettile vagante quale era, è riuscito a placare la collera come proiettile pronto a conficcarsi nei confronti di chi attacca i deboli. Definitivamente un mezzo documentario riuscito nella sua profondità nell'analizzare le enormi difficoltà di chi era stato nel mondo della criminalità, dove nell'altra sponda è un poliziesco ascrivibile al genere "quinqui"; dove al posto della droga che distruggeva le strade della Spagna, qui è la violenza a mettere a repentaglio le strade di Taiwan. Fotografia ben riuscita con l'aiuto della moviola nella scena madre del film (dove avviene il misfatto) e piena di colori desaturati alla Decae per indicare l'iter del nostro protagonista verso una vita normale; montaggio troppo veloce e disconnesso in alcuni punti, ma non intacca l'atmosfera; musica ridotta all'essenziale, ma con una canzone che spiega esaustivamente il perché bisogna essere fedeli alla legge e rispettare le vite altrui. Unica grande pecca è la mancanza di audio in alcune parti del film, che ci fa' perdere alcuni dialoghi che potevano essere di aiuto nel sapere a cosa stesse andando incontro Sha... Dimostrazione che anche Taiwan riusciva a girare i suoi documentari politico/sociali alla Damiani, rivolgendo uno sguardo più ravvicinato agli effetti nefasti della criminalità... un consiglio a voi spettatori: mai mettere piede in tale spirale, restate puliti sia dentro che fuori. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Anti-Corruzione (Anti-Corruption, 1975)

    Regia: Ng See-Yuen Sceneggiatura: Ng See-Yuen Produttore: Pau Ming Casa di produzione: The Eternal Film (H.K.) Co., Seasonal Film Corporation Fotografia: William Cheung Kei Montaggio: Poon Hung, Sung Ming Musiche: Stanley Chow Trucco: Norman Law Man --- Data di rilascio: 21 agosto 1975 Incasso: 2,543,074 dollari (298.460 euro) Ottavo film diretto e quinto scritto da Ng See-Yuen, una delle pietre miliari della New Wave hongkongese che al termine del decennio lanciò la carriera del misconosciuto Jackie Chan, grazie alla sua casa fondata nel 1974. Nato nella Shanghai giapponese nel 1944, lavorò sia come guardia giurata che come insegnante delle scuole secondarie, per poi approdare come sceneggiatore ed assistente alla regia nel 1969 con il wuxia di "Heroic Sword". Esordisce alla regia nel 1972 con "The Bloody Fists" e produce il suo primo film nel 1974, "Kidnap in Rome". Assieme alla sua casa produce interamente i due wuxia che resero famoso Jackie a Hong Kong nel 1978, inclusi altri capofila della New Wave e divenne il primo produttore hongkongese a girare un film d'azione negli USA... che fece decollare la carriera di Van Damme e di Kurt McKinney, era il 1986. Si ritira come regista nel 1985 con il courtroom drama di "The Unwritten Law", come sceneggiatore nel 1996 e come produttore nel 2013. Tutt'oggi presidente onorario della Gilda dei Direttori di Hong Kong e anche della Federazione dei Registi di Hong Kong, è anche il co-fondatore della catena di cinema multisala "UME International Cineplex": vanta addirittura la gestione di un club di basket della Hong Kong A1 Division! La polizia di Hong Kong è corrotta ovunque: nessuno agisce per garantire l'ordine pubblico, ma solo per i propri interessi. All'arrivo di Hunter (Bill Lake) dall'Inghilterra, la situazione continuerà a peggiorare, fino a divenire stranamente ricco e come nuovo sovrintendente del corpo di polizia... ma la sezione anti-corruzione inizia ad investigare su di lui... Interessante documentario misto a poliziesco dal ritmo parecchio sconnesso in alcuni punti, che purtroppo rovinano l'atmosfera del film: potevano risparmiarsi la scena dove Bill si divertiva in discoteca, ed altre simili. Interpretazioni per nulla male da quasi tutto il cast. Lake spaventosamente adatto nella sua transizione da eroe ad antagonista, nonostante lui aveva i mezzi per poter combattere la corruzione nella polizia. Nulla di interessante a livello fotografico, ma nel montaggio è qualcosa di leggermente piacevole nel suo cercare di essere scorrevole. Musiche funky che sprizzano anni '70 da ogni poro, perfette per un effetto nostalgia e anche nelle scene importanti. Tratto da una storia realmente avvenuta nel 1973, dove il governo di Hong Kong formò una commissione di inchiesta per indagare sulle alte somme di denaro nel conto di Peter Godber, che portò alla nascita dell'ente anticorruzione ICAC nel febbraio del 1974. Un decennio dopo fu girato anche un secondo adattamento della storia di Godber, di cui ne parleremo prossimamente. Ha come protagonista Andy Lau... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • [Neronoir #4] Confessione di una Moglie (Tsuma Wa Kokuhaku Suru, 1961)

    Regia: Yasuzo Masumura Soggetto: Masaya Maruyama Sceneggiatura: Masato Ide Casa di produzione: Daiei Distribuzione: Daiei Fotografia: Setsuo Kobayashi Montaggio: Tatsuji Nakashizu Musiche: Riichiro Manabe --- Data di rilascio: 29 ottobre 1961 Altra opera immensa di Masumura, che qui riutilizza parte del casting di "Giants and Toys" (1958). Ayako Wakao vinse due premi per "miglior attrice", per via della sua performance nel film. Girato sull'onda della "noberu bagu" iniziata dalle pellicole di Oshima, è considerabile uno dei primi films noir prodotti interamente in Giappone (dopo l'arrivo di "Intimidation" nel 1960). A seguito della morte del marito di Ayako Takigawa (Ayako Wakao) durante una scalata in alta montagna, la polizia accusa lei di omicidio e viene costretta a fare una confessione. Viene sottoposta a processo assieme al suo amante segreto e dipendente di una casa farmaceutica Osamu Koda (Hiroshi Kawaguchi), che testimonierà per scagionare l'accusa contro di lei. Una volta scagionata, Osamu trascorrerà parte del suo tempo libero con Ayako, nonostante abbia dall'altra sponda una ragazza (Haruko Mabuchi) che mira a lui... ed Osamu si allontanerà progressivamente da Ayako... Una delle interpretazioni più intense in circolazione. Yasuzo superlativo nel fotografare amaramente la grancassa mediatica e sociale contro una donna che si è salvata da morte certa, eccezionalmente interpretata da una Ayako difficile da empatizzare rispetto ad Hiroshi, ma verso il finale vi attenderà un fragoroso effetto boomerang da chi ha deciso di stare dalla parte di Hiroshi o di Ayako... difficile da guardare fino in fondo, ma rimane un umile documento del Giappone del secondo dopoguerra. Fotografia sconsigliata ai claustrofobici, dato che quasi tutte le scene sono state filmate in delle stanze parecchio minuscole, ma consigliata agli amanti del noir... in quanto colma di ombre; montaggio con parecchi piani sequenza longevi e taglio veloce in scene dove si incamera la tensione, come nel tribunale con i due protagonisti. Musica che è come un pugno allo stomaco, pesante e che amplifica la situazione già complicata del film. Sbaglio a paragonare Yasuzo al Fernando Di Leo del cinema giapponese? Le cineprese, in loro compagnia, catturavano l'essenza di una società già da allora destinata ad una decadenza irreversibile... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • [Flopiziesco #29] Il Servitore (The Servant, 1979)

    Regia: Ronny Yu, Phillip Chan Sceneggiatura: Joyce Chan, Phillip Chan, William Ho, Ronny Yu Produttore: Jimmy Yip Casa di produzione: Bang! Bang! Films Coreografie: Michael Chan Fotografia: Joe Chan Montaggio: Wong Yee-Shun Musiche: Joseph Koo, Phillip Chan Costumi: Fung Kam-Seung Trucco: Chan Tit-Ming --- Data di rilascio: 19 luglio 1979 Doppio debutto alla regia di Ronny e Phillip, un duo di registi che avrebbero cambiato a fondo il genere poliziesco di Hong Kong. Ronny, che da pargolo ha sofferto di polio e fu costretto a studiare marketing e comunicazione alla Ohio University (poiché suo padre si rifiutava di pagargli gli studi alla UCLA), divenne regista grazie all'amicizia con Phillip, che per ben 15 anni fece l'agente di polizia fino a divenire consulente e co-sceneggiatore del cult di "Jumping Ash" (1976). Una volta trovato l'investitore, diedero la loro sceneggiatura sulle mani di numerosi registi: l'avevano scritta dopo che loro due fecero una gita nei quartieri più malfamati del porto, durante l'estate del 1978... lui ammanettava i criminali, Ronny assisteva al tutto. Nessuno di loro li ha presi sul serio. Così decisero di divenire registi, a loro rischio e pericolo. L'ispettore Chow (Paul Chu Kong) vive ancora a casa di sua madre, mentre Pong (Phillip Chan) ha dei problemi con il gioco d'azzardo: entrambi uniscono le forze e danno la caccia ad una gang pronta per fare una rapina: ma anche loro sono sulle tracce del duo. Quando la banda inizierà a colpire Chow, lo spargimento di sangue avrà inizio... Anonimo poliziesco, sommerso nella mediocrità della trama. Nel primo tempo si perde tra la macchinosità degli eventi e con l'intreccio amoroso tra Paul e Terry Hu, oltre alle sue disavventure con la madre e nel corpo di polizia. Azione ridotta ai minimi storici, con rare eccezioni nel secondo tempo (e che nonostante siano state coreografate dal Bruce Lee delle triadi, purtroppo non ci salvano dall'asfissiante atmosfera della trama), intaccate dall'inespressività dei due protagonisti. Sull'altra sponda il tutto viene accompagnato da una fotografia per niente male, con alcuni movimenti della cinepresa a mano nelle scene intense; inclusi dei fermo immagine ingranditi in stop-motion al finale. Montaggio che è l'unico punto forte del film, di una precisione fenomenale nelle scene d'azione e scorrevolissimo in questo lassativo, dotato anche di musiche adatte alla tensione che doveva imperare nel cast... ma purtroppo non è stato così, in parte dovuto anche al budget molto risicato a disposizione: lo si capisce anche dal guardaroba dei protagonisti. Con un po' di dispiacere, "The Servant" aveva tutti gli ingredienti per divenire uno dei simboli della New Wave del porto, ma purtroppo le numerose occasioni che il film aveva per decollare (Joseph Koo, Terry Hu, Paul Chu Kong...) fallirono dall'inizio. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Choji Snack Bar (Izakaya Choji, 1983)

    Regia: Yasuo Furuhata Soggetto: Hitomi Yamaguchi Sceneggiatura: Yasuko Ono Casa di produzione: Tanaka Productions Distribuzione: Toho Coreografie: Kanzo Uni Fotografia: Daisaku Kimura Montaggio: Akira Suzuki Musiche: Takayuki Inoue, Tokiko Kato Data di rilascio: 12 novembre 1983 Se c'è un regista che più di tutti ha collaborato con Takakura, Yasuo è la risposta: vanta all'attivo un totale di 20 films con lui, dal 1966 al 2012. Appassionato del cinema francese e studioso dell'omonima lingua da autodidatta, nel 1957 entra alla Toei e quasi subito gli fu chiesto di girare un jidaigeki; rifiutò e andò a lavorare come assistente alla regia. Esordisce nel 1966 con "Young Delinquent Girl", considerabile uno degli antenati dei sukeban eiga. Nel 1974 lascia la casa per via di una rottura avuta con i suoi vertici e divenne un libero professionista: ci ritorna nel 1978 assieme a Takakura con "Winter's Flower". Due decenni dopo, nel 1999 vinse il premio di migliore regista e sceneggiatore al Japan Academy Award per il suo "Poppoya". Continuò a girare films fino al "Reminiscence" del 2016, dove cominciò a sviluppare il morbo di Parkinson: passa a miglior vita nel 2019 all'età di 84 anni, a causa di una polmonite. Eiji, noto ai residenti di Hakodate come Choji, decide di lasciare i cantieri navali per poi aprire un piccolo Izakaya (bar) assieme a sua moglie. In città riappare una sua vecchia fiamma, non contenta del suo attuale matrimonio: una volta raggiunto Eiji, scompare poco dopo. La polizia e gli abitanti indagano sulla sua sparizione... Il fazzoletto giallo di Yamada, ma senza l'auto e la speranza che lo contraddistinguevano. Qui ci troviamo davanti a una sua versione dal finale nefasto, dove il film ci riempie di domande sin dall'inizio: chi è costei? Perché si sono lasciati? Per avere le risposte basterà avere molta pazienza, in quanto le due ore di durata aiuteranno non solo a rilassarci per il paesaggio dell'isola di Hokkaido, anche nel fattore nostalgia della città di Hakodate... ma nella trama causerà una lunga serie di sbadigli. Invece di risolvere il tutto con la sua ex-fidanzata, è un continuo susseguirsi di disavventure che ci prepareranno al sanguinolento finale. Fotografia che sfrutta molto il flashback su come Takakura sia arrivato a lavorare in un Izakaya e sulle precedenti avventure con la sua fiamma, che si avvalora dei colori vivaci dell'isola sia di giorno che di notte, rendendo il tutto accogliente. Montaggio carico di longevi piani sequenza ed editato a dovere. Colonna sonora che prova anche lei a venirci incontro su questo mezzo disastro, con alcuni notevoli pezzi da cartolina... inclusa la canzone nei titoli di coda, cantata dallo stesso Takakura. Consigliato esclusivamente agli appassionati di Takakura. E' un film che aveva un potenziale enorme, purtroppo sprecato per via del vagabondare della sceneggiatura tra i pensieri del protagonista e il suo mestiere attuale. Rimane guardabile per chi vorrebbe visitare Hokkaido... e scoprire i segreti del suo essere così selvaggia, ma così amabile. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Perché detesto la community di IMDB. E perché anche voi dovreste farlo.

    Avrei voluto scrivere tutto ciò molto tempo prima. Ma non sapevo come metterlo per iscritto: godetevelo. Carissimi seguaci del Sottobosco e di questa isola virtuale, sarà capitato almeno una volta di leggere una recensione sia negativa che positiva su un film che a voi è piaciuto particolarmente. Ma una di quelle volte poteva capitare di trovare una "recensione" che non era definibile tale. Qualcuno, giustamente, si sarà domandato "ma cosa è questo sproloquio?" e poi avrà anche messo in moto il suo tradizionale linguaggio colorito nei confronti di quelle righe che il "critico" ha scritto. Bene. Sappiate che non siete i soli a pensarlo. IMDB soffre di tale problema sin dalla sua nascita: sono molteplici le lamentele degli utenti, che segnalano la presenza di bots e di recensioni false sulla piattaforma, ma che alla fine giungono nel vuoto a causa delle mani legate dell'amministrazione del sito. Molti di questi utenti lasciano la piattaforma per il silenzio assordante dei moderatori, che per me è la soluzione migliore, per poi dirigersi verso Letterboxd: nato con una funzione simile a quella di IMDB, ma più flessibile. In questo articolo vi vorrei descrivere i 10 tipi di recensori, in realtà trolls, che pullulano indisturbati nella piattaforma... chissà, forse qualcuno interverrà. --- L'odiatore frustrato Tipo di troll che incontrerete spesso nel sito. Odia chi apprezza capolavori senza tempo come quelli di Wong Kar-Wai e di Federico Fellini, perché secondo lui sono "sopravvalutati" e non sono degni di venire considerati. Odia registi che non riescono ad arrivare al suo ego smisurato, composto perlopiù da filmetti imbarazzanti ed opere talmente commerciali con il solo scopo di vendere anche le ombre usate dagli attori nell'opera. Odia anche chi glielo fa' notare e ricopre di insulti il malcapitato che ha provato a metterlo al suo posto. Persona molto noiosa e triste, quasi per niente capace di ragionare. Poveretto. Il non-recensore Molto loquace, ama scrivere due o tre recensioni al giorno: a volte attivo, a volte assente. L'utenza legge spesso i suoi contenuti che descrivono dettagliatamente ciò che accade nei films... ma aspetta... ha parlato di altro! Parla in maniera generale su cosa accade nella maggior parte dei films, ma senza descrivere gli attori e nemmeno dedicare una riga al passato del regista... che sia una remota dimenticanza? Direi di no, dato che dando un'occhiata al suo profilo ripete spesso il suo ritornello... Il falso ottimista Che bello descrivere in maniera positiva un film che ci piace! Anche parlare positivamente di un qualcosa che letteralmente a quasi tutti non è piaciuto: ci può stare elencare i tratti positivi di un film, ma non l'elogio incondizionato dell'intera opera... soprattutto se è stata bocciata da tutti, pubblico compreso. Lo noterete spesso in azione sotto a pellicole dimenticate da entrambe le fazioni, intento a giustificare "opere" che sono state dolorose... Il falso negativo Il contrario del troll di poco prima. Descrive negativamente qualsiasi cosa, nonostante il successo sia di critica che di pubblico di un film. In alcuni casi deride il regista senza neanche conoscerlo a fondo, attori inclusi. Nonostante sia in torto marcio, non ascolta nemmeno i rimproveri della community nei suoi confronti. Simile all'odiatore frustrato, ma più sintetico nelle righe. Il confusionario in malafede Capace di scambiare un film romantico per uno di propaganda, perché è presente un attore/attrice che militava in quegli ambiti, di cinema ne conosce quanto un professore di inglese in Tibet nel 17° secolo: interpretarlo è assai difficoltoso. Scrive degli strafalcioni che definirli "privi di senso" è un complimento per lui, considerando che scrive nella piattaforma per elevare un film andato male al botteghino e alla critica... lanciando frecciatine a caso. Il copia/incolla idiota Anche lui attivo come il falso positivo/negativo, ma con una cosa diversa: copia altre recensioni e le spaccia per sue. Permaloso se alcuni glielo fanno notare, costantemente sulla punta di un coltello per quanto riguarda una querela per plagio. Avrà visto uno dei films che millanta di avere visionato? Probabilmente no, qualche spezzone e basta. Il ripugnante vanitoso Esclama sempre che solo lui sa' qualcosa su un determinato genere, gli altri sono solo idioti. Che peccato, dato che il 99% del genere umano la pensi diversamente dalla sua... in cerca di attenzioni e del guadagno facile (sì, monetizza anche i suoi deliri), diventa onnipresente per un mese, per un altro sembrerà scomparso dai social. Sensi di colpa per ciò che avrà sparato da smaltire a mesi alterni. Il recensore politicizzato Un attore/attrice ha espresso un'idea politica diversa dalla sua? Mandiamo al rogo il film! Un film denuncia le pratiche di alcuni movimenti studenteschi e lui non si ritrova d'accordo? Beh, indovinate... film nel caminetto. Incapace di rispettare le opinioni politiche altrui, per la maggior parte del film lo sentirete bestemmiare o augurare di tutto al regista... "Gli incassi parlano!" Non sapevo che titolo mettere per descrivere questa categoria di "recensori", così ho inserito una delle loro solite massime, molto in voga nei films più recenti. Non calcolando che a volte gli incassi non rappresentano il parere del pubblico, dato che i soldi vengono spesi sia per i cibi da consumare durante la visione del film che per altri membri della famiglia... ma ci possono essere casi dove un film è un successo sia di incassi che di critica. Il recensore prezzolato Pagato da qualche casa cinematografica per parlare solo ed esclusivamente bene di un film in particolare, noterete che recensisce solo i films prodotti da quella casa ed è molto attento a descriverli negativamente, perché altrimenti lo sponsor gli taglia lo stipendio... se qualcuno gli fa' notare il suo essere molto di parte, lo riempie di insulti o lo ignora. --- Spero che questa mia piccola guida su come evitare queste categorie di trolls vi sia utile. Internet è colmo di trappole: fidatevi solo e soltanto di recensori che alla fine hanno accumulato per davvero ore ed ore di films, e ne parlano obiettivamente. Noi non aspiriamo ad essere i nuovi Cahiérs du Cinéma, ma nemmeno essere contro l'intelligenza umana. Vogliamo semplicemente dire ciò che pensiamo, educatamente e creativamente.

  • Segui la Stella (Follow the Star, 1978)

    Regia: John Woo Sceneggiatura: John Woo, Lau Tin-Chi Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest Coreografie: Fung Hak-On, Huang Ha Fotografia: Frankie Keung Montaggio: Peter Cheung Musiche: Frankie Chan Trucco: Simon Chan Costumi: Chu Sheng-Shi --- Data di rilascio: 4 febbraio 1978 Girato sull'onda del successo del suo precedente film di "Money Crazy", porta sul grande schermo la star del cantopop più giovane dell'epoca: la 15enne Rowena Cortes. Considerabile uno dei pionieri del genere tutto hongkongese del "moi lei tau" (commedia no-sense), assieme ai tre fratelli Hui, continuò a lavorarci sopra fino alla metà degli anni '80. Dopo l'insuccesso al botteghino di "Heroes Shed No Tears" (1984), iniziò a soffrire del burnout occupazionale e decise di allontanarsi per un po' dal grande schermo... fino a quando il suo collega Tsui Hark gli diede dei fondi per creare un progetto nel cassetto di Woo da molto tempo, che uscirà nelle sale nel 1986 e lo rese una leggenda degli heroic bloodsheds. Gayle Chen (Rowena Cortes) è una famosa cantante, ma suo padre (John Woo) è un ex-criminale che nel suo ultimo colpo decise di prendersi tutto il bottino della sua gang, per poi andarsi a nascondere. Lei e il suo manager si recano dal meccanico quasi sempre ubriaco Sheng (Roy Chiao Hung) per farsi riparare l'auto, ma subito dopo vengono rapiti dalla banda di suo padre. Sheng assiste alla scena e decide di soccorrere Gayle, ma i rapitori non demordono... Mi aspettavo qualcosa di orribile, ma alla fine è stata una sorpresa davvero memorabile! Non c'è un singolo attimo di noia nel film, tutto è focalizzato sullo slapstick tra Roy e la banda; pure le acrobazie sono a prova di sonno. Nulla di interessante a livello fotografico e nemmeno nel montaggio, ma nelle musiche funky vi sono esempi da antologia della commedia, made by Frankie Chan (vedasi la scena in cui la colonna sonora accompagna Roy al risveglio mattutino con la sua scimmia domestica). Spiccano nel cast la presenza di Wong Ching, il fratello dell'ormai defunto Wang Chung, dal braccio di acciaio che ispirerà quello di Chen Kuan-Tai nel cult di "Winner Takes All" (1982) e di Fung Hak-On, ex-membro del Jackie Chan Stunt Team, qui specializzato nel giocare delle carte molto taglienti. Roy affidabile come sempre ed adatto per recitare in ruoli poco seri, Rowena un pacco postale lanciato da quasi ogni parte al quale non gli è stato dato il tempo necessario per ampliarsi nella sceneggiatura... usata più come scusa per mostrare le disavventure slapstick dei nostri protagonisti. Se cercate una stella, cercatela nel passato: è abissalmente migliore di quelle odierne. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Heatwave: Ondata Calda (Heatwave, 1982)

    Regia: Phillip Noyce Sceneggiatura Originale: Mark Stiles, Tim Gooding Sceneggiatura: Marc Rosenberg, Phillip Noyce Produttore: Hilary Linstead, Ross Matthews Casa di produzione: M & L Pty Limited, Preston Crothers Distribuzione: Roadshow Films Fotografia: Vincent Monton Montaggio: John Scott Musiche: Cameron Allan Trucco: Edwine Archer, Sally Gordon, Melissa Jaffer, Judy Lovell, Bob McCarron, Philippa Noyce, Robern Pickering, Caralyn Taylor Costumi: Jan Hurley, Anthony Jones, Jillian Mahony --- Data di rilascio: 8 marzo 1982 Terzo lavoro sul grande schermo da colui che fece da manager al collettivo di cineasti Sydney Filmmakers Co-op, che ben presto avrebbe dato i natali alla New Wave australiana. All'età di 18 anni vide un poster di un film "underground", con annessa la visione di 16 films sperimentali: cinque mesi dopo cominciò a girare il suo primo cortometraggio di 15 minuti, intitolato "Better to Reign in Hell" (1969). Dopo essersi laureato a Sydney, si unisce alla AFTRS nel 1973 e rilascia il suo primo film professionale nel 1975. Esordisce al cinema nel 1977 con "Backroads" e riceve notorietà internazionale con lo storico "Newsfront" nel 1978. Ebbe anche il merito di lanciare la carriera di Nicole Kidman nel thriller di "Ore 10: Calma Piatta" (1989), prodotto dal suo collega ed amico George Miller. Si trasferisce negli USA nel 1991 e dirige cinque films, tra cui il notevole film d'azione "Sotto il Segno del Pericolo" (1994); ritorna in Australia nel 1999 e da allora gira il mondo grazie al cinema. Durante il Natale, Sydney viene colpita da un'ondata di calore. Un architetto londinese vorrebbe demolire una serie di case nel centro della città, ma i residenti si rifiutano di lasciare le loro abitazioni... interviene così la giornalista Mary Ford (Carole Skinner) ad impedire lo sfratto dei residenti. Lei scompare e la sua amica Kate (Judy Davis) si mette ad investigare sull'architetto... Sconsiglio la visione del film in estate, dato che suderete parecchio per la suspense mista a mistero... soprattutto verso il secondo tempo. Giallo neo-noir dove sulla sparizione dell'investigatrice si proietta l'anima di una metropoli in espansione che non ha pietà per chi si rifiuta di abbandonare una casa che racchiude tra le sue pareti la vita di molteplici sconosciuti. Fotografia munita di brevi sequenze alla moviola in momenti chiave per farci capire che il caldo sarà rovente per alcuni, di movimenti con la telecamera a mano in prima persona, di chiaroscuri per simboleggiare le tenebre sulla storia e montati discretamente in compagnia di una colonna sonora orecchiabile e tesa come la storia vera del film. Judy rispecchia la furia silenziosa di Faye Dunaway, inarrestabile nella ricerca della verità come Carole. Non male il resto del cast. Prossimamente sul sito il primo film che trasponeva sul grande schermo la tragica storia vera di Juanita Nielsen, avvenuta nel 1975. Entrambi incamerano una Sydney che, da una parte, raccoglie l'insensibilità di numerosi magnati dell'industria edilizia e dall'altra una metropoli dal quale non vi è rimasta alcuna traccia... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Unica Regola: Vincere (Sleeping Dogs, 1977)

    Regia: Roger Donaldson Soggetto: Christian K. Stead (aka Karl Stead) Sceneggiatura: Ian Mune, Arthur Baysting Produttore: Roger Donaldson Casa di produzione: Aardvark Films, Broadbank Investments, New Zealand Films Commission, New Zealand Queen Elizabeth II Arts Council Distribuzione: Aardvark Films Fotografia: Michael Seresin Montaggio: Ian John Musiche: Mathew Brown, David Calder, Murray Grindlay Trucco: Sarah Anderson Costumi: Lesley McLennan, Rosan McLeod --- Data di rilascio: 6 ottobre 1977 Originario dell'Australia, nel 1965 emigra in Nuova Zelanda per lavorare come fotografo e pubblicista: già da allora comincia a girare documentari ed esordisce alla televisione nel 1971, producendo e dirigendo il cortometraggio "Burt Munro: Offerings to the God of Speed". Approda nel mondo del cinema con il primissimo film prodotto interamente in Nuova Zelanda e che fece da trampolino di lancio per la carriera di Sam Neill, anche lui all'esordio come attore, di cui ne parlerò a breve. In seguito dirigerà altri tre films per la Kiwisploitation, prima di avventurarsi negli USA a metà degli anni '80; si farà notare a livello mondiale per il thriller di "No Way Out" (1987) e per il catastrofico "Dante's Peak" (1997). Ritorna brevemente a casa nel 2005 per scrivere, produrre e dirigere il biografico "The World's Fastest Indian" e di nuovo nel 2017 per girare un documentario sulla vita di Bruce McLaren. Ha anche un figlio maratoneta di nome Chris, che rappresentò la Nuova Zelanda alle Olimpiadi estive del 1996 e del 2000: tutt'oggi è uno degli allenatori dell'omonima nazionale di cricket. In una Nuova Zelanda prossima alla guerra civile, a causa di una crisi energetica per via di un embargo petrolifero, Smith (Sam Neill) decide di andare a vivere su un'isola appartenente ad una tribù Maori... a seguito della rottura avuta con la sua ex-moglie Gloria (Nevan Rowe) per via della sua relazione con Bullen (Ian Mune). In una città vicina si consuma una strage e la polizia arresta Smith sull'isola, trovando degli esplosivi messi a sua insaputa. Una volta portato al commissariato, riconosce il suo ex-compagno di scuola Jesperson (Clyde Scott) e gli rivela che lui è una figura chiave delle ribellioni anti-governative: durante il trasferimento in una prigione, Smith riesce a fuggire e trova lavoro in un campeggio. Presto si palesa una unità dell'esercito neozelandese ed il suo capo Willoughby (Warren Oates) sospetta che lui sia parte dei guerriglieri... in più Bullen, ora uno dei leaders della resistenza, giunge al campeggio e intende effettuare un agguato armato nei confronti dell'unità... Quando vuoi startene lontano dall'uragano, ma l'uragano ti trascina lo stesso nella sua furia rocambolesca. Una volta dentro l'uragano, sarà del tutto impossibile respirare... e Sam ne è la perfetta rappresentazione: non vuole partecipare alla resistenza, ma sarà costretto a farlo. Difficilmente potremmo empatizzare con il protagonista, ma la sua intensa interpretazione lascerà il segno, così come la spalla malvoluta da Sam... o sopravvivi, oppure lasci la pelle. Fotografia capace di regalarci panorami da cartolina come l'isola dove prende residenza Sam ed alcune sequenze girate con la cinepresa a mano, per dare a noi l'idea di essere presenti lì con loro; alcune sessioni in auto sono degne di un road movie ed i colori usati sono da neo-noir, come la notte bluastra nella cella in cui viene rinchiuso Sam ed il campeggio nelle tenebre. Montaggio tempestivo nelle scene d'azione, ma nella media nel resto del film; musica che agisce come calmante per colmare le dosi di adrenalina che proveremo con il duo Sam-Ian. Nel complesso, rimane un ottimo prodotto. Ben eseguito, non perde mai del tutto il suo ritmo nel voler denunciare una possibile deriva autoritaria del Paese... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Fuggendo dalle Pistole (Running From the Guns, 1987)

    Regista: John Dixon Sceneggiatura: John Dixon Produttore: Geoff Burrowes Casa di produzione: Burrowes Film Group Distribuzione: Hoyts Distribution Fotografia: Keith Wagstaff Montaggio: Ray Daley Musiche: Bruce Rowland Trucco: Fiona Campbell, Anna Karpinski, Daryl Porter Costumi: Jenny Arnott --- Data di rilascio: 17 settembre 1987 Ex-interprete dell'esercito australiano in Giappone nell'immediato dopoguerra, dopo essersi laureato in arte a Melbourne ed avere accumulato esperienza a Londra come montatore e dipendente per la Technicolor e per gli Elstree Studios, torna nuovamente in Australia per farsi conoscere sul Channel 7 come direttore di sceneggiati televisivi: in seguito si spostò sul 9 e diresse una serie di documentari. Divenne uno dei primi registi occidentali ad avere il permesso per filmare un documentario ("Red China", 1963) nella Cina maoista. Fondatore della Cambridge Films, lavorò anche in ambito pubblicitario per alcune aziende: uno dei suoi spot fu uno dei più longevi mai trasmessi in Australia. Continuò a lavorare come documentarista sino al 1981 con "Shrine", e lascia definitivamente il mondo del cinema nel 1991 con la mini-serie di "Rose Against the Odds", scritta e diretta interamente da esso. Passa a miglior vita nel 1999. Peter (Mark Hembrow) e Davie (Jon Blake) ritirano un container che in realtà era destinato ad una organizzazione criminale. Pedinati dalla banda, incappano in situazioni spiacevoli di ogni tipo e fanno fronte comune assieme ai loro amici per consegnare i criminali alla giustizia... Divertimento assicurato in ogni fotogramma. Letteralmente a prova di noia per qualsiasi novello della Ozploitation, in quanto montato divinamente e talmente scorrevole che bisogna essere costretti a metterlo in pausa per capire cosa sia successo in alcune scene! Anche a prova di imbarazzo per l'umorismo non scontato (vedasi la scena dove Mark sventa il regolamento di conti della banda con Davie, in un capannone abbandonato... e quando un gruppo di metallari rincorre il duo su un pick-up), aiutato anche da una fotografia che ama particolarmente i panorami sul mare e sulle colline australiane, incluso il divenire per alcuni istanti un road movie negli inseguimenti in auto con i protagonisti. Musica? Orgasmo per le orecchie, impossibile da dimenticare e capace di farti vivere un'epoca mai vissuta fisicamente... discoteca anni '80 al suo massimo picco di stravaganza. Tutt'oggi inedito in DVD. Mai uscito dalla videocassetta. Doloroso... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Primo Amore: Il Rifiuto nella Brezza (First Love: The Litter on the Breeze, 1997)

    Regia: Eric Kot Sceneggiatura: Ocean Chan, Patrick Kong Produttore: Wong Kar-Wai, Osato Yokichi Casa di produzione: Amuse, Block 2 Pictures LTD Distribuzione: Gala Film Distribution Limited Fotografia: Christopher Doyle Montaggio: Chan Ki-Hop Musiche: Carl Wong Trucco: Kwan Lee-Na Costumi: Chan Sau-Ming --- Data di rilascio: 13 dicembre 1997 Il secondo più giovane di tre fratelli, esordisce come attore nel mondo del cinema nel 1990: era uno dei due fattorini che portava il gigantesco peluche a Rosamund Kwan nel grottesco "Brief Encounter in Shinjuku". Nel 1988 forma, assieme al suo collega Jan Lam, il duo rap Softhard; pionieri del genere musicale hip hop, nel 1993 ottengono visibilità nel live action di "City Hunter", cantando "Gala Gala Happy". Esordisce alla regia nel 1996 con "4 Faces of Eve", in un film collettivo assieme a Jan Lam e Kam Kwok-Leung. Tutt'oggi lavora sia come attore, cantante e anche titolare di un negozio di abbigliamento, intitolato "ASIAACTSAGAINSTAIDS Like Black". Complessa storia di un regista che, ispirandosi a Wong Kar-Wai, decide di girare anche lui un film. Tema: lo sboccio del primo amore tra due giovani. Rimuginando tra le sue idee scartate, finalmente ne trova due da sfruttare a pieno. La prima è la storia di una sonnambula (Lee Wai-Wai) che durante la notte viene aiutata da un suo ammiratore in solitaria (Takeshi Kaneshiro); la seconda racconta il ritorno di una vecchia fiamma (Karen Mok) del titolare di un supermarket, già sposato. Visione consigliata con la presenza di un ex-tossicodipendente, in quanto l'intero film è un caleidoscopio di citazioni e di inquadrature che arrivano senza fatica a Godard (incluso Kafka!). Accurato nel susseguirsi del pensiero creativo, autodescritto dal regista stesso e più volte al di fuori dalla quarta parete. Fotografia con dei bellissimi primi piani su Kaneshiro e Lee; anche per la notte vista dagli occhi di lui, in una Hong Kong materialistica e colma di luci al neon che rendono bene l'idea nottambula della prima storia... nella seconda è pressoché lo stesso. Fumettistica la sceneggiatura, ma guardabile solo se prestate attenzione ad ogni dettaglio. Se siete in cerca di un film romantico capace di farvi viaggiare con la fantasia, siamo nel luogo giusto: cast, fotografia, montaggio, sceneggiatura che difficilmente dimenticherete. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Le migliori citazioni da: "Giants and Toys" (Kyojin to Gangu, 1958)

    "Ehi, vuoi sapere quanto guadagno in un mese?" "No, non lo so." "Compresa radio, televisione, riviste e posters, ho guadagnato 500.000 yen. Posso comprarmi pellicce, profumi, gioielli, auto... ogni cosa!" "Giusto. Il sole ruota intorno a te." "Ma c'è una cosa che non posso avere." "Cosa?" "Tu, Nishi." "Eh?" "Diventerai il mio fidanzato?" "Assolutamente no, grazie." "Perché no? Non è bello che tu mi faccia da accompagnatore? Preferirei restare come tua accompagnatrice. Sono innamorata di te, ma tu mi guardi così freddamente." "Sei merce in vendita." "Non vedo il cartellino del prezzo..." Hitomi Nozoe e Hiroshi Kawaguchi "[...] Ma non dovrebbe esserci un po' di onore tra rivali? Decenza, intendo? [...] Non dobbiamo agire come dei ladri. Loro hanno una lunga e corposa storia. [...] C'erano due rivali terrieri che si sono aiutati a vicenda quando una carestia colpì il loro territorio." "Hai menzionato l'onore e la decenza, giusto? Siamo qui per discutere di filosofia?" "No, quello che ho detto è..." "Non viviamo più ai tempi del feudalesimo. Se facciamo ciò che tu consigli, la Giant ci camminerà sopra. Abbiamo solo una linea d'azione. Più pubblicità, più vendite! Vendere, vendere, vendere..." "Sei ancora giovane." "Giovane?" "Tutto ciò a cui pensi è la pubblicità. Il tuo punto? C'è un limite alle vendite. Dopo un certo punto, il pubblico semplicemente non compra. Non tutti vogliono mangiare caramelle." "Sei indietro ai tempi. Non capisci l'epoca dei media. Ascolta: le persone moderne sono peggio dei bambini. Peggio dei cani. Perché? Perché non pensano. Lavorano come schiavi durante il giorno, si ubriacano e giocano a pachinko di sera. Oppure ascoltano la radio, o guardano la TV. Quando hanno il tempo di pensare? Le loro teste sono vuote. E' qui che entriamo in gioco noi. Martelleremo il nostro messaggio nelle loro teste ancora ed ancora. <> Loro, ogni volta che vedono un pacchetto, automaticamente lo comprano. [...] Possiamo controllarli con la radio, la TV e i films. Possiamo far sì che le masse pensino e sentano ciò che vogliamo. Il media è il dittatore, l'imperatore dell'epoca moderna!" Kinzo Shin e Hideo Takamatsu

  • Le Comparse (The Extras, 1978)

    Regia: Yim Ho Sceneggiatura: Phillip Chan, Yim Ho, Ronny Yu Produttore: Jimmy Yip Casa di produzione: Bang! Bang! Films Fotografia: Johnny Koo Montaggio: Wong Yee-Shun Musiche: Chan Ho --- Data di rilascio: 14 dicembre 1978 Debutto alla regia di uno dei pilastri fondanti della "New Wave" hongkongese, da alcuni definito come il punto d'inizio di questa onda che a breve avrebbe cambiato definitivamente il cinema portuale... oltre a scriverne parzialmente la sceneggiatura, il film è prodotto dalla casa che ci è nata con l'onda: nel 1976 produce il primo film in assoluto dell'onda, intitolato "Jumping Ash", diretto ed interpretato da Leung Po-Chi. Attualmente l'unica copia fisica esistente del film è stata registrata su un Betamax e poi proiettata nel 2017 su una riesumazione in massa della grande onda. Attendiamo un ritrovamento della pellicola... Hakky Ho (James Yi Lui) ha intenzione di divenire una stella del cinema: decide quindi di partecipare alla realizzazione di un poliziesco e si innamora della comparsa Siu Fong (Terry Lau). Finita in fiamme la produzione, Hakky non demorde nel suo desiderio... ma la celebrità Ting Chung (Kenneth Tsang Kong) vorrebbe Fong come la sua nuova amante... Satira nuda e cruda nei confronti di un'industria senza pietà per le comparse, pagate poco e niente per le loro partecipazioni a films di dubbia qualità. Tragicommedia dove James interpreta una goffa vittima di questo sistema malandato, Kenneth come parte integrante di esso e riluttante anche lui nel partecipare in produzioni di questo genere; si segnala anche il cameo di Melvin Wong come ispettore, agli albori della sua carriera. Fotografato movimentatamente con l'uso della cinepresa a mano ed anche in prima persona sul protagonista, incluse delle sequenze che immortalano una Hong Kong notturna e labirintica; montaggio veloce con delle musiche che a tratti rovinano l'esperienza del film per il loro essere da discoteca... passabile per il suo lato comico, ma interessante nel suo voler analizzare a fondo il lato oscuro della vita di una comparsa e di un attore ben noto. Prendete la mia recensione come se fosse un avviso nei confronti di chi vorrebbe intraprendere la carriera di attore/comparsa... le sorprese saranno varie. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Le migliori citazioni da: "Ryuji" (1983)

    "Ero attratto dallo splendore della grande città. Ma i miei sogni si sono trasformati in polvere, sotto le insegne al neon dorate e argentate. Gli uomini non erano tutti yakuza... e le donne non erano tutte buone... e io ero uno di loro, non un metro e ottanta, solo un monello che non aveva fatto molto per farsi un nome. Ma ho avuto un figlio, un bambino da cui stavo insensibilmente prendendo le distanze. Ero solo, vivevo da solo nel mio squallido appartamento in mezzo alle costanti minacce di morte. Se pugnalo qualcuno, vado in prigione... se mi pugnalano, vado all'inferno. Mi ritiro dalla vita spesa emotivamente e fisicamente, ma... lo stemma di famiglia vivrà per sempre." Shoji Kaneko "Essere uno yakuza, avere la morte che ti fiata sul collo è il prezzo da pagare per fare affari. Ho perso il coraggio. La violenza ti logora. Non ho così tanto bisogno di soldi." Shoji Kaneko

  • Le migliori citazioni da: "Passi di Danza su una Lama di Rasoio" (1973)

    "[...] La prossima volta chiami anche un cardiologo. I suoi trucchi sono da infarto." Robert Hoffmann "- Quel tipo ha il rasoio facile. - Sa' una cosa? La mia passione è la pesca, e perciò mi serve un'esca particolare per un pesce eccezionale. E la mia esca è proprio lei." Robert Hoffmann e George Martin "- Beh, almeno ho guadagnato questa. Credi che mi servirà ancora? - Se pensi di andare ai prossimi funerali, sì. Qui i morti non si contano più." Susan Scott e Robert Hoffmann "Tutta la sua vita è stata un inganno. La realtà mi ha baciato gli occhi per caso." Anuska Borova

  • Ryuji (1983) | Kaneko è Morto, Lunga Vita a Kaneko!

    Regia: Toru Kawashima Sceneggiatura: Shoji Kaneko (aka Akio Suzuki) Produttore: Toru Kawashima (aka Tadatoshi Oishi) Casa di produzione: Production Ryuji, Toei Central Films Distribuzione: Toei Central Films Fotografia: Michihiko Kawagoe --- Data di rilascio: 29 ottobre 1983 Introduzione al regista Ammiratore dei ninkyo eiga e della yakuza, abbandonò la scuola superiore dopo due anni e nel 1972 si trasferì a Tokyo per frequentare le discoteche nei quartieri più sbandati della metropoli (tra Shinjuku e il celeberrimo quartiere a luci rosse Kabukicho), yakuza inclusa. Iscritto alla sezione di recitazione della Harajuku School, nel 1974 conobbe il drammaturgo Eiichi Uchida e si unì alla compagnia underground "Tokyo That Man" fino al calo drastico della popolarità: fu così che nel 1980 ebbe l'idea di mettersi a lavorare nel cinema. Proprio nell'ultimo giorno di lavoro della compagnia teatrale clandestina, tossì talmente tanto sangue che fu ricoverato in ospedale... e gli venne diagnosticato un cancro allo stomaco in fase terminale. Così lavorò attivamente al sogno della sua vita: il poter girare un film del genere per la Toei. Una volta accorso alla prima del film in un teatro di Shinjuku, subito dopo la conclusione si accasciò a terra di fronte all'ingresso. Portato con urgenza in ospedale, il 6 novembre 1983 (otto giorni dopo la prima del film), passò a miglior vita all'età di 33 anni per una peritonite allo stomaco. Lo aveva assistito il leggendario Yusaku Matsuda, che sfortunatamente passò a miglior vita anche lui sei anni dopo, nello stesso giorno di Kaneko... La realizzazione del film Considerando che l'idea giunse in un momento dove gli yakuza eiga erano letteralmente spariti dalla circolazione, Kaneko non demorse: decise di avventurarsi in proprio e aprire una casa indipendente. Avvicinatosi di nuovo ai suoi ex-compagni di teatro, avvertì un amico che conobbe quando frequentava la scuola ad Harajuku: Toru Kawashima, che usò il suo nome d'arte Tadatoshi Oishi per produrre il film. Stessa tattica ripresa da Kaneko, che scrisse la sceneggiatura con lo pseudonimo di "Akio Suzuki" nell'autunno del 1982. Una volta raggruppato il tutto, anche i fondi non tardarono ad arrivare: 30 milioni di yen dalle sue finanze personali e da quelle dei suoi genitori, amici inclusi. Il film stesso fu girato da un altro regista, ma Kawashima non fu contento del risultato e scelse lui di divenire regista, ricominciando da capo la maggior parte dell'opera. Nel cast è presente anche la vera figlia di Kaneko, tale Momo Kaneko, che oggi lavora come conduttrice radiofonica e narratrice. Trama Ryuji Hanashiro (Shoji Kaneko) è un malavitoso che non ha intenzione di salire di livello nella yakuza: gestisce una bisca clandestina ed ha una moglie ed una figlia che vivono lontano da Tokyo per via dei suoi loschi affari. Finito al fresco per via di un'aggressione, comincia ad essere stanco della sua vita e si ricongiunge con sua moglie (Eiko Nagashima). Esce definitivamente dal giro e si accorge che è più difficile del previsto... In conclusione... Dimostrazione chiarissima di come si possono girare yakuza eiga, senza spargere per forza litri di sangue. Nonostante la lentezza della trama, con una buona dose di pazienza si può apprezzare il retrogusto dello slice of life del protagonista: da una testa calda in cerca di guai a genuino lavoratore che fatica ad accettare di avere lasciato quel mondo... il tutto con una fotografia che ci regala dei controluce e delle notti bluastre alla Melville, atte a raccontare che una metropoli come Tokyo, se vista da vicino, può nascondere cose davvero taglienti. Montaggio sorprendente anch'esso, con alcune transizioni brillanti (nel senso che passiamo da una scena all'altra con una luce bianca) e longevi piani sequenza alla Hsiao-Hsien che incamerano il duro viaggio del protagonista: caratterizzato con una precisione talmente psicologica che fa' di Kaneko un medico mancato. La musica completa il tutto, sfruttata in momenti dove Kaneko rimpiange il suo passato e comincia la sua nuova vita in una città completamente diversa. Assicuratevi di tenere bene a mente alcune parole dette nel film, ormai divenute citazioni. Nel complesso, sul piano del genere yakuza non offre nulla di nuovo, ma è nella transizione realistica del protagonista che ha fatto davvero la differenza. Speriamo in una distribuzione in blu-ray qui in Europa. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Riscatto di una Regina (A Queen's Ransom, 1976)

    Regia: Ting Shan-Hsi Sceneggiatura: Ting Shan-Hsi Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest Coreografie: Luk Chuen Fotografia: Chris Chen Montaggio: Peter Cheung Musiche: Stanley Chow --- Data di rilascio: 16 settembre 1976 Incasso: 553.290 dollari (65.031 euro) Considerabile un veterano del cinema taiwanese, durante la sua carriera ha diretto più di 58 pellicole e per ben 75 volte scrisse la sceneggiatura o dei suoi films, oppure per altri suoi colleghi. Esordisce come sceneggiatore che come attore ed assistente alla regia (prima e unica volta) nel cult Shaw di "Come Drink With Me" (1966) a Hong Kong; alla regia con il film di arti marziali "Like Father, Like Son" nel 1968, scrivendone anche la sceneggiatura. Venne assunto alla Golden Harvest per via del successo avuto a Taiwan di un suo kolossal del 1974, "Everlasting Glory". Abbandona la sedia da regista nel 1993 con l'horror wuxia di "The Beheaded 1000". Lascia definitivamente il mondo del cinema nel 1999 con il wuxiapian di "Yeung Yuet Lau Story". Passa a miglior vita nel 2009, all'età di 74 anni, a causa di un cancro al fegato e ai polmoni. Durante la visita della regina a Hong Kong, un gruppo di terroristi internazionali architetta il colpo del secolo: rubare dei diamanti ai reali di Cambogia. La polizia decide di mandare sotto copertura alcuni agenti come "Ducky" (Dean Shek Tin) e un suo omologo (Charles Heung) da ambedue le parti. Quest'ultimo userà come esca la spogliarellista Jenny (Tanny Tien Ni) per arrivare ai terroristi, che stanno progettando anche di assassinare la regina... Guazzabuglio spionistico/poliziesco/gongfupian riuscito alla bell'è meglio, che non ha paura di dirci che aveva a disposizione un blando budget. Gran peccato per il finale sbrigativo e per le caratterizzazioni malriuscite dei personaggi, nonostante il cast capace di mettere in euforia gli appassionati del cinema hongkongese... ma rimane interessante per il quantitativo di comparse usate durante il film, soprattutto nella polizia. Fotografia che usa frequentemente gli scorci da cartolina della penisola e dei primi piani sui volti dei protagonisti, accompagnata da un montaggio discreto che nel finale viene letteralmente tagliato con l'accetta; anche la musica emerge appena dal discreto, ma rende bene l'idea della tensione al suo apogeo... con entrambi i fronti occupati, sia con la regina che con i terroristi. Lazenby in ottima forma, così come Jimmy Wang Yu e Bolo Yeung; colpo di scena memorabile con Dean, che ad insaputa di Heung è anche lui un agente dei servizi; Angela Mao Ying notevole per il suo insolito ruolo, come principessa della Cambogia capace di tirare senza problemi dei cazzotti a qualunque assalitore. C'è bisogno di spiegare come lei, assieme a Tien, rubano i riflettori? Travagliato il concetto, ma indimenticabile nella sua esecuzione a scatti. Trattasi anche dell'ultimo film della casa a cui prese parte Lazenby... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Lunga Oscurità (Shinobugawa, 1972)

    Regia: Kei Kumai Soggetto: Tetsuo Miura Sceneggiatura: Keiji Hasebe, Kei Kumai Produttore: Masayuki Sato, Hideyuki Shiino Casa di produzione: Haiyuza, Toho Fotografia: Kiyomi Kuroda Montaggio: Hiroshi Inoue, Mitsuyo Tanji Musiche: Teizo Matsumura Trucco: Shizue Inoue --- Data di rilascio in Giappone: 25 maggio 1972 Data di rilascio in Italia: 1976 (Giffoni Film Festival) Leggenda quasi sconosciuta al di fuori del Giappone, che fortunatamente ebbe il suo momento di notorietà in Italia nel 1989 al Festival di Venezia: riuscì a vincere un Leone d'Argento per il suo "Morte di un Maestro del Tè". Ma riassumendo il tutto in modo più ordinato, dopo avere studiato letteratura all'Università Shinshu, si mette a lavorare come assistente alla regia: esordisce come regista nel 1964 con "The Long Death". L'anno seguente divenne noto a livello nazionale per il thriller di "A Chain of Islands", vincendo il premio di "miglior nuovo regista" dall'omonima Gilda. Nel 1974 decolla a livello mondiale per il dramma di "Sandakan No.8", dove in Cina fu uno dei primi films stranieri distribuiti dopo la conclusione della Rivoluzione Culturale: solo a Pechino incassò la cifra di 3,5 milioni di yuan (2,08 milioni di dollari); Akira Kurosawa lo inserì tra i suoi 100 films preferiti. Lascia definitivamente il mondo del cinema nel 2002 con il jidaigeki di "Il Mare e l'Amore", tratto dalla sceneggiatura postuma dello stesso Kurosawa. Passa a miglior vita nel 2007, all'età di 76 anni. Uno studente di nome Tetsuro (Go Kato), incontra per puro caso al bar una cameriera di nome Shino (Komaki Kurihara) ed è subito amore. Entrambi si raccontano le loro storie a vicenda, lui trafitto dalle morti insolite della sua famiglia, lei nata in un bordello... una volta che Tetsuro scopre che Shino è destinata come futura sposa a un rivenditore di auto, lui coglie l'occasione per portarsela appresso. Due ore per nulla pesanti. Anzi, mi hanno alleggerito parecchio con il tema, trattato con estrema delicatezza da ambedue le parti e senza sfociare nella banalità. Elegantemente fotografato sia nelle locations che nelle sequenze più calde, colmo di citazioni esemplari ad altri maestri del tema come Lelouch ed Oshima: anche nel montaggio vi sono chicche come i testi che rimandano ai films muti, dove il nostro protagonista narra il tutto in prima persona e prende spunto da uno di essi; si segnalano numerosi flashbacks e delle notevoli transizioni con tanto di voci fuori campo. Unisce il tutto la gradevole musica di Teizo, anch'essa capace di riscaldare il nostro animo: come l'interpretazione del duo Kato-Kurihara, dove la loro tristezza ha lasciato posto alla felicità più luminosa in circolazione. Consigliatissima la visione a coppie appena formate ed a sposi novelli, poiché quando il destino entra in azione vi è ben poco da fare. Spero che un giorno gli addetti alla Tucker Film osservino la mia recensione... potrebbero ricavarci un bel Blu-Ray, oppure una splendida uscita nelle sale in Italia del film. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Smagliatura (La Faille, 1975)

    Regia: Peter Fleischmann Soggetto: Antonis Samarakis Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Martin Walser, Peter Fleischmann Produttore: Véra Belmont, Raymond Danon, Alberto Dionisi, Jacques Dorfmann, Peter Fleischmann, Michel Piccoli, Alain Coiffier (esecutivo), Jean-Loup Puzenat (esecutivo) Casa di produzione: Belstar Productions, Films 66, Lira Films, Hallelujah Films, Maran Films, Explorer Film '58, Société du Film Distribuzione: Gaumont, Gold Film Fotografia: Luciano Tovoli Montaggio: Claudine Bouché Musiche: Ennio Morricone Costumi: Dionysis Fotopoulos Trucco: Stella Votsou --- Data di rilascio in Francia: 18 giugno 1975 Data di rilascio in Italia: 10 ottobre 1975 Ex-studente alla DIFF di Monaco e alla IDHEC di Parigi, divenne amico di Jean-Claude Carrière e si dilettò assieme a lui nello scrivere sceneggiature. In seguito assistente alla regia ed esordisce come regista nel 1963 in cortometraggi e films per bambini. Sul finire del decennio dirige il suo primo film integrale, che già all'epoca fece molto parlare di sé: "Scene di Caccia in Bassa Baviera" (1969), che ha come protagonista un meccanico sospettato dai suoi compaesani di essere omosessuale. Fondò anche una sua casa cinematografica, assieme a Volker Schlondorff, intitolata "Hallelujah-Film". Come nella Nouvelle Vague, Peter divenne parte integrante del Neuer Deutscher Film a cavallo tra gli anni '60 e '70. Sul concludersi degli anni '70, diresse "Die Hamburger Syndrome", che come noi sappiamo bene fu riscoperto durante la pandemia. Noto per avere girato numerosi documentari e per essere stato un membro fondante della Deutsche Filmakademie nel 2003, i suoi films si riconoscono per come gli apparenti antagonisti diventino i veri buoni. Passa a miglior vita all'età di 84 anni, a causa di una letale caduta. Georgis (Ugo Tognazzi) viene tratto in arresto dalla polizia: è accusato di essere parte di un movimento ai danni della nazione. Un investigatore (Michel Piccoli) e il suo capo (Mario Adorf) lo scortano ad Atene, ma durante il viaggio rimangono in panne con l'auto e decidono di andare a cercare aiuto in una località balneare nelle vicinanze. Decidono di fermarsi per una notte e Georgis prova a corrompere l'investigatore più volte, senza avere successo... una volta riuscito nel suo intento, si scatenerà una caccia all'uomo nei suoi confronti. Noir politico, sempre più attuale, incentrato sulla dittatura dei colonnelli in Grecia. Magnificamente fotografato anche nelle locations da cartolina e ben montato con dei lunghi piani sequenza che ci danno l'idea di come si viveva in una dittatura dove soffocava qualsiasi dissenso... incornicia il tutto la strepitosa musica di Morricone, che ci illustra l'incombente baratro per il protagonista e per altri suoi simili in quel mondo. Tognazzi credibile nella parte dell'invisibile rivoluzionario, che nonostante la serietà del ruolo ci sgancia qualche sorriso. Piccoli immenso nel dimostrare empatia ed umanità nei confronti di Tognazzi (ed ahimè incatenato al marcio potere), rispetto alla freddezza di Adorf. Credo che sia anche giunto il momento di esplorare il cinema tedesco, assieme alle sue opere dissepolte come quest'ultima... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Quando una caffetteria divenne il principale punto d'incontro per i dissidenti giapponesi degli anni '30

    Nata nel 1934, all'epoca divenne uno dei punti caldi per manifestare in segretezza il proprio dissenso nei confronti del sempre più diffuso militarismo nel Sol Levante. Il fondatore Shoichi Tateno (1908-1995) aspirava a divenire un pittore, ma alla fine abbandonò la scuola d'arte e si dedicò a tempo pieno nel sostenere gli attivisti del movimento operaio di Kyoto. Ebbe così l'idea di aprire la caffetteria in questione, con l'intento di mettere assieme l'arte e il socialismo: non a caso scelse di nominare il locale in "Salon de thé François", volto ad omaggiare il pittore francese Jean-François Millet, uno dei maggiori esponenti del realismo. Immediatamente divenne uno dei punti d'incontro più amati della città, tanto che i suoi ricavi vennero donati in gran segreto al Partito Comunista Giapponese... ed a partire da luglio del 1936 la caffetteria divenne la sede del quotidiano "Doyobi" (土曜日, Sabato), fondato da un docente universitario dell'Università Imperiale di Kyoto (Masakazu Nakai) e da un attore della Shochiku (Raitaro Saito). Distribuito due volte al mese sia a Kyoto che ad Osaka, tirava all'incirca 8.000 copie. Ma una volta che l'impero entrò in guerra con la Cina a luglio dell'anno seguente, il sig. Tateno fu arrestato per il suo attivismo contro la guerra: finirono in manette anche Saito e Nakai, tre mesi dopo. Rushiko Sato, la moglie di Tateno, gestì il locale durante la sua permanenza dietro alle sbarre a Yamashina. Una volta rilasciato, il sig. Tateno decise di rinnovare il suo locale nel 1941, acquistando una palazzina di fronte alla caffetteria. Alessandro Bencivenni, un suo amico e anche lui accademico all'Università di Kyoto, si ispirò agli interni delle navi da crociera di lusso dell'epoca: anche alcune colonne ripiegarono sullo stile del Rinascimento. Un altro suo amico, Shiro Takagi, si occupò delle vetrate a colori e dipinse alcuni murali. Ma quando il conflitto si espanse a Pearl Harbour a dicembre, la caffetteria fu rinominata "Miyako Sabo" (都茶房, Sala da thè di Kyoto) a causa del divieto legislativo di usare parole nemiche. Quando nel settembre del 1943 l'Italia firmò l'armistizio con gli Alleati, le autorità giapponesi richiesero a Bencivenni di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò. Egli si rifiutò e venne internato assieme a Fosco Maraini (anche lui presente a Kyoto, all'epoca) per due anni nel campo di Nagoya. Anche il sig. Tateno ebbe notevoli difficoltà nel continuare a lavorare nel suo locale, tant'è che fu costretto a servire tazze di thè verde e chips di banana essiccata come blandi spuntini... fino a chiudere la sua attività nel tardo 1944 per via della carenza di cibo sempre più soffocante. Terminata la guerra, la caffetteria riapre i battenti nel 1947: assieme a lei, il sig. Tateno decise di aprire una libreria in un vecchio negozio sul lato sud del quartiere. Denominata "Millet Shobo" (ミレー書房), ebbe il prestigioso onore di rivendere libri stranieri e di filosofia, difficilmente reperibili nel secondo dopoguerra. In seguito, il responsabile della libreria divenne indipendente e si separò dalla caffetteria, divenendo a sua volta una sala da thè, cambiando il nome in "Sangatsu Shobo" (三月書房). L'Agenzia Giapponese per gli Affari Culturali, nel 2002, assegnò alla caffetteria il titolo di bene culturale materiale a livello nazionale. Tutt'oggi, il locale è gestito dai tre figli del sig. Tateno. Ci auguriamo che nei suoi ottant'anni di attività, appena compiuti, la caffetteria continui ad essere uno dei punti dove le idee possano circolare in assoluta libertà... in eterna memoria di Tateno.

  • Assassini in Calzamaglia Nera (Ore ni Sawaru to Abunaize, 1966)

    Regia: Yasuharu Hasebe Soggetto: Michio Tsuzuki Sceneggiatura: Ryuzo Nakanishi Casa di produzione: Nikkatsu Distribuzione: Nikkatsu Fotografia: Kazue Nagatsuka Montaggio: Akira Suzuki Musiche: Naozumi Yamamoto --- Data di rilascio in Giappone: 12 febbraio 1966 Data di rilascio in Italia: aprile 2005 (Udine Far East Film Festival) E si ritorna a parlare di Hasebe, qui al suo esordio come regista. A prima vista uno dei capisaldi della pop-art nipponica, girati sulla scia di quelli targati Seijun: curiosamente il protagonista Akira Kobayashi si ritrova a vagabondare per raccogliere ulteriori prove, nello stesso modo di Tetsuya Watari nel "Tokyo Drifter" di Seijun... non è un caso se il film di quest'ultimo uscì nelle sale a un mese di distanza (10 aprile). Un fotografo militare, nel ritornare verso casa, si innamora di una hostess (Chieko Matsubara): la porta in un night club e viene rapita da una gang, non senza prima che lui assista all'esecuzione del loro capo Lopez, effettuata da un gruppo di donne in calzamaglia. Deciso ad investigare per conto suo, venendo a sua volta rapito dagli scagnozzi di Lopez e dalle ragazze, scoprirà che entrambi sono alla ricerca di un tesoro... Spionistico visto dalla lente di un caleidoscopio. Ammirevole la citazione al "Goldfinger" di due anni prima, interminabili le scene d'azione dal guardaroba che urgentemente merita una riscoperta ai nostri tempi. La trama inizia già a decollare nei primi minuti, accompagnata da delle magnifiche transizioni colme di colori vivacissimi su set cangianti. Se elenco cosa ho notato nella fotografia, nel montaggio e nelle musiche, finirei la recensione domattina: riassumo il tutto con un guazzabuglio kafkiano dove dominano colori che raggiungono i livelli della Nouvelle Vague e personaggi fumettistici. Akira sempre affidabile nel suo essere il bell'eroe spigliato di turno, qui più in forma che mai assieme a Chieko, capace di rubare i riflettori senza nemmeno faticare più di tanto: nel "Dragone di Macao" di un anno prima, dimostrò che poteva essere una bond girl; carismatica, ingenué e capace di farsi rispettare. Ho già detto che Hasebe continua a stupirmi, nonostante si sia dato ai pinku eiga dopo il declino della Nikkatsu? Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Corri: Non Camminare (Run: Don't Walk, 1989)

    Regia: Wang Chung Sceneggiatura: Sam Kwok-Wing Produttore: Dennis Yu Casa di produzione: Big Bright Investment LTD Coreografie: Tony Leung Siu-Hung Fotografia: Abdul M. Rumjahn, Andy Lam Montaggio: Kwok Ting-Hung Musiche: Raymond Wong Trucco: Wan Yuk-Jan --- Data di rilascio: 25 agosto 1989 Incasso: 2,887,504 dollari (339.169 euro) Ultimo film diretto dal noto caratterista Wang Chung, sfortunatamente passato a miglior vita due anni prima. Anche lui scoperto dal leggendario Chang Cheh nel 1968 e grazie al suo ruolo di ispettore in un suo film nel 1973, co-diretto assieme a Ulysses Au-Yeung, ebbe il definitivo decollo della sua carriera come agente di polizia. Da allora si diletterà non solo a recitare, ma anche a girare con la cinepresa all'inizio del prossimo decennio: "The Informer" del 1980. Seguiranno altri cult pesanti come "Mobfix Patrol" e "Murderer Pursues" nel 1981, per poi lasciare definitivamente la Shaw e mettersi con altre case come la Cinema City. Lascia definitivamente il mondo del cinema nel 2011, con il ruolo dello zio Choi in "Let's Go!". Luk Pui (Ti Lung) è stato appena scarcerato: immediatamente gli occhi del sergente Leung (Kent Cheng) sono su di lui. Giunto in banca, viene preso in ostaggio da Ng Sing-Choi (Richard Ng) ed entrambi riescono a fuggire. Braccati dalla polizia, dovranno proteggere la figlia di Ng e vedersela con la triade dove militava Pui... Versione hongkongese di quei due fuggitivi francesi, girata davvero bene e non scivola mai nel plagio. Raggiunge senza problemi i livelli di Veber nelle interpretazioni degli attori principali, primo fra tutti Ti Lung che raccoglie l'esperienza del domani migliore e la riassimila in un modo più edulcorato... assieme alla sua ragazza Shirley Lui, che inizialmente lo respinge e poi si lascia trascinare dagli eventi. Richard Ng come Sordi, capacissimo di svolgere ruoli seri. Montaggio esemplare e molto scorrevole, che non appesantisce il film; fotografia che si focalizza frequentemente sui colori accesi e sui colori spenti della notte. Musiche funky che si amalgamano per bene al triad movie misto a poliziesco, quale è la pellicola. Onestamente, mi aspettavo di peggio: ma alla fine è stata una notevole sorpresa! Anche se è un po' tardi per dirlo: dovunque Wang egli sia, assieme a Richard, pace all'anima sua. Artigiani senza paura del grande schermo. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

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