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117 risultati trovati con una ricerca vuota

  • Caro Papà (1979) | Anatomia di un Figlio Ribelle in una Polveriera Borghese

    Regia: Dino Risi Soggetto: Bernardino Zapponi, Marco Risi, Dino Risi Sceneggiatura: Marco Risi, Bernardino Zapponi, Dino Risi Produttore: Pio Angeletti, Adriano De Micheli Casa di produzione: Dean Film, Agence Meditérranéenne de Location de Films, Films Prospect Paese di produzione: Italia, Francia, Canada Distribuzione: Produzioni Intercontinentali Cinematografiche (P.I.C.) Fotografia: Tonino Delli Colli Montaggio: Alberto Galliti Musiche: Manuel De Sica Scenografia: Luciano Ricceri Costumi: Danda Ortona --- Data di rilascio: 11 aprile 1979 Finalmente ho l'onore di trattare uno dei maestri della commedia all'italiana, qui nel suo periodo serio. Laureato in medicina e chirurgia a Milano, decide di intraprendere la carriera di cineasta, iniziando a lavorare come aiuto regista per il neorealismo di Alberto Lattuada e Mario Soldati. Una volta accumulata l'esperienza, nel 1946 gira il suo primo cortometraggio di " Barboni ", dedicato alla disoccupazione nella città meneghina ancora in macerie a causa della guerra. Il suo " Buio in Sala " (1950) fu l'opera che catturò l'attenzione del produttore Carlo Ponti, che dopo avere acquistato il suo corto a 2.000.000 di Lire (1.032 euro) andò a vivere a Roma. Esordisce sul grande schermo con la commedia di " Vacanze col Gangster " (1951), lanciando la carriera dell'allora 12enne Mario Girotti... tutt'oggi Terence Hill. Abilissimo regista che rese nota la nostra commedia in tutto il mondo grazie al maresciallo Carotenuto (Vittorio de Sica) in " Pane, Amore e... " (1955) e anche Vittorio Gassmann nel suo " Il Mattatore " (1960), riuscì ad immortalare gli attimi più fondamentali della società italiana sul finire del Novecento. Nel suo famosissimo " Il Sorpasso " (1962) crea il sottogenere dei road movies e rinnova il genere della commedia, privandolo del suo lieto fine. Candidato a due Oscar per la migliore sceneggiatura non originale e per il miglior film straniero nel thriller psicologico di " Profumo di Donna " (1974), si ritira definitivamente nel 1996 con " Giovani e Belli ". Passa a miglior vita il 7 giugno del 2008 al residence Aldrovandi di Roma, all'età di 91 anni, per via di un'eutanasia voluta da lui stesso. Albino Millozzi (Vittorio Gassmann) è un uomo d'affari che in passato aveva combattuto per la Resistenza italiana, che si ritrova ad avere una famiglia a pezzi: sua moglie Giulia (Andrèe Lachapelle) che minaccia di togliersi la vita, sua figlia Costanza (Adriana Falco, non accreditata) in una comunità per recupero di tossicodipendenti e suo figlio Marco (Stefano Madia) attivista affiliato a un gruppo terrorista di estrema sinistra. Si ritroverà in guai seri quando a seguito di un soggiorno nella sua seconda casa a Roma vedrà una nota scritta nell'ultima pagina del diario di Marco, dove un certo P. verrà assassinato il giorno 12... il giorno in cui Albino si ritroverà in Canada per lavoro. Segnalato da vari siti come una "commedia", oppure come "drammatico", personalmente lo considero un thriller politico di modesta manifattura. Stefano cerca di essere sé stesso ed accetta gli ideali di sinistra, sperando in un cambiamento... che cercava anche Vittorio nel dopoguerra, ma nessuno poteva prevedere che il piombo avrebbe preso il controllo degli anni '70. Ci saranno siparietti comici come la rapina in banca dove Vittorio osserva il magnifico soffitto di essa, sdraiato a terra; ma la tensione e l'insicurezza non lasceranno perdere il film, che fotografa uno Stivale alla deriva sociale, colmo di ostilità politiche da ambedue i lati. Fotografia intrisa di colori che si avvale anche di catturare il grigio sporco delle metropoli come Montréal e Roma, sia di giorno che di sera; montato discretamente e completa il tutto la colonna sonora pop-rock di Manuel De Sica. Inevitabile il dualismo tra padre e figlio, ma inaccettabile la violenza. Vittorio e Risi stupendi nell'incamerare la società italiana, divisa, al termine dei roventi anni di piombo. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Un Troll allo Specchio

    Si è fatta sera. Alla scrivania è seduto il tipico millennial, rintanato dentro casa propria, ormai divenuta un rifugio impenetrabile per sfuggire ai continui fallimenti avuti nella vita reale. Accanto alla scrivania stava usando il suo unico compagno di mille avventure infami, insudiciato dai residui di cibo mangiati durante le sue scorribande, una tastiera ingiallita dalle ore contate del tempo. Sul monitor, perennemente impolverato, veniva proiettato negli occhi del millennial una sua ennesima discussione intrisa di fiamme per i suoi toni usati nei confronti di chi contestava le sue sentenze, sparate come fuochi d'artificio anche all'interno delle palpebre di chi non voleva interagire nelle sue polemiche a vuoto. Il vuoto e l'odio che emergeva dalle sue parole allo schermo risuonavano come petardi nelle orecchie, silenziose, degli altri utenti malcapitati. Una volta che gli utenti hanno circoscritto i suoi conati di vomito nei confronti di chi la pensava diversamente dalla sua limitata capacità di pensiero, inizia a perdere le staffe e colpisce violentemente il suo ormai deformato mouse sul suo tappetino sbiadito, distruggendolo definitivamente in numerosi pezzi. A seguito del colpo di grazia al mouse, sul monitor appare una finestra che recita "sei stato bannato", non più una sorpresa per il ragazzo: da onnipotente a impotente è sempre stata una parte integrante della sua vita sin da quando si è gettato a capofitto in un buco nero quale è Internet. Una volta capito che non vi era più nulla da fare per continuare a spargere odio e arroganza in tale piattaforma, si alza faticosamente dalla sua sedia grigia, circondata da oggetti e cianfrusaglie dei suoi precedenti spuntini mentre si divertiva a calunniare, tali da offuscare il pavimento dove costui faticava a farsi spazio per lasciare il suo spazio angusto. Giunto in bagno, si avvicina con il volto infuriato allo specchio, ricoperto di schizzi e polvere. Il ragazzo che conosceva anni prima era svanito sotto ai suoi occhi, ormai rimpiazzati da occhiaie doloranti: da quegli occhi spenti intravedeva la sua barba incolta ed una pancia che faticava a tenere all'interno dei suoi pantaloni, scuciti e anch'essi sbiaditi dal tempo. Il godimento che provava a seminare odio in qualsiasi piattaforma a lui conosciuta, in breve tempo, è stato sostituito da un pianto dolorante. Durante il pianto, si vide passare la sua vita allo specchio e si dispera ancora di più, chiedendosi il perché si sia ridotto così. All'improvviso, nell'oscurità del bagno, appare allo specchio una figura a lui sconosciuta: il ragazzo si spaventa così tanto che la sua pelle per un attimo si è tramutata in un bianco cadaverico... La figura gli esclama, in maniera del tutto calma, che "dovevi pensarci molto cautamente, prima di inserirti in una giungla così selvaggia come Internet... è così veloce, ma può causare tanto male anche a chi è veterano", accanto al ragazzo ripresosi dal rocambolesco spavento di poco prima. Egli si pronuncia alla figura, chiedendogli "chi sei?". La figura rispose "sono un defunto ormai, ed esattamente come te mi sono addentrato in quel mondo accessibile a tutte le età... mi sono tolto la vita per via dei bulli, che non si sono fatti alcuno scrupolo a perseguitarmi fino all'ultimo giorno della mia esistenza", nel completo stupore misto a lacrime del ragazzo. Il ragazzo, impaurito, chiede "perché sei apparso proprio ora?". La figura, addolorata, rispose "per dirti di mettere definitivamente in soffitta questo tuo attaccamento malsano a Internet" in modo neutrale. Continuò, esclamando "se vuoi salvarti dalle fauci affamate del web, ti consiglio vivamente di uscire da casa, respirando dell'aria reale e incrociando persone reali... non degli avatar". Il ragazzo, confuso e ancora impaurito, chiese alla figura "come farò a recuperare tutti questi anni, persi davanti allo schermo?". La figura gli diede la risposta definitiva, esclamando "cancellandoti per sempre da Internet e da qualsiasi piattaforma collegata ad esso, cominciando a ripulire la tua cameretta ed a trovarti un impiego serio"... concludendo che "sappi che da questo istante in poi, non ci rivedremo mai più... ma almeno sarò contento di averti trascinato fuori da questa infinita spirale che risucchia la linfa vitale di milioni di persone". Il ragazzo continuò a versare lacrime, ma questa volta tramutate in lacrime liberatorie, atte a reclamare che dopo la tempesta il sole sorgerà più sfavillante di prima. In mezzo al turbine di emozioni, il ragazzo chiese alla figura come si chiamasse e fece in tempo a farsi dire da essa che "cercalo tra i fatti di cronaca nera di un giorno prima e capirai come il cyberbullismo sia una piaga da contrastare con ogni mezzo", prima che sparisse del tutto allo specchio malridotto. Una volta liberato il tutto dai suoi occhi stanchi, il ragazzo uscì dal bagno e recuperò il suo telefono, digitando il numero di sua madre che non sentiva da tempo. Nel mentre, liberava la scrivania dal monitor e dalla tastiera, gettandoli nel cassonetto vicino a casa sua... promettendo a sé stesso di ritornare sui suoi passi. Dall'alto, la figura sorrise e si dileguò nella chiarezza del cielo, anch'esso soddisfatto che un'altra persona si sia liberata dalle catene invisibili di Internet. --- E anche a coloro che sono giunti al termine di questa breve storia, ricordatevi che la vita è molto preziosa: vivetela bene fino al massimo della vostra quotidianità, poiché la giovinezza non tornerà mai più indietro.

  • Un Sincero Ringraziamento ai Seguaci di Dejima!

    Cari colleghi e seguaci della nostrana isola virtuale di Dejima, l'anno che tutt'ora sta volgendo al termine è stato impegnativo per tutti noi. Abbiamo assistito alla scoperta di nuovi autori da inserire nel repertorio cinematografico e storico dell'isola, assieme alla sua creazione per essere un luogo dove ognuno è libero di esprimersi liberamente, senza venire giudicato per le sue idee e per i propri pensieri da infiniti cortei di etichettatori seriali, il quale loro unico scopo è rovinare le giornate di anime felici come noi. L'obiettivo di Dejima è fare da ponte tra due culture millenarie, entrambe abbracciate da due mari e culle di persone passate alla storia ed in attesa di essere recuperate da menti affamate di sapere come le nostre, capaci di valicare ogni forma di ignoranza. L'ignoranza teme il sapere. E il sapere accende la luce di ogni mente buia. Il mio lavoro è proprio ciò. Illustrare autori dimenticati dalla polvere dell'indifferenza, ricordare fatti che nessuno vorrebbe ricordare, navigare in correnti d'acqua opposte su una barca trasportata dal vento del sapere, vestire a colori in un mondo monocromatico, vedere cose invisibili in un mondo dominato dal materialismo... vivere la vita con occhi diversi. Ed è grazie a voi che tutto ciò ha avuto luogo in quest'isola virtuale. Voi siete e sarete i tramandatori del mio onesto lavoro per altre generazioni, che come il sottoscritto si batteranno per difendere il mio sapere dalle mani sbagliate. Nessuno di noi e molti altri non cederanno di un singolo passo alla sempre più schiacciante propaganda dei mass media, intenta a farci credere che la loro mediocrità sia meglio dei nostri pensieri profondi che toccano i cuori di altre persone che non hanno ceduto alle loro filastrocche. Nessuno sarà capace di scardinare il nostro sapere, se sappiamo difenderci. Non poserò mai la mia corazza, nemmeno voi. La bassezza dei media si fonda proprio sul colpire i nostri punti deboli, come la nostra mente. La cosiddetta guerra psicologica. Salutiamo così questo 2024, che è stato pesante sia per noi che per il sottoscritto, ma colmo di nuove persone che sono entrate nella nostra vita e ci hanno irrobustito nel combattere per un nuovo domani. Di nuovo grazie a tutti voi che durante quest'anno ci hanno supportato in ogni modo possibile, dalla semplice lettura dei nostri articoli al passaparola. Siete voi la forza trainante di questa minuscola isola in un mare di speranza. E io cercherò di essere la quercia di quest'isola. TetsuyaHondo02, co-fondatore del Sottobosco e dell'isola di Dejima Orgogliosamente al servizio della cultura!

  • Poliziotti Pericolosi (Abunai Deka, 1987)

    Regia: Yasuharu Hasebe Sceneggiatura: Hiroshi Kashiwabara, Toshimichi Ohkawa Produttore: Norio Hatsukawa, Kei Ijichi Casa di produzione: Toei, Nippon Television Network Corporation Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Toei Fotografia: Shinsaku Himeda Montaggio: Shinji Yamada Musiche: Kenzou Shiguma --- Data di rilascio: 12 dicembre 1987 E si ritorna a parlare di Hasebe, qui prima della sua dipartita nel cinema in videocassetta della Toei . Dopo l'enorme successo della serie dei "Poliziotti Pericolosi" (1986-87), che ha lanciato definitivamente la carriera del duo Hiroshi Tachi-Kyohei Shibata (oltre alla giovane Atsuko Asano), nel primo film del franchise lancia anche sua figlia: Kanae Hasebe . Un medico viene trovato morto all'interno del suo studio ai laboratori farmaceutici della Nakamitsu, dove è stata anche rubata una ricerca sul cancro esclusiva della casa. Subito i due detectives Takayama (Tachi) e Yuji (Shibata) vengono chiamati ad investigare sul caso, ma vengono sopraffatti dalle abilità pirotecniche dell'esecutore dell'omicidio... e il loro superiore li manda a rafforzare la sicurezza dei bagni pubblici, pur di evitare ulteriori problemi nella loro caccia all'assassino. Palese film commerciale che ripropone la formula di successo della serie televisiva, ma qui con una marcia in più sulla colonna sonora (alcuni pezzi sono da antologia del rock, il " Cops and Robbers " di Kahoru Kohiruimaki lo definirei il simbolo della serie) e sull'ilarità delle scene d'azione (il valzer del duo all'entrata della stazione di polizia è da risata garantita). Per il resto è da considerarsi nella media del genere poliziesco, montaggio e fotografia inclusi. Apro una piccola parentesi sui guardaroba dei protagonisti, degni di essere ricreati! Consigliato solo agli appassionati del franchise, per il resto un tentato rifacimento del poliziesco all'americana in stile giapponese. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Quarta Parete (1968)

    Regia: Adriano Bolzoni Soggetto: Marco Masi, Giustino Caporale Sceneggiatura: Adriano Bolzoni, Guy Perol Casa di produzione: Prodi Cinematografica, Radius Productions Paese di produzione: Italia, Francia Distribuzione : Prodi Cinematografica, Indipendenti Regionali Fotografia: Romolo Garroni, Detto Mariano Montaggio: Renato Cinquini Musiche: Don Backy Costumi: Giulia Mafai --- Data di rilascio: 20 agosto 1969 (Milano) Bolzoni inizia la sua carriera come giornalista dal fronte della WW2 (essendo aderente alla Repubblica Sociale Italiana), per poi lavorare nel dopoguerra nelle redazioni de Il Borghese e Il Secolo d'Italia , divenendo così il direttore della rivista Reporter tra il 1959 e il 1960, di grande successo anche per la presenza di Pasolini come critico cinematografico. Già nel 1948 all'interno del mondo della celluloide come sceneggiatore, esordendo nel film avventuroso de " I Contrabbandieri del Mare " di Roberto Bianchi Montero dello stesso anno. Quando avvenne il boom degli spaghetti western, divenne così uno degli sceneggiatori più prolifici del genere, oltre che a lavorare anche nel giallo e nel poliziottesco. Tentò di sfondare come regista per ben quattro volte a cavallo degli anni '60 e '70, ma continuò a sfruttare il suo mestiere di sceneggiatore fino al 1996 nello storico " L'Ombra del Faraone " di produzione italo-egiziana. Scrisse alcuni saggi storico-politici, per poi passare a miglior vita nel 2005 all'età di 85 anni. Marco Baroni (Paolo Turco) è di ritorno a Roma dalla sua famiglia, dopo avere passato quattro anni in Inghilterra per studiare inglese. Una volta arrivato a casa, si ritrova impreparato al cambiamento di suo padre e di sua sorella Marzia (Tery Hare), oltre alla società sessantottina italiana in generale. Turbato dai loro comportamenti privi di vergogna, inizia a sentirsi alienato... Dramma politico/sociale con sfumature di giallo, che ha numerose occasioni per decollare, ma continua a rullare nella pista di decollo dell'aeroporto quale è il film. Ci troviamo dinnanzi all'obitorio del pudore italiano, dove tutto è spudorato anche sotto alla luce del sole. Nessuno prova più vergogna per gli atti spinti nel film, come la relazione extraconiugale del padre di Baroni e gli atteggiamenti osceni di Tery. Backy completa il tutto con una colonna sonora abbastanza fuori luogo, più da western che da dramma. Colpisce la fotografia dai colori intensissimi, nulla di interessante nel montaggio e insipido nella sceneggiatura. Tentativo, riuscito a malapena, di illustrare la fine dei valori tradizionali nell'Italia sessantottina. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Tre Estati (Three Summers, 1992)

    Regia: Lawrence Lau Sceneggiatura: Sylvia Chang, Lawrence Lau, Bill Yip, Cheung Tat-Ming Produttore: Jeng Shui-Chi Casa di produzione: Paka Hill Film Production Co., Central Motion Picture Corporation Fotografia: Jingle Ma Montaggio: Kam Ma, Mei Fung Musiche: Tats Lau Trucco: Kwok Yim-Kwan Originario del Sudafrica, in California studiò produzione cinematografica e iniziò a lavorare a Hong Kong come assistente alla regia per Tsui Hark. Una volta che si è fatto le ossa con la direzione di numerosi episodi di serie televisive come " Faces and Places " e " Islander ", esordisce alla regia con il triad movie di " Gangs " (1988), occupandosi anche del montaggio. Si segnala da HKMDB che è tutt'ora attivo sia da regista che da attore, rispettivamente con " Dealer/Healer " (2017) e nel film collettivo di " Septet ", uscito quattro anni prima in piena pandemia. Il giovane Wai (Tony Leung Chiu-Wai), con un difficile passato alle spalle, ha voluto lasciare la megalopoli asfissiante di Hong Kong per trovare pace nel villaggio di pescatori dove è cresciuto. Nel mentre, sua sorella Nancy (Cheung Pooi-Wa) fa' amicizia con un gruppo di adolescenti che visitano il villaggio ogni estate: hanno sempre qualcosa da raccontare, ed è proprio dai loro racconti che osserverà la vita con occhi diversi... E per la rubrica del "Tony Leung come non l'avete mai visto", questo film è da recuperare per la sua performance da ex-pendolare chiassoso di Hong Kong. Nonostante il suo passato continui ad infestarlo al villaggio, lui non molla e cerca di vivere una vita tranquilla, nonostante gli screzi degli adolescenti sia a casa sua che nei confronti di sua sorella. Fallita la commistione tra la commedia e il coming-of-age drama, la fotografia ci salva dall'insipidità dalla sceneggiatura quasi inesistente: la natura selvaggia dell'isola abbraccia i suoi abitanti con la sua forza incontrastabile, assieme a momenti scioccanti da thriller psicologico che evito di descrivere. Narrato dalla stessa Cheung, vi aiuterà a rilassarvi per il montaggio e per la colonna sonora ridotta all'essenziale, che nel finale sarà cantata da Sylvia Chang. Si può considerare una metafora della vita, vista dagli occhi innocenti della sorella di un ragazzo problematico, anch'esso già abituato alle carezze e alle barbarie della vita stessa. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • [Speciale Natale] Ricerca Selvaggia (Wild Search) - 1989

    Regia: Ringo Lam Sceneggiatura: Nam Yin Produttore: Ringo Lam Produttore Esecutivo: Tony Chow Casa di produzione: Born Top Productions Paese di produzione: Hong Kong, Cina Distribuzione: Silver Medal Presentations Fotografia: Andrew Lau Montaggio: Chow Dung-Lei Musiche: Lowell Lo Trucco: Cho Siu-Fung Costumi: Tong Ping --- Data di rilascio: 3 giugno 1989 Incasso: 15,944,333 dollari (1.920.997 euro) Finalmente ho l'occasione di parlarvi di uno dei registi hongkongesi più conosciuti a livello mondiale, dalla carriera cominciata letteralmente per caso. Inizia a lavorare alle formazioni attoriali della TVB nel 1973, dove conobbe il suo futuro amico Chow Yun-Fat, per poi trasferirsi in Canada per studiare cinema alla York University. Tornato a casa nel 1981, il produttore Karl Maka lo affida al film incompiuto di " Esprit d'Amour " (1983), lasciato a metà da Leung Po-Chi: confessò poi di avere accettato l'incarico per avere qualcosa da mettere sotto i denti. Dopo avere girato il quarto capitolo della saga di " Aces Go Places " nel 1986 come ringraziamento nei confronti di Maka, gira la trilogia che ha rivoluzionato il genere portuale degli "heroic bloodshed": l'ultimo film del 1988 finì dritto nella terza categoria per la violenza rappresentata. Emigra negli USA e gira " Maximum Risk " (1996) con Van Damme, un discreto successo che costrinse Ringo a tornare di nuovo a casa per girare il cult di " Full Alert " (1997), praticamente il primo film proiettato al neonato FEFF di Udine. Ritiratosi dal mondo del cinema dal 2003, dopo una piccola partecipazione al " Triangle " (2007) con Tsui Hark e Johnnie To, ritorna ufficialmente nel 2015 con " Wild City ", fino alla sua morte improvvisa nel sonno avvenuta nel 2018. Padre dell'attore Royce Lam, i suoi films sono più "occidentali" rispetto ai suoi colleghi portuali, sia per le musiche che per i contesti. Il sergente Lau Chun-Pong (Chow Yun-Fat) tenta il raid nell'appartamento della rivenditrice illegale di armi Lee (Elaine Jin), che assieme ad altri compratori scatenano una sparatoria fatale dove Lee e un trafficante giapponese perdono la vita. La figlia di Lee, Ka-Ka (Chan Cheuk-Yan), sopravvive miracolosamente all'agguato e Lau la porta da sua zia Cher (Cherie Chung), per salvargli la vita dalle tracce dei gangsters. Nel mentre, tra Lau e Cher si sviluppa un legame affettivo... Triad movie mascherato da film romantico, che grazie alla miscela esplosiva del pericolo imminente dei trafficanti d'armi e di alcuni intermezzi sorridenti tra Chow e Cherie (che mai aleggiano verso l'imbarazzo), riesce a rendere il tutto indimenticabile. Al posto degli schizzi di sangue, il film se la gioca con il sentimentalismo dei personaggi in pericolo, dove un minimo di umanità si riesce a percepire dal duo Chow-Cherie, intenti a fare da scudo alla innocente Chan. Fotografia più da noir, che da triad movie; montaggio nella norma che da' il meglio nelle veloci scene d'azione; colonna sonora che addolcisce le cruenti immagini al retrogusto di piombo nel film, inclusa la versione in cantonese della famosa luna di Teresa Teng, qui interpretata da Anita Mui. Ecco il perché la "ricerca selvaggia" è la mia "poltrona per due" natalizia. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • I Cavalieri del Rock (Seishun Dendekedekedeke, 1992)

    Regia: Nobuhiko Obayashi Soggetto: Sunao Ashihara Sceneggiatura: Fumio Ishimori Produttore: Hideo Sasai Produttore Esecutivo: Kuniyoshi Kawashima, Kyoko Obayashi Casa di produzione: PSC, Liberty Fox, Galuk Premium Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Toei Fotografia: Kenji Hagiwara Montaggio: Nobuhiko Obayashi Musiche: Joe Hisaishi --- Data di rilascio: 31 ottobre 1992 Ancora una volta si ritorna a parlare di Nobuhiko: inutili le presentazioni. Maestro di vita come pochi, supera ampiamente le prove più ardue dei coming-of-age drama come nella famigerata trilogia di Onomichi. Incluse quelle ambientate nel passato. Lo studente delle superiori Takeyoshi Fujiwara (Yasufumi Hayashi) ascolta per puro caso alla radio il "Pipeline" dei The Ventures nel 1965: ne rimane talmente scioccato che decide così di formare una band, intitolata "The Rocking Horsemen". Saranno numerose le disavventure, ma la maturazione accompagnerà sia lui che i membri della band... Travolgente epopea di un gruppo che immortala anche la nascita del movimento musicale dei "Group Sounds" nel Sol Levante, durante gli anni '60. Nobuhiko ci rende partecipi dell'inseguimento di un sogno condiviso da un gruppo di persone, che nonostante le avversità e le complicazioni, riescono a decollare grazie al velocissimo montaggio (intriso di "jump cuts" in alcune delle transizioni più machiavellistiche della storia del cinema!) e ad una fotografia che fa' dei panorami stagionali il contesto per spingere alla crescita dei personaggi, in una regia trasparente al loro servizio. Narrato in prima persona da Yoshifumi, uso sfrenato dei flashbacks e colonna sonora che elogia il genere del rock, del quale il sottoscritto è un fan sfegatato. Se anche voi siete sulla via per creare una vostra band, consiglio vivamente la visione del film! Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • I Primi Tokusatsu dell'Era Moderna | The Invisible Man Appears & The Invisible Man vs. The Human Fly (Tomei Ningen Arawaru & Toumei Ningen to Hae Otoko, 1949-1957)

    Regista: Nobuo Adachi Fotografia: Hideo Ishimoto Sceneggiatura: Nobuo Adachi Casa di produzione: Daiei Il professor Kenzo Nakazato (Ryunosuke Tsukigata) è l'autore di una formula che assicura l'invisibilità a qualsiasi oggetto animato e inanimato, ma questi ultimi sono impossibilitati a tornare allo stato originale. Immediatamente una banda di ladri si interessa della formula, per rubare una collana di immenso valore, intitolata "Lacrime d'Amore". Rapito il professor Nakazato, viene usata come cavia il suo stretto amico Shunji Kurokawa (Kanji Koshiba) per il furto, non considerando che la formula innesca anche sentimenti di ostilità... Cosa sono i "tokusatsu"? Il termine in sé, "tokusatsu" ( 特撮 , lett. "effetti speciali"), indica qualsiasi film realizzato con questi ultimi: dai jidaigeki ai films di fantascienza. Conosciutissimo a livello mondiale grazie alla fruttuosa saga di Godzilla , affonda le proprie radici già nei teatri kabuki e bunraku del Giappone feudale, soprattutto tra i burattinai. Grazie al pioniere Shozo Makino (soprattutto all'aiuto del primo produttore in assoluto del cinema giapponese, Einosuke Yokota , che portò in patria una delle prime cineprese dei fratelli Lumière), accreditato come il padre del genere e lo scopritore della prima stella del cinema nipponico, al secolo Matsunosuke Onoe . La sua eredità fu poi ripresa da Yoshiro Edamasa , assunto dalla Yoshizawa Shoten (prima casa a produrre attrezzature cinematografiche a livello nazionale nel 1900) ed ebbe l'opportunità di insegnare il suo lavoro ad altri futuri cineasti, come Eiji Tsubaraya. Il suo ultimo film, diretto nel 1934, intitolato " The Great Buddha Arrival " (大佛廻國・中京編, lett. "Daibutsu Kaikoku Chukyohen") è considerabile il primo film del filone dei " kaiju eiga "... sfortunatamente andato perduto. Quali sono i retroscena dell'Uomo Invisibile? Il tutto inizia a marzo del 1948, quando Tsubaraya fu espulso dalla Toho dal comando degli Alleati per via del suo coinvolgimento nella propaganda giapponese durante la WW2: gli ufficiali statunitensi dissero che ebbe accesso a documenti classificati durante la creazione di " The War at Sea From Hawaii to Malaya " (1942), concludendo erroneamente che fosse una spia. Una volta al di fuori dallo studio, ne fondò uno indipendente assieme a suo figlio Hajime ( Tsubaraya Special Technology Laboratory ), in modo tale da continuare a lavorare nel cinema. Fu così che nel 1949 cooperò con la Daiei , in cinque films rilasciati nelle sale: uno tra questi fu l'adattamento giapponese dell'Uomo Invisibile di H.G. Wells, rimodellato dall' omonimo film statunitense del 1933. Originariamente intitolato " Invisible Demon ", divenne così il primo film di fantascienza nipponico ad avere successo, che ebbe un ruolo fondamentale nel ristabilire la carriera di Tsubaraya, con degli effetti speciali di qualità superiore a quelli della Universal ... ma fu insoddisfatto del suo progetto e rinunciò ad essere un dipendente della Daiei . In sintesi... Amara disavventura al retrogusto di piombo di una cavia che si è prestata al nome della scienza, per poi finire in un punto ormai irrecuperabile. Complessità notevolissima per gli effetti speciali, davvero senza paragoni, per l'epoca: anche la fotografia effettua dei piani in prima persona con il protagonista, per darci l'idea di essere presenti con lui in questo funesto calvario; oltre a fare da mockumentary al laboratorio del professore e da panorama al Giappone dell'immediato dopoguerra. E' anche doveroso segnalare che è più una fotografia da noir, che da fantascientifico: sigaretta in bocca anche all'uomo invisibile, chiaroscuro onnipresente e scenografie dagli scantinati che vivono di tenebre. Montato piacevolmente, non si impunta nemmeno in scene chiave. Colonna sonora perfetta per illustrare l'andazzo per niente buono del film. --- Regista: Mitsuo Murayama Fotografia: Hiroshi Murai Sceneggiatura: Hajime Takaiwa Casa di produzione: Daiei Un assassino terrorizza una città per via dei suoi delitti avvenuti senza lasciare traccia, dove le vittime sentono il ronzio di una mosca, prima della loro tragica dipartita. La polizia è a un punto morto con le indagini, ma l'ispettore Wakabayashi (Yoshiro Kitahara) non ha intenzione di mollare e usa l'invenzione del dottor Hayakawa (Shozo Nanbu) per catturare l'assassino, assieme al suo mandante... il raggio dell'invisibilità. In sintesi... Duello al cardiopalma tra non solo l'ispettore e l'assassino, ma anche della figlia del professore (Junko Kano) che ingiustamente non ha avuto il suo meritato film. Anche qui effetti speciali astronomici, come il rimpicciolimento dell'assassino sotto forma di una mosca e le conseguenti sequenze di lui e del suo mandante in miniatura nella città di Tokyo; stesso esito per l'ispettore alla loro ricerca, con dei buchi di logica incredibili per l'effetto del raggio invisibile... come è possibile il ritorno ad essere visibili al finale, senza alcun effetto collaterale e senza sapere se fosse stato possibile? Domande senza risposta che incontrano anche la fotografia da noir, come nel film precedente, assieme ad alcune parti del corpo femminili ravvicinate e colpite dall'assassino; montato discretamente e con una colonna sonora degna dei films dell'orrore del decennio, dove l'uso del theremin è onnipresente. Si conclude così il nostro piccolo appuntamento a tema " tokusatsu " del sito, popolato da registi ed attori che lo hanno codificato così come lo vediamo sino ai giorni nostri. Un colossale ringraziamento alla Arrow Video per il recupero di tali perle. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Persecutore Mascherato (The Masked Persecutor, 1999)

    Regia: Herman Yau Soggetto: Nam Yin Sceneggiatura: Nam Yin, Jason Lam Produttore: Nam Yin Casa di produzione: Proxious Entertainment Group Limited Coreografie: Douglas Kung Fotografia: Joe Chan Montaggio: Chan Ki-Hop Musiche: Brother Hung Trucco: Carmen Man Costumi: Amy Chan --- Data di rilascio: 9 dicembre 1999 Incasso: 1,228,689 dollari (147.010 euro) Avendo già parlato in precedenza di un suo film (" Taxi Hunter " del 1993), non ho avuto l'occasione per fare uno dei miei riassunti sulla sua carriera: oggi è tempo di rimettere in ordine! Inizia a lavorare nell'industria del cinema nell'estate del 1983 come assistente alla regia per Asia Television , per poi esordire come regista nel dramma di " No Regret " (1987). Letteralmente un tuttofare a livello cinematografico, vanta all'attivo un totale di 78 films come regista, 26 come sceneggiatore, 16 come direttore della fotografia e 18 come fotografo. Noto a livello mondiale per i suoi films dalla temuta " terza categoria " come il suo " The Untold Story " (1993) e " Ebola Syndrome " (1996) che hanno lanciato la carriera di Anthony Wong. Amante della musica rock, sopravvissuto alla polio ed autore della serie di films più lunga della storia del cinema portuale: " Troublesome Night " (1997-2003), tale da generare ben 17 seguiti. Il giovane poliziotto Wah Kai-Lun (Jordan Chan), assieme al suo collega prossimo al ritiro Wan Bing-Guy (Blacky Ko), sono sulle tracce di un rapitore mascherato che colpisce prevalentemente membri latitanti delle triadi per poi punirli a modo suo. Egli è l'ex-agente di polizia Tong Hiu-Tai (Louis Koo) che durante una retata ha accidentalmente tolto di mezzo un suo collega... Passabile thriller poliziesco con evidenti problemi nella sceneggiatura, come il dimenticarsi per strada le maschere usate da Louis e la forzatissima storia d'amore tra Jordan e Grace Yip poi sparita nel nulla anch'essa. Nell'azione si possono notare cose da terza categoria come i tatuaggi insanguinati di Louis e delle ottime coreografie per nulla male, anche in ambito automobilistico, che ci salvano dall'ottima partenza poi sbiadita del film. Fotografia che esalta l'oscurità in cui lavora meticolosamente Louis per punire i criminali, dai colori accesi alla Wong Kar-Wai e dalle inquadrature da noir (angoli olandesi). Montato eccellentemente nelle scene d'azione, perde il ritmo in quelle vuote. Musica psichedelica che accresce il senso di inquietudine irradiato da Louis e dalle scenografie aberranti, per rendere l'idea del suo modus operandi. Non uno dei migliori films di Yau, ma essenziale per carpire il suo stile. Da conservare solo per le maschere usate da Louis e per come tutorial per girare una semplice ma efficace scena d'azione... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Barba del Generale (Janggun-ui Suyeom, 1968)

    Regia: Lee Seong-Gu Soggetto: Lee O-Young Sceneggiatura: Kim Seung-Ok Produttore: Kim Tai-Soo Produttore Esecutivo: An Seung-Jun, Kim Cab-Eui Casa di produzione: Tae Chang Enterprises Paese di produzione: Corea del Sud Fotografia: Jang Seok-Jun Montaggio: Yu Jae-Won Musiche: Kim Hee-Jo --- Data di rilascio: 14 settembre 1968 Considerabile il Damiano Damiani sudcoreano , cugino del regista Lee Byeong-Il, inizia a lavorare alla Dong-A Film Company nel 1947: entra poi all'Università di Dongguk e milita nel Film Arts Research Group di Yoo Hyeon-Mok. Esordisce come attore nel suo cortometraggio di " Sea Wind " (1949), lavora come sceneggiatore ed assistente alla regia per tutti gli anni '50, fino al suo esordio come regista nel " A Murder Without Passion " del 1960. Nello stesso anno girò il " A Young Look ", praticamente la prima opera prodotta dalla Shinye Production e il primo seishun eiga al di fuori dal Giappone (non a caso uno dei fondatori della società era il produttore nippo-coreano Jeon Hong-Sik). Intorno al 1971 dirigerà il primo film sudcoreano in 70 mm, " The Story of Chunhyang "; e dopo il " Road " del 1978 è emigrato negli USA, dove risiede tutt'oggi. A seguito della morte dello scrittore Kim Chul-Woon (Shin Seong-Il), i due investigatori Park (Kim Seung-Ho) e l'innominato Kim Seong-Ok si fiondano sul caso: dai suoi parenti non hanno alcun risultato e ricevono un indizio da un suo collega, anch'esso scrittore, che da Kim ha sentito parlare di un romanzo intenzionato a scrivere, intitolato "La Barba del Generale". Narra la storia di un generale baffuto che ha avuto un ruolo di primo piano nell'indipendenza della sua nazione, tanto che i suoi abitanti si fanno crescere i baffi per onorarlo... tranne il protagonista, che alla fine viene emarginato. A pista morta, cercano risposte nella ex-ballerina Shin-hye (Yoon Jeong-Hee), amante di Kim. Si viene così a scoprire che Kim aveva enormi difficoltà a convivere nella realtà di tutti i giorni... Confusionario poliziesco che cambia i connotati in un film del genere documentaristico sulla società sudcoreana del dopoguerra, che dai lunghi monologhi e dai continui flashbacks ci vuole rendere partecipe della complicata situazione sociale nella dittatura di Park Chung-Hee: soprattutto dal punto di vista fotografico è possibile ammirare come si passa dal bianco e nero al colore, il vestiario più a colori dei colori stessi, un breve cartone animato che riassume il romanzo di Shin e le scenografie dettagliatissime della casa di Kim, un atelier atto a rappresentare il mondo in cui viveva Shin e dal quale non voleva uscire. Chiara ispirazione al Mr. Everyman giapponese, montato decentemente e dalle musiche eccessivamente melodrammatiche, che a tratti rendono il film uno dei nostrani lacrima movie italici. Riassumendo l'intera esperienza, è stato un macigno che solo gli storici sapranno degustare approfonditamente. Per il resto, è un melodramma passabile sulla Corea di allora. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • K.O. Va e Uccidi (1966)

    Regia: Carlo Ferrero Soggetto: Carlo Ferrero Sceneggiatura: Carlo Ferrero, Antonio Racioppi Casa di produzione: Italiana Cinematografica Artisti Riuniti (ICAR) Distribuzione: Selecta Film Fotografia: Roberto Reale Montaggio: Carlo Ferrero Musiche: Bruno Nicolai Trucco: Lolly Costumi: Gloria Maria Cardi --- Data di rilascio: 1° febbraio 1966 Trattasi dell'ultimo lavoro di Ferrero sul grande schermo, per poi sparire letteralmente nel nulla. Da IMDB e da ANICA si viene a sapere che ha iniziato a lavorare come secondo aiuto regista in un film di Pietro Germi del 1953, intitolato " Gelosia "; ritorna improvvisamente a lavorare agli inizi degli anni '60, come assistente alla regia in due pellicole del genere peplum di Emimmo Salvi e come sceneggiatore in un film di Mario Gariazzo del 1962. Esordisce alla regia con lo spionistico di " Da Istanbul Ordine di Uccidere " (1965), firmandosi con lo pseudonimo di Alex Butler... e da allora buio completo. Maurice (Nicola Mauro Parenti) è un fervido giocatore d'azzardo che ha quasi sempre alle calcagna Becco Giallo, per convincerlo a saldare i suoi debiti di gioco. Dopo la morte accidentale in bagno di una signora di origine statunitense ospitata a casa di Maurice, egli troverà il pretesto per estinguere definitivamente i suoi debiti: una rapina alla villa di sua sorella. Formata la banda, ben presto si ritroverà ad affrontare tradimenti, gli uomini di Becco Giallo e la polizia... non senza prima che Stella (Lucretia Love) si faccia breccia tra le braccia di Maurice. Divertente avventura da cartolina, impostata più come spionistico che un "heist movie", dove il nostro protagonista si circonda di belle donzelle per nulla ingenué ed escogita numerosi stratagemmi per sfuggire agli uomini di Becco Giallo (con legnose scazzottate e sparatorie dove miracolosamente viene mancato anche a distanza ravvicinata), in una sceneggiatura poco credibile ed usata più come scusa per mostrare le doti macho di Parenti. Scenografie girate al risparmio, ma che non intaccano per nulla la visione per il loro frequente cambio di locations: stesso dicasi per la fotografia, che come ho affermato poco prima è da cartolina sia per la campagna romana che per Montecarlo al finale. Montaggio eseguito discretamente, musiche orecchiabili e da elegia al nostrano genere spionistico. Ci vorrà pazienza per godersi l'azione artigianale del film, ma ne varrà la pena. Decisamente non uno dei migliori films di rapina all'italiana, ma generosamente passabile. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Fronte delle Notizie (Newsfront, 1978)

    Regia: Phillip Noyce Sceneggiatura: Phillip Noyce, Bob Ellis, David Elfick Produttore: David Elfick Produttore Associato: Richard Brennan Casa di produzione: Palm Beach Pictures, New South Wales Film Corporation, The Australian Film Commission, Village Roadshow Pictures Distribuzione: Roadshow Films Coreografie: Max Aspin Fotografia: Vincent Monton Montaggio: John Scott Musiche: William Motzing Trucco: Sally Gordon, Irene Walls (parrucchiera) Costumi: Susan Bowden --- Data di rilascio: 29 luglio 1978 Attivissimo cineasta a tutto tondo sin dalla maggiore età, è per me un pregio poter tornare a parlare di lui. La sua ondata di calore mi ha invitato a cavalcarla per esplorare a fondo quella australiana, pressoché immutata dagli inizi del decennio di piombo. Ciò che non ho detto in quell'ondata è che milita attivamente anche nelle serie televisive: il suo " Cowra Breakout " (1984), tratto dall'omonima evasione di massa durante il secondo conflitto mondiale e " Dismissal " (1983), un riassunto dei fatti avvenuti al culmine della crisi costituzionale australiana del 1975. Il suo ultimo film è uscito l'anno scorso e si intitola " Fast Charlie ", una commedia agrodolce su un sicario che si ritrova la sua gang decimata da una rivale... e decide di vendicarsi. Nell'immediato dopoguerra, gli uomini della Cinetone provano a catturare le notizie più importanti da ogni parte dell'Australia. Il loro nutrito gruppo entra subito in concorrenza con la Newsco e sarà una guerra fino all'ultimo fotogramma per immortalare i momenti chiave della storia australiana, sin dal ritorno del primo ministro Robert Menzies nel 1949 alle Olimpiadi estive di Melbourne del 1956. Spettacolare fusione cinematografica con la realtà catturata nei cinegiornali dell'epoca, con effetti speciali e fotografia all'apice della loro forma: passano dal bianco e nero al colore senza alcuna paura, rigorosamente curati da una scenografia degna di un kolossal (appartamenti, veicoli, abbigliamento, locations con dettagli per nulla lasciati al caso) e da una sceneggiatura che illustra senza alcun nodo sulla lingua il cambiamento che erode il mestiere della Cinetone : più di tutti rappresentato dal protagonista Bill Hunter, dalla tentata caratterizzazione ma ben saldo al suo lavoro. Montato efficacemente, stesso verdetto anche nella colonna sonora "old-fashioned" di un'epoca che ha suscitato interesse per futuri fotografi come Doyle... Quando un documentario si documenta da solo, è segno che la storia ha continuato e continuerà a passare attraverso la celluloide. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Buio Intorno a Monica (La Muerte Ronda a Monica, 1977)

    Regia: Ramon Fernandez Sceneggiatura: Juan José Alonso Milian Produttore: Bermudez de Castro Produttore Esecutivo: Ramiro Gomez Paese di produzione: Spagna Fotografia: Hans Burmann Montaggio: José Antonio Rojo Musiche: Adolfo Waitzman Trucco: Tony Nieto, Angeles Munoz (parrucchiere) Aspirante ingegnere, abbandona gli studi per dedicarsi interamente al cinema: divenne così l'autore del film spagnolo più visto in assoluto nella storia del cinema iberico. Inizia a lavorare come assistente alla regia nel 1959 con " La Novia de San Lucero ", per poi spostarsi subito dopo sulla sedia da regista l'anno seguente in " Ahi va otro recluta! ". Diviene quasi subito il regista per antonomasia del cinema di genere spagnolo, illustrando nei suoi films il tipico spagnolo medio dell'era franchista, affamato di sesso e denaro, dallo sfondo diviso tra bovarismo e provincialismo... sfociando nel suo capolavoro del 1970, da noi arrivato come " Due Ragazzi da Marciapiede ": visto da 4 milioni di spettatori (record battuto 31 anni dopo dal secondo film della saga di José Luis Torrente , uscito nel 2000) e con notevoli problemi per la censura dell'epoca, che rifiutava a prescindere i titoli di lavorazione del film. Al tramonto della sua carriera si focalizza su serie televisive come " Los Ladrones Van a la Oficina " (1993-96) e nella prima stagione di " Cuéntame Como Paso " (2001-04), lasciando definitivamente la sedia da regista. Passa a miglior vita nel 2006, all'età di 76 anni per via di un infarto. Monica (Nadiuska) è la moglie miliardaria dell'uomo d'affari Federico (Jean Sorel), in piena crisi con il matrimonio. Improvvisamente si presenta nella sua azienda un uomo che minaccia di rivelare un segreto alla moglie: improvvisamente viene coinvolta in una serie di omicidi e inizia ad impazzire... Mediocre giallo iberico che alza la posta in gioco in ambito psicologico, soprattutto con il fragile personaggio di Monica che assieme al marito sono in cerca di risposte per lo spargimento di sangue intorno a loro. Tralasciando le inutili nudità di alcune donzelle che non hanno alcun effetto sulla trama, la sceneggiatura inizia a mettersi in moto solo all'inizio del secondo tempo, dove finalmente si crea l'atmosfera da puzzle del genere: quando gli indizi puntavano su ciò che sembrava il sospettato numero uno, nel finale sorprende tutti il classico colpo di scena che ribalta tutto. Fotografia che sfrutta frequentemente il chiaroscuro nei momenti chiave dove la suspense si percepisce, dai colori desaturati e freddi; montaggio discreto e colonna sonora cupa, ma nella media del genere. Prodotto artigianale, ma degno di essere visto una sola volta per via della presenza di Sorel, stella veterana dei nostrani gialli. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Tentazione della Danza (Temptation of Dance, 1984)

    Regia: Peter Pau Soggetto: Li Bi-Ru, Liang Mei-Hsian, Henry Fong Ping, Tang Chung-Kan, Leung Chi-Keung, Ann Tam Sceneggiatura: Hoh Shu-Wa Produttore: Chan Ching-Bo Distribuzione: Feng Huang Motion Picture Co. Fotografia: Peter Pau Montaggio: Ng Kam-Wah Musiche: Jim Sam Trucco: Lee Yuk-Ping --- Data di rilascio: 17 gennaio 1985 Incasso: 771,190 dollari (91.977 euro) Esordio alla regia di un fotografo pluripremiato che nel 1989 diverrà il direttore della fotografia del famosissimo assassino di John Woo, mestiere che tutt'oggi continua a svolgere. Attivo nei retroscena del cinema hongkongese, continuerà a girare altri due films fino al 2015, dove fotografa, produce ed interpreta il wuxia di " Zhong Kui: Snow Girl and the Dark Crystal ": anche gli effetti speciali sono usciti dalla mano di Peter. Figlio di uno dei veterani più noti del cinema cinese, Pau Fong , riuscì solo in una minuscola parte ad ereditare il mestiere di sceneggiatore e regista di suo padre (si segnala che Peter scrisse per una sola volta in tutta la sua carriera la sceneggiatura, ed era sul suo penultimo lavoro di " The Touch " del 2002). Come attore lo vedrete minacciato dal duo Biao-Ha nel violento " On The Run " (1988) nel ruolo di dottore... Ga Ga (Chan Siu-Mui) lascia il gruppo di danza classica al quale è iscritta per via dei suoi scarsi risultati, assieme all'amica Lily (Jessica Chow). Entrambi troveranno l'amore dopo uno scambio di battute all'interno di un fast food e scopriranno di avere un talento notevole nella danza pop... Guazzabuglio adrenalinico danzante/musicale dove i nostri occhi verranno colpiti da dosi massicce di colori accesissimi e da coreografie snodate più di una lucertola che pratica arti marziali in stile shequan , accompagnate da una colonna sonora che inietta nei nostri timpani tutta la quint'essenza del pop. Fotografia che è un'elegia al vetro in qualsiasi forma, che riflette le snodature dei nostri protagonisti allo specchio e sulla loro pelle, come delle opere d'arte inarrestabili atte a consacrare l'omonimo genere musicale. Montaggio che scatta in alcuni punti, ma letteralmente a prova di sonno. Sceneggiatura? Inesistente: in un musical non ne abbiamo bisogno! E' la musica a fare da trama! Dovevo mettere la "Susie" di Tsim Sha Tsui, dato che riassume meglio il musical in questione! Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Un Uomo Chiamato Tigre (A Man Called Tiger, 1973)

    Regia: Lo Wei Sceneggiatura: Lo Wei Produttore: Raymond Chow Casa di produzione: Golden Harvest Coreografie: Han Ying-Chieh Fotografia: Chris Chen Montaggio: Peter Cheung Musiche: Joseph Koo Costumi: Chu Sheng-Shi --- Data di rilascio: 1° febbraio 1973 Appena dopo il lancio di Bruce Lee negli USA, Wei cerca di farsi feticcio anche la mina vagante di Wang Yu, assieme ad altri che avevano già fatto la gavetta con lui come Nora Miao e Cheng Pei-Pei. Piccolo riassunto per chi non lo conosce: appena dopo il termine della WW2, nel 1948 si trasferisce a Hong Kong e quasi subito ottenne il primo ruolo di rilievo nel kolossal di " Sorrows of the Forbidden City ", poi come protagonista in " Prisoner of Love " (1951) e diviene regista nel 1953 con " The Husband's Diary ", anch'esso interpretato da lui. Instancabile lavoratore a getto continuo, divenne uno dei cineasti più prolifici del porto ed attirò a vagonate gli spettatori nei cinema orientali, tanto da aprirsi nel 1974 la sua casa cinematografica. Provò a lanciare un giovane Jackie Chan durante il decennio, ma alla fine i films dove recitava si erano rivelati dei colossali flop e trovò fortuna lasciando la casa... passa a miglior vita nel 1996 per un'insufficienza cardiaca. Chin Fu (Jimmy Wang Yu) sospetta da tempo che il suicidio di suo padre fosse in realtà un regolamento di conti da parte della yakuza: per indagare più approfonditamente viene reclutato dal boss Shimizu (Mitsuo Kuro) nel suo clan, per spazzare via il suo rivale Yamamoto (Tien Feng). Nella sua investigazione si aggiunge anche la cantante Yoshida Ayako (Kawai Okada), anch'essa in cerca di suo padre... Uragano implacabile di cazzotti, destinati ad aumentare sempre di più fino all'inevitabile finale sanguinolento. Un buon 70% del film è colmo di acrobazie dolorose da patrimonio dell'UNESCO, il restante 20% da riempitivi sfruttati come scuse per le botte di Wang Yu e per palesare sia la passione del gioco d'azzardo di Wei che per l'enorme quantitativo di donzelle (quattro in tutto il film!), con lo scopo di mostrare la bellezza del loro guardaroba (Wang Yu incluso). Sceneggiatura quasi del tutto campata per aria dove James Tin Chuen ci viene presentato come l'amico di Wang Yu, per poi sparire letteralmente nel nulla, dove solo nel finale ingrana definitivamente la marcia; fotografia che anticipa il Cinéma du Look del prossimo decennio, con la presenza imperante del colore acceso e panorami da cartolina. Nel montaggio non si riscontra nulla di interessante, l'opposto nella colonna sonora di Koo che rende più edulcorata la visione del film. Passabile avventura al retrogusto di yakuza eiga , ma indimenticabile per la rovente atmosfera gongfupian contemporanea! Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Stile al Cinema #1 | "A Man Called Tiger" (1973)

    Benvenuti al nostro primo appuntamento dedicato al vestiario visto su celluloide. Cercherò di insegnare alle future generazioni come il cinema mi abbia aiutato a saper scegliere nell'intricato mondo dell'abbigliamento attuale, sempre più composto da colori inespressivi ed abiti scadenti: nonostante tutto, ho chiarito il mio stile e personalmente mi ritengo soddisfatto dei risultati che ho potuto raggiungere. E scommetto che anche voi riuscirete ad essere soddisfatti dell'avere cambiato stile, ma con eleganza e soprattutto... a modo vostro! Molte delle immagini rappresentate sono presenti su Pinterest e salvabili.

  • Uomo Pericoloso (Dangerous Person, 1981)

    Regia: Chen Kuan-Tai Sceneggiatura: Chen Kuan-Tai Produttore: Lo Wei Casa di produzione: Lo Wei Motion Picture Co. LTD Fotografia: Yau Tou-Ching Montaggio: Vincent Leung Musiche: Frankie Chan --- Data di rilascio: 3 dicembre 1981 Finalmente possiamo parlare in maniera approfondita di Chen Kuan-Tai, una delle stelle per antonomasia dei wuxia prodotti dalla Shaw per tutti gli anni '70, qui alla sua quinta esperienza come regista e con un budget davvero risicato a disposizione (nessuna ricostruzione in studio). Smise di girare nel 1989 con il bullet ballet di " Return to Action " e vanta all'attivo un totale di 164 films come interprete e ben 6 da produttore (si segnala il cult di " Forsaken Cop " [1990] e il mezzo disastro, nonché l'ultimo lavoro di Chor Yuen, " Blood Stained Tradewinds " dello stesso anno). Fu amico stretto dell'ormai defunto Chang Cheh e tutt'oggi di Ku Feng, ha un ristorante a Calcutta ( Jimmy's Kitchen ) e continua ancora oggi a lavorare nel cinema portuale. Due fratelli vengono scarcerati e tornano a delinquere. Uno di loro ha intenzione di vendicarsi dell'ispettore Tai (Chen Kuan-Tai), colui che li aveva mandati al fresco: sempre in prima linea contro il crimine, ne toglie di mezzo l'altro a seguito di una rapina. Il fratello superstite perde le staffe ed attenta alla sua famiglia con ogni mezzo... Lento poliziesco che solamente nel secondo tempo inizia seriamente ad ingranare la marcia, che nel primo faticava ad innestarsi più per la preparazione della trama alla violenza devastante verso il finale. Un plauso all'ammiraglia Rover 3200 di Chen, nelle sue sequenze d'azione artigianali riesce a salvarci dai numerosi punti morti del film, incluso il cameo di Lo Lieh in carcere. A livello meccanico niente di interessante nella fotografia, pecca il montaggio che rende macchinoso il tutto; eccezione esplosiva la colonna sonora del veterano Frankie, dove nel finale decolla nel cardiopalma. Chen si riconferma ancora una volta un versatile attore del porto, qui nel ruolo di un ispettore che vorrebbe ripulire la metropoli dal crescente crimine, ma in contrasto con i metodi dei suoi superiori e lontano dalla sua famiglia... Decisamente colmo di difetti, ma un'onesta fotografia della Hong Kong di allora tra discoteche e delinquenza di strada... anche di chi lasciava la pelle per proteggerla. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • [Speciale Halloween] Un Minuto a Mezzanotte (3615 Code Pere Noel, 1989)

    Regia: René Manzor Sceneggiatura: René Manzor Produttore: Charles de Feral (esecutivo), Jean-Luc Defait (co-produttore), Ziad El Khoury (co-produttore), Francis Lalanne (produttore di linea), Dominique Vignet (produttore associato), Francis Von Buren (produttore associato) Casa di produzione: L.M. Productions, Deal, Garance Distribuzione: Deal, Union Générale Cinématographique (UGC) Coreografie: Gerard Duges, Ngoc Lan Truong Thi, Roland Neunreuther, Daniel Vérité Fotografia: Michel Gaffier Montaggio: Christine Pansu Musiche: Jean-Félix Lalanne Trucco: Lyne Bertin, Xavier-Daniel Fagnière, Antoine Garabedian, Karim, Jean-Luc Russier, Jocelyne Sevestre Costumi: Christine Roques --- Data di rilascio: 18 marzo 1989 (Laon Film Festival of Youth and Children's Films) Fratello del produttore Francis e del musicista Jean-Félix, inizia la sua carriera con il cortometraggio di " Synapses " (1981) e sin da subito vinse il Gran Premio al Festival Internazionale del Cinema Giovane di Hyères. Comincia a farsi notare a livello nazionale con il lungometraggio di " Il Passaggio " (1986), con protagonista Alain Delon: fu un successo che attirò quasi due milioni di spettatori nelle sale. Una volta completato il thriller di cui ne parlerò a breve, pensò di fare causa alla 20th Century Fox per plagio, affermando che il produttore americano John Hughes avesse copiato a modo suo il film. Notato anche da Lucas e da Spielberg, venne assunto negli USA per dirigere alcuni episodi della serie televisiva di " Le Avventure del Giovane Indiana Jones " (1992-93), per poi rimanerci per oltre 10 anni tra sceneggiatura e regia. Nel 1997 viene invitato dal produttore Christian Fechner a dirigere la commedia fantasy " Un Amore di Strega " e dal 2003 è tornato definitivamente in Francia, dirigendo il suo ultimo film: " Dédales ". Sin da subito, l'emittente TF1 lo assume per il restyling del giudice Alice Nevers e nel 2012 pubblica il suo primo romanzo (" Les Ames Rivales "). Tutt'oggi lavora nei retroscena della televisione, dove nel 2020 ha diretto il suo ultimo film per quest'ultima: " Maddy Etcheban ". Thomas de Frémont (Alain Lalanne) è un bambino prodigio capace di mille mestieri, da meccanico a elettricista. Appassionato di supereroi, ha trasformato il castello in cui vive in un campo di battaglia per i suoi giocattoli e per il nonno Papy (Louis Decreux). Avendo montato anche delle telecamere a circuito chiuso, ne approfitta per filmare l'arrivo di Babbo Natale durante l'omonima notte. La madre, Julie (Brigitte Fossey), dirige un grande magazzino a Parigi e licenzia un assassino travestito da Babbo Natale (Patrick Floersheim), che riuscirà a raggiungere la casa di Frémont: inizierà una battaglia al cardiopalma. Thriller traumatico che vi ricorderà per sempre di tenere chiuse le porte di casa, dato che le mani insanguinate di qualcuno potranno arrivare sull'uscio di casa. E psicologicamente parlando, il film è stato esemplare nell'illustrare la sensazione di insicurezza dalla fotografia: chiaroscuro onnipresenti come la moviola inserita perfettamente nei momenti da infarto, effetti speciali da antologia dello splatter e colori accesi/desaturati che si adattano all'ambientazione natalizia del film, curatissima in ogni ambito (miniature comprese!); non mancano inquadrature con angoli all'olandese e con lenti arrotondate. Montaggio anch'esso al cardiopalma, veloce e senza impuntature. Musiche intensissime e senza tregua per i nostri timpani già addestrati ai suoni delle esplosioni nel castello, atte a reclamare che esiste un Rambo in versione natalizia, pronto a difendere il proprio territorio fino all'ultimo fiocco di neve... Definitivamente di culto per gli amanti dell'horror, colmo di colpi di scena e di momenti trivellati con lo shock nella propria mente. Ringrazio ancora sentitamente il "gatto che fuma" per il suo restauro del 2018. Ci vediamo in un altro spaventoso Halloween, cari spettatori del sito!

  • [Azionerrore #9] Energetic 21 (1981)

    Regia: Chan Chuen Sceneggiatura: Tong Hon-Wa Produttore: Lo Wei Casa di produzione: Lo Wei Motion Picture Co. LTD Fotografia: Yau Kei Montaggio: Kam Ma Musiche: Tang Siu-Lam Trucco: Chow Man-Kuen --- Data di rilascio: 30 settembre 1982 Incasso: 1,901,808 dollari (225.063 euro) Quarto lavoro da regista di Chuen, che nel 1979 aveva esordito con la commedia gongfupian di " Kung Fu vs. Yoga ". Versatile caratterista del cinema di genere portuale, vanta all'attivo un totale di 104 films come attore dal 1966 all'indomani del terzo millennio e 40 films come coreografo (1971-86). Sulla sedia da regista si segnalano nove sue incursioni sul grande schermo, tutte quante giacenti nel dimenticatoio. Una fra queste è " Heroic Cops " (1981), orribile poliziesco misto a hitman movie dove è protagonista il duo Chow Yun-Fat/Danny Lee ancora prima della loro notorietà mondiale con il regista Woo... Ben Leung (Leslie Cheung) è un giovane pilota d'auto che si è fatto un nome nelle corse illegali: una sera gareggia con Alan (Paul Chung Biu-Law), proveniente da una famiglia benestante. Dopo una lunga serie di intrecci amorosi e di momenti coming of age , Ben litiga con sua madre e gareggia di nuovo, ma questa volta ha un battibecco con uno straniero. Accidentalmente ridotto senza vita dai suoi amici, si ritrova braccato dalla polizia... Incomprensibile. Nei primi minuti è considerabile un coming of age drama , nel mezzo un film d'azione motoristico e nel finale si tramuta, camaleonticamente, in un poliziesco con l'obiettivo focalizzato sulla delinquenza giovanile. Credo che anche gli attori abbiano avuto difficoltà a capire cosa passava nella mente di Chuen, soprattutto l'invisibile sceneggiatura e la commedia esilarante quanto una minestra di cemento. In ambito fotografico è una coloratissima parata dal guardaroba che dai veicoli guidati dai protagonisti, inclusi i neon della discoteca e della metropoli hongkongese; repertorio musicale firmato all'inizio e al finale da Leslie, ma che poi prende in prestito qua e là musiche da altri films; montato senza problemi particolari. Se siete in cerca di un film tutto discoteche ed auto sportive, ripiegate su altri registi come Alex Cheung e Patrick Tam: non ve ne pentirete. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Confessioni di un Internettiano - Capitolo I

    Proponiamo il seguente estratto di un'ora di durata, recuperato da un'intervista effettuata nei confronti di un ragazzo su TruthTube, che di sua volontà volle rimanere nell'anonimato per evitare ripercussioni di qualunque tipo. --- Buonasera. Grazie a lei per avermi dedicato un po' del suo tempo, a condizione di anonimato. Non si preoccupi, che con me la sua identità non verrà mai rivelata. Vorrei iniziare con una domanda perlopiù adatta per il giornale in cui lavoro: come si sente a navigare su Internet? Buonasera. La ringrazio per avere rispettato la mia condizione. Rispondo che la mia nave non è più a vele aperte come un tempo. Le vele sono state forate da molteplici rapaci, che hanno fatto del flame il loro pane quotidiano; navigare in un ampio spazio come Internet è oramai soffocante, dalle continue censure e dalle "tempeste di sterco" che noi definiamo shitstorm, per via di alcune tattiche sfruttate da personaggi emersi da questo oceano... Condivido in parte la sua affermazione. Personalmente su Internet mi sento parecchio al sicuro, soprattutto grazie ai servizi offerti da Agioogle. Basta prestare attenzione ai soggetti con i quali si viene in contatto, e nulla di pericoloso accadrà. Non sono per nulla d'accordo. Anche la più innocua delle richieste d'amicizia può nascondere un inquietante segreto ad orologeria... nel senso che quando il reale motivo viene a galla, sarà poi difficile allontanare tale amicizia di facciata. Come per qualsiasi amico, bisogna sceglierselo e comprendere se lui sia adatto ad essere tale. Agioogle non farà quasi nulla nella maggior parte dei casi, in caso di molestie. Preferisce l'indifferenza. Non capisco il suo pessimismo nei confronti degli attuali mezzi di comunicazione. Ci hanno permesso di parlare e scrivere da ogni parte del mondo, accorciando milioni di chilometri. A proposito di accorciamenti, cosa ne pensa del fatto che oggi sia possibile parlare con tutti a casa propria e senza muoversi dal divano? Lo trovo un istinto nobile, ma riuscito a metà. Oggi ci riteniamo fortunati a parlare con un amico, distante chilometri da casa. E' una invenzione che sicuramente avrà portato dei benefici, ma inevitabilmente anche dei lati oscuri... il non uscire più di casa diverrà ben presto una gabbia dal quale l'umano ne diverrà assuefatto, al pari di uno stupefacente. I divani non saranno altro che un prolungamento del nostro corpo, dal quale sarà impossibile separarsi. Il pessimismo è un sentimento naturale che proviamo con qualsiasi cosa, perché dovremmo reprimerlo? Sono d'accordo con il pessimismo. Mi ha incuriosito con il "prolungamento del corpo": cosa intende, per parlarne in maniera più approfondita? E' una maniera elegante per dire che alcuni strumenti sono divenuti talmente essenziali nella nostra vita, dal quale non possiamo più separarci. L'ossessione per un qualcosa che lentamente sta prendendo il posto di noi umani, ossia i sempre più avanzati smartphones. Ovviamente non ho nulla contro chi li usa quotidianamente, ma per come vengano usati più per altri motivi decisamente più inquietanti, che per il suo uso ovvio sin dalla loro nascita. Credo di doverle fare una doverosa puntualizzazione. Anche io uso quotidianamente il mio smartphone per parlare e scrivere ai miei colleghi di lavoro, ma non bisogna per forza tornare indietro di decenni per comunicare come oggi. Secondo lei, cosa è "inquietante" nei nostri smartphones? La presenza sempre più pesante di applicazioni che non fanno altro che "drogare" l'individuo che le usa, nel senso che viene assuefatto talmente tanto da una realtà costruita a tavolino... che nella nostra non esiste. Certi individui sono alla ricerca dei loro sogni, ma gli attuali social hanno sostituito i sogni con l'assuefazione da "likes" facili. Lei crede che nella nostra attuale società che viviamo sia facile essere sé stessi, con i contenuti tossici presenti all'interno di tali social? Anche io ne approfitto per puntualizzare, dato che fortunatamente il detto dell'evitare di fare un fascio su tutta l'erba si può ancora applicare metafisicamente... e non vorrei arrivare a dire che tutti i social siano colmi di tossicità. Non chiedo di tornare ad usare Windows 95 per purificarci da questo clima sempre più rarefatto... Certo che è stato davvero deciso, in questa sua dichiarazione. Ammetto che oggi è difficile trovare il proprio io, in questa società contemporanea. Non appena ti vesti, parli e ti costruisci cose che a te piacciono, vieni tacciato come "narcisista". E' un po' esagerato dire che la maggior parte dei social sia colma di contenuti tossici, quando ve ne sono altri ancora integri e piacevoli da vedere. A proposito, cosa ne pensa di essi? Noto che lei è rimasto colpito da ciò che ho esclamato, a cuore spalancato, su ciò che penso in merito ai social... per quanto riguarda i contenuti ancora "sani", direi che sono a rischio di estinzione, dato che il suono delle monete è sempre più amplificato da altri "influenzatori" seriali che hanno fatto del mostrare ogni secondo della loro vita come una vetrinetta da usare come esempio in mondovisione. Quel genere di contenuti rimarrà ben saldo ancora per un determinato periodo di tempo, ma il problema è che non sappiamo per quanto ancora durerà... ci saranno creatori di contenuti che resisteranno ed altri che emigreranno altrove per salvarsi dalla tossicità di cui ne avevo parlato poco prima: pettegolezzi spiccioli, mediocrità, maleducazione, clickbait, pubblicità spazzatura e tanto altro. Come un fronte bellico, ma in formato virtuale. Al posto dei soldati, usano bots e trolls per demoralizzare qualunque utente gli sbarri la strada. E ci sono alcuni casi dove nonostante le numerose segnalazioni, nessun membro della moderazione si è fatto avanti per risolvere il tutto... non crede che siamo sempre più vicini ad una guerra civile, in rete? Corregga il "siamo sempre più vicini" con il "siamo già" in guerra civile. Lo siamo già sin dalla nascita di Internet, purtroppo. Le uniche oasi, per esperienza personale, dove i bots e i trolls non attaccano sono i forum ed altre community ben sorvegliate dalla loro moderazione. Perché i moderatori che si scelgono, sanno prendersi la loro responsabilità di bannare chi è pericoloso sia per loro che per altre comunità internettiane. Soprattutto perché sono veterani di Internet e sono stati a stretto contatto con i trolls/bots, avendo già scoperto loro stessi che di solito vengono aizzati dai grandi della piattaforma per zittire chi non la pensa come loro, abusando più volte del proprio potere per costringere altri suoi omonimi a pensarla come lui... Quindi lei frequenta continuamente tali spazi virtuali. Un'altra domanda un po' personale: lei ha mai lavorato come moderatore, in tali "oasi"? Sì. Perché non volevo che utenti innocenti venissero bullizzati da degli omuncoli che si credono onnipotenti per via del loro esercito di trolls. Ed è per questo che ho voluto fare l'intervista, rimanendo nell'anonimato... quelli possono rovinarmi la vita con ogni mezzo a loro disposizione, telefonicamente che fisicamente. E purtroppo non esiste una vita secondaria, ho quella che mi serve per continuare a dare una mano a chi è stato vittima di bullismo da tali influencers. I trolls sfruttano l'anonimato per rimanere impuniti, ma vi sono altri utenti come il sottoscritto che lo usano per evitare conseguenze serie da loro e dai loro mandanti. Ci pensi bene: di giorno un comune cittadino, di notte un partigiano che salva delle vite prossime allo sfascio... Non ha mai pensato a un futuro, se nel caso volesse lasciare tale mestiere? Il suo intento è nobile, ma non può durare per sempre... Futuro? Quasi impossibile. Non ci ho mai pensato, dato che il "futuro" odierno è quello di lavorare gratuitamente per le grandi multinazionali che rastrellano i commercianti locali di qualsiasi nazione. Ma non è il momento di fare economia in un'intervista del genere... pensiamo solo al presente e ci continueranno a dire di pensare al presente, dato che il futuro ce lo sottrarranno altri individui che non hanno mai lavorato in vita loro. Continuerò a lavorare nell'anonimato per salvare altre persone da un futuro nefasto, e da altre che staranno guardando la nostra intervista. Mi rivolgo in particolare a chi ci guarda e a chi trascriverà ciò che noi diciamo: non siete soli in questa guerra civile. --- E' una storia di pura fantasia. I fatti e i personaggi illustrati sono da ritenersi puramente casuali. Ma, ahimè, il contesto è davvero intriso di fatti realmente avvenuti...

  • [Flopiziesco #31] Polizia Segreta (Secret Police, 1992)

    Regia: Yiu Tin-Hung Sceneggiatura: Benny Tam Produttore: Leung Mei-Chun Coreografie: Yuen Bo Fotografia: Napoleon Pang Montaggio: Yiu Tin-Hung Musiche: Cinefex Sound Studio Limited Trucco: Lee Kwok-Tsz Costumi: Ko Wai-Ling --- Data di rilascio: 11 marzo 1992 Esordio alla regia di uno sconosciuto regista che militava nella temuta terza categoria e in pellicole direct-to-video. Da HKMDB si viene a sapere che ha cominciato a lavorare come montatore in " Looking for Money " (1981) e nella maggior parte dei suoi films, per una singola volta come produttore esecutivo nell'oscuro " Love to Kill " (1991) e per cinque volte come direttore di produzione. Lascia la sedia da regista nel " Could You Kill My Husband, Please? " (2001) e definitivamente dai riflettori nel 2002, montando e divenendo per la prima ed unica volta capo della produzione in " Flying Dragon, Leaping Tiger ". Fai (Alex Fong) è il tipico ragazzo sospeso tra la malavita e la sua ragazza Lisa (Yip San), che imbarazza spesso il padre poliziotto (Ku Feng), quando si caccia nei guai. Ma quando quest'ultimo viene tolto di mezzo da un sicario (Billy Chow), la sorella Fan (Moon Lee) decide di vendicarsi... ma Fai dovrà fare i conti sia con lui, che con la propria sorella... dato che anche lui è un agente di polizia, ma sotto copertura. Confusionario triad movie al retrogusto di hitman movie dove è più presente Fong che Moon, che per via del suo personaggio empatico quanto una roccia congelata e simpatico quanto un cactus, la visione è stata più dolorosa del previsto. In questo scempio dove il regista cercava di emulare l'uomo al limite di Alex Cheung, non propone nulla di nuovo a livello meccanico (nonostante la fotografia si sia data da fare con i panorami autunnali di Hong Kong, atti a dimostrare l'impossibile redenzione di Fong che di Billy) e commette errori grossolani, come la giacca con lo stemma della polizia di New York indosso per tutto il film all'agente Shum Wai. Appare anche il veterano Lung Fong, che fortunatamente prova a tenere intatta la baracca... ma nemmeno la furia di Moon e di Billy è stata capace di salvare codesto guazzabuglio, che aveva un'ottima base, ma è stata storpiata del tutto per via del montaggio alla bell'è meglio... fortuna vuole che la colonna sonora sia stata all'altezza del "contenuto". Definitivamente un prodotto leggermente al di sopra della media dei bullet ballets girati nel porto, ma consigliato solo agli appassionati del genere. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Superman Vuole Uccidere Jessie (Kdo Chce Zabit Jessii?, 1966)

    Regia: Vaclav Vorlicek Soggetto e Sceneggiatura: Milos Macourek, Vaclav Vorlicek Casa di produzione: Ceskoslovensky Statni Film, Filmové Studio Barrandov Paese di produzione: Cecoslovacchia Distribuzione (in Italia): Debora Film Fotografia: Jan Nemecek Montaggio: Jan Chaloupek, Jaromir Janacek Musiche: Svatopluk Havelka Trucco: Rudolf Hammer Costumi: Karel Postrehovsky --- Data di rilascio (in Italia): 15 luglio 1966, Trieste Sci-Fi Film Festival Data di rilascio (in Cecoslovacchia): 26 agosto 1966 E si ritorna a parlare di Vaclav, che già nello spionistico di W4C ha saputo conquistarmi con le sue gags da antologia. A questo giro, affermo senza timore di smentita che ci troviamo di fronte al diretto antenato del Roger Rabbit statunitense, con le didascalie e gli effetti speciali curati dal Carl Barks cecoslovacco: Kaja Saudek , che ci ha lasciati nel 2015. Il personaggio di "Jessie", interpretato da Olga Schuberova, non è altro che una sua creazione. La professoressa Ruzena Berankova (Dana Medricka) inventa un siero capace di combattere i sogni sgradevoli, sperimentandolo su una mucca durante una dimostrazione: dal suo sogno scompare il tafano che gli arrecava fastidio. Nel mentre, l'ingegnere Jindrich Beranek (Jiri Sovak), è in crisi creativa a lavoro... sulla sua scrivania trova dei fumetti dove l'eroina Jessie sfugge ai suoi nemici, usando dei guanti antigravitazionali. Trovata l'idea, durante la notte sogna lei ed i suoi inseguitori, riuscendo a sbarazzarsi di loro grazie ai guanti. Sua moglie usa il siero su di lui e tramuta i sogni di Beranek in realtà: seguiranno una serie di disavventure tra Jessie ed i suoi avversari. Esilarante disavventura con molteplici frecciatine di satira contro il governo cecoslovacco di allora, dove i nostri protagonisti tramutano Praga in un parco giochi minato nel quale l'autoritarismo sia della polizia che dell'istituto in cui lavora Dana vanno in crisi di nervi. Se l'opera non vi conquisterà nella sua fantascienza, è nel surrealismo che fa' il suo punto di forza: Olga impersona come un guanto di velluto il personaggio di Jessie, rubando i riflettori senza faticare e astutamente velata nel suo puntare a Jiri, facendo sì che Dana si autodistrugga con la sua stessa creazione. Fotografia che è considerabile un'elegia alla pop art e al fumetto in generale, che nonostante sia in bianco e nero è possibile immaginare quali colori sgargianti abbiano usato nel guardaroba: scenografia onirica che dovrebbe essere esposta in un museo per il suo avanguardismo alla Seijun. Montaggio al fulmicotone, musiche perfette per questa rocambolesca disavventura. Fortunatamente sono in circolazione ulteriori Superman in cerca della loro Jessie (da salvare, però!), soprattutto qui nel nostrano Stivale... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • La Paura Dietro la Porta (Au-Delà de la Peur, 1975)

    Regia: Yannick Andréi Sceneggiatura: Yannick Andréi Produttore: Jacques Bar, Robert Velin Casa di produzione: Cité Films, Coralta Cinematografica, Office de Radiodiffusion Télévision Française (ORTF), Télécip Paese di produzione: Francia, Italia Distribuzione (in Italia): Titanus Fotografia: Pierre Petit Montaggio: Hélène Gagarine Musiche: Alain Goraguer Trucco: Marc Blanchard, Irène Servet --- Data di rilascio (in Italia): 21 agosto 1975 Data di rilascio (in Francia): 24 settembre 1975 All'anagrafe Jean Antoine Andréi e padre di Frédéric Andrei, il Jules di " Diva " (1981) e anche lui regista, iniziò a lavorare nel 1949 come assistente alla regia per poi passare ad aiuto regista nel 1952, lavorando al fianco di maestri del calibro di Melville e Carbonnaux. Esordisce come regista nel 1957 con il cortometraggio di " Animaux, Nos Amis ", ed arriva nelle sale con " I Ragazzi del Sabato Sera " nel 1961: quasi immediatamente si diletta nel mondo televisivo francese, dirigendo principalmente films per la TV come il noto " L'Affaire Caillaux " (1985) e miniserie come " La Camera delle Signore " (1982). Al tramonto della sua carriera apparve anche come attore in un film diretto da suo figlio Frédéric, " Paris Minuit " (1986). L'anno dopo passò a miglior vita: aveva 60 anni. Reneé Guilloux (Michel Constantin) è un criminale che ha fatto parlare molto di sé per le sue costanti rapine alle banche: braccato dalla polizia, in un albergo si costruisce nuovamente una banda per colpire ancora, ma sfortunatamente gli capita l'agente immobiliare Claude Balard (Michel Bouquet). Riuscito a fuggire, ma con i documenti in mano a Guilloux, egli prende in ostaggio la sua famiglia. Balard, diffidente della polizia, si tiene in contatto con loro e comunica la sua situazione al cognato Francesco Grimaldi (Paolo Bonacelli), che a differenza sua avvertirà la polizia. Una volta in coordinazione con la polizia, riusciranno a decimare la banda, ma dovranno espugnare Guilloux... Polar misto a poliziottesco appena al di sopra della media, dove se la gioca con il clima rovente di quegli anni e tirando nuovamente in ballo la diffidenza sessantottina nei confronti della polizia. Nemmeno un attimo di pace nel tormentato tragitto di Bouquet e nella paura incolmabile di sua moglie Tolo, con la pistola puntata alla tempia dal solito rapinatore di banche che non ha nulla da perdere... che qui si ritrova con una fotografia autunnale che ne esalta i suoi colori spenti. Niente di interessante nel montaggio, rispetto alla colonna sonora che illustra lo stato d'animo di Bouquet per quasi tutto il film. Nel complesso rimane un prodotto artigianale del genere francofono, passabile e senza impantanarsi in inutili macchinazioni. Ulteriore dimostrazione che le tensioni di piombo dell'epoca erano le stesse anche oltralpe. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Spiritualmente un Poliziotto (Spiritually a Cop, 1989)

    Regia: Shum Wai Sceneggiatura: Shum Wai Produttore: Yuen Sin-Kan Casa di produzione: Golden Sun Light Production Co. LTD, Hatract Films LTD Paese di produzione: Hong Kong, Cina Distribuzione: Golden Princess Amusement Co. LTD Coreografie: Mang Hoi, Siu Tak-Foo Fotografia: Arthur Wong, Lau Hung-Chuen Montaggio: Cheung Kwok-Kuen Musiche: Tang Siu-Lam, Philip Chan Fei-Lit Costumi: Dora Ng --- Data di rilascio a Singapore: 28 dicembre 1989 Data di rilascio a Hong Kong: 16 novembre 1991 Caratterista del cinema portuale come molti, esordì alla regia sfruttando il successo dei " ghost movies" dell'epoca come il " The Haunted Cop Shop " (1987), continuando a girare fino al 1991 con " The Master's Necklace ". Vanta all'attivo un totale di 99 films come attore e altri 5 come sceneggiatore, ma come ci segnala HKMDB ha anche lavorato come assistente alla regia: vinse nel 1985 il premio di "miglior attore non protagonista" agli HKFA. Passa a miglior vita nel 2022 all'età di 71 anni. Per le strade di Hong Kong bazzica un finto poliziotto ( Lui Fong ), rifiutato all'arruolamento per via della sua bassa statura: armato di pistola e manette giocattolo, riesce a combattere il crimine senza paura. Ma quando si ritroverà freddato da tre criminali durante una rapina in banca, resuscita come fantasma e continuerà a dare una mano nel risolvere il caso, ormai assegnato a una donna (Yukari Oshima). Pazzesco delirio che fa' delle arti marziali e della " mo lai tau " (commedia dell'assurdo) slapstick il suo punto di forza, oltre alle comparse storiche del gongfupian portuale come Johnny Wang e Michael Chan Wai-Man. Per nulla noioso, è un'allegoria su come la polizia hongkongese si sia persa un possibile agente più efficiente di altri suoi colleghi seduti a scaldare il luogo di lavoro: la fotografia illustra l'oscurità nella quale vaga il nostro protagonista, tra il neon della metropoli hongkongese e l'oscurità tagliente dove si addentreranno i veri agenti di polizia, dopo le sue scorribande. Montato discretamente e dalle musiche prese in prestito da altri films portuali, insieme a vari sketch un po' datati, è un prodotto che non rivedrei nuovamente... Morale? Non rifiutate aspiranti poliziotti come Lui, potrebbero ripulire una città a tempo record dalla criminalità... seguendo l'esempio di Eastwood. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Un Fischio nel Mio Cuore (Kotan no Kuchibue, 1959)

    Regia: Mikio Naruse Soggetto: Nobuo Ishimori Sceneggiatura: Shinobu Hashimoto Produttore: Tomoyuki Tanaka Casa di produzione: Toho Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Toho Fotografia: Masao Tamai Montaggio: Eiji Ooi Musiche: Akira Ifukube --- Data di rilascio: 29 marzo 1959 Naruse è paragonabile al maestro Ozu, in quanto all'illustrazione della società nipponica del secondo dopoguerra. Regista molto prolifico che vanta un totale di 89 pellicole, entra alla Shochiku negli anni '20 come assistente della troupe leggera e venne presto assegnato al regista di commedie Yoshinobu Ikeda : ben presto nel prossimo decennio riesce a debuttare sul grande schermo con il cortometraggio di " Mr. and Mrs. Swordplay " ed è subito successo. Sfortunatamente molti dei suoi lavori dell'epoca sono andati perduti. Per un breve periodo si metterà a dirigere alcuni drammi muti (1933-34), per poi lasciare lo studio per la P.C.L. ( Photo Chemical Laboratories , che in futuro diverrà la Toho ). Nel 1935 riesce a farsi conoscere definitivamente sia in patria che negli USA con la commedia di " Wife! Be Like a Rose! ", dove in quest'ultima non fu bene accolto dalla critica, a differenza del Kinema Jumpo che lo ha definito il "film dell'anno". Durante la guerra girò una serie di films propagandistici, per poi tornare in auge negli anni '50 con numerosi " shoshimin eiga " passati alla storia. Nel 1967 ha diretto il suo ultimo film, " Scattered Clouds ", per poi passare a miglior vita nel 1969 all'età di 63 anni per via di un cancro al colon. Nella periferia di una città ad Hokkaido, una famiglia Ainu è soggetta a discriminazioni continue dai loro conoscenti giapponesi. A causa delle loro difficoltà economiche, vengono a mancare sia la nonna che il padre dei due giovani ragazzi che, sempre più stremati, provano a tirare avanti... Amara realtà di un problema tutt'oggi irrisolto dell'atteggiamento secolare dei giapponesi nei confronti dell'etnia Ainu, qui ritratta come condannata all'infelicità ma di gran lunga molto meglio rispetto all'anteguerra. Film dal retrogusto neorealista, impostato come un documentario e diretto con esperienza da Naruse; che qui affievolisce la visione con la fotografia, che sfrutta i colori naturali del paesaggio circostante. Per tutto il film avrete la sensazione di vedere la spada di Damocle che aleggia sui protagonisti, che cercano solo di essere accettati. Se il regista Furuhata ha catturato la bellezza selvaggia di Hokkaido, Mikio ne ha colto il suo lato sociale, purtroppo non compreso da chi lo discrimina. Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Crudele Storia di Un'Arma (Kenju Zankoku Monogatari, 1964)

    Regia: Takumi Furukawa Soggetto: Haruhiko Oyabu Sceneggiatura: Hisataka Kai Produttore: Hideo Sasai Casa di produzione: Nikkatsu Paese di produzione: Giappone Distribuzione: Nikkatsu Fotografia: Saburo Isayama Montaggio: Masanori Tsujii Musiche: Masayoshi Ikeda --- Data di rilascio: 1° febbraio 1964 Abile cineasta del cinema di genere nipponico, si è laureato nel 1941 al collegio artistico dell'Università Nihon ed entra alla Nikkatsu come sceneggiatore, per poi lavorare come assistente alla regia. A causa della guerra, andò a lavorare per la Daiei per poi tornare nel 1954 agli studi della N, che ha appena cominciato a produrre di nuovo films: immediatamente esordisce alla regia l'anno seguente con " The Body-Guard ". Nel 1956 dirige il film che rese famoso lui e l'esordiente Yujiro Ishihara a livello nazionale, " Season of the Sun " (da non confondere con quello di Nakahira del 1957!); un seishun eiga tratto dall'omonimo romanzo di suo fratello maggiore Shintaro. Si segnala che al termine della sua carriera andò a girare due spionistici a Hong Kong, per poi ritirarsi definitivamente dai riflettori nel 1973 con la serie televisiva di " Urutoraman Esu ". Passa a miglior vita nel 2018 all'età molto avanzata di 101 anni, per via di un collasso cardiaco. Togawa (Jo Shishido) viene fatto evadere dal carcere in cui scontava la pena per essersi vendicato del camionista che ha fatto rimanere in sedia a rotelle sua sorella Rie (Chieko Matsubara), con l'obiettivo di assaltare un portavalori contenente 120 milioni di yen: gli imprenditori a capo di tutto questo prometteranno a Togawa che sua sorella tornerà in piedi con un'operazione chirurgica. Ma quando la rapina è compiuta, la situazione tra gli assalitori non procede come dovrebbe... Amarissimo film di rapina che non risparmia nessuno nella sua travolgente onda nichilista, nemmeno a banda aggregata. Condannati sin dall'inizio a un nefasto esito ed a numerosi colpi di scena, Takumi ci assicura il tutto con numerose acrobazie pirotecniche e stalli alla messicana: e dalla fotografia l'esito è davvero riuscito con primi piani, inclusi parecchi chiaroscuri. Gradevole il montaggio che sfrutta il flashback per raccontare l'esecuzione del piano, musiche perfette per un noir alla Melville. Jo in ottima forma come al solito, qui nel ruolo di un veterano che è già a conoscenza di come una banda si possa disgregare per la tentazione del bottino... E aggiungo che in qualsiasi film il vestiario di Shishido è da antologia: occhiali da sole in stile "Balorama" ancora prima che venissero concepiti dalla Ray-Ban, sigaretta in bocca e cappotto Raglan... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Omicidio Non Registrato (Dainippon Koroshiya Den, 1965)

    Regia: Haroyasu Noguchi Soggetto: Kobako Hanato Sceneggiatura: Kobako Hanato, Akira Saiga Produttore: Jiro Tomoda Casa di produzione: Nikkatsu Paese di produzione: Giappone Fotografia: Kazue Nagatsuka Montaggio: Masanori Tsujii Musiche: Keitaro Miho --- Data di rilascio: 25 agosto 1965 Haruyasu, all'anagrafe Shigeichi Noguchi, fu uno dei molteplici registi del cinema di genere che diedero slancio non solo allo studio, ma anche al rilancio del cinema nipponico nel dopoguerra. Lascia la facoltà di letteratura ed entra alla Nikkatsu nel 1935, per poi lavorare come assistente alla regia al fianco di Kurata Fumihito. Sul concludersi del decennio, diviene regista ed esordisce con " The Front Line of the Pavement " (1939), con lo pseudonimo di Noguchi Hiroshi. Durante la guerra, la casa fu assorbita dalla Daiei e Haruyasu fu costretto a trovare lavoro alla Shochiku di nuovo come assistente alla regia. Una volta terminata la guerra, nel 1954 tornò negli studi della N e tornò a dirigere films con il getto continuo tipico della casa. Nel 1967 diresse il primo ed unico kaiju eiga della casa, " Gappa: il Mostro che Minaccia il Mondo ", per poi morire all'improvviso mentre stava per girare il film di " The Kanto Region is Also Expanding ", diretto postumo da Kazunari Takeda. Aveva compiuto 54 anni. Il misterioso sicario "Joe of Spades" (Jo Shishido) toglie di mezzo un pezzo grosso di una potente organizzazione: gli uomini, temendo per la loro vita, si affidano all'agenzia "Murder Unincorporated". Subito un gruppo di cinque guardie del corpo verrà incaricato dall'organizzazione di stanare Joe... ma sarà lui a prendersi gioco di loro. Esilarante delirio popolato da personaggi fumettistici che girovagano con i loro gadgets più da spionistico che da hitman movie, a prova di noia e per nulla stancante. Sceneggiatura? Nah, meglio una carrellata di sketch kafkiani sulla vita di tutti i giorni e sulle doti dei nostri supereroi! Musiche perfette per questa surreale esperienza fotografata da delle lenti più colorate che mai sul guardaroba dei protagonisti, assieme ai loro dialoghi che più volte sfondano la quarta parete. Jo Shishido in forma come al solito, qui unico personaggio serio in mezzo alle risate del film. Da ora in poi, sapete che un'arma da fuoco può essere nascosta nei luoghi più impensati... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Il Caso Drabble (The Black Windmill, 1974)

    Regia: Don Siegel Soggetto: Clive Egleton Sceneggiatura: Leigh Vance Produttore: Don Siegel, David Brown (esecutivo), Richard D. Zanuck (esecutivo), Scott Hale (associato) Casa di produzione: Universal Pictures, Twickenham Film Studios Paese di produzione: UK, USA Distribuzione: Universal Pictures Fotografia: Ousama Rawi Montaggio: Antony Gibbs Musiche: Roy Budd Trucco: Freddie Williamson (non accreditato) --- Data di rilascio negli USA: 17 maggio 1974 (Radio City Music Hall, New York) Data di rilascio in UK: 18 luglio 1974 (Londra) Siegel: impossibile non conoscerlo. Autore del film su Callaghan del 1971, autore dell'ultimo film di John Wayne nel 1976 e del dramma carcerario di Alcatraz nel 1979. Stella della Warner Bros , aiutò nel decollo della carriera di Eastwood e del futuro regista Sam Peckinpah. Non ho nemmeno il bisogno di illustrarvi la sua fruttuosa carriera, i suoi risultati sono visibili sotto gli occhi di tutti. Due ragazzini sono intenti a giocare con un aereo telecomandato all'interno di una base abbandonata della RAF, fino a quando del personale militare non li coglie di sorpresa e li porta ai loro superiori. Vengono così rapiti ed in seguito si scopre che sono trafficanti d'armi coinvolti nello smercio di armi per i terroristi dell'Irlanda del Nord, che il maggiore John Tarrant (Michael Caine) stava cercando di smantellare assieme all'MI5: uno dei due ragazzini è suo figlio. Deciso a vendicarsi della banda, viene prima incastrato da costoro con delle prove fabbricate ed è poi costretto a cavarsela da solo... Esplosiva combinazione tra mistero e tensione, tenuta assieme da un'ottima sceneggiatura e da delle interpretazioni fenomenali da tutto il cast. Tassello dopo tassello, la verità verrà a galla. Assieme a numerosi colpi di scena ed all'astuzia carismatica di Caine, che nonostante sia nel mirino nella banda che nell'MI5, non perde il suo manto e continua a perseverare nella sua vendetta. C'è anche bisogno di dire come è superlativa la fotografia sulla campagna inglese, sul guardaroba dei personaggi e sulla notte di una Parigi ormai quasi del tutto estinta. Anche il montaggio non delude, nei suoi lunghi piani sequenza... come per la musica, che incamera la paura e il riscatto di Caine. E credo che dopo la visione del film, prenderei le distanze da qualunque mulino a vento di colore nero... può nascondere dei segreti parecchio scottanti... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

  • Girasole (Himawari, 2000)

    Regia: Isao Yukisada Sceneggiatura: Shinsuke Sato Produttore: Yukio Nihei, Hidemi Satami Produttore Esecutivo: Soichiro Harada Casa di produzione: KSS, Suplex Fotografia: Jun Fukumoto Montaggio: Takeshi Imai Musiche: Hirofumi Asamoto Alle elementari vide il " Kagemusha " (1980) di Kurosawa e da allora decise di divenire regista: si mise a lavorare come assistente alla regia nelle fiction televisive di Shunji Imai per quasi tutti gli anni '90, per poi esordire alla regia nel 1998 con il dramma sociale di " Open House " ed acquisire notorietà internazionale con il famigerato Girasole (che a breve tratterò), che vinse un FIPRESCI Prize e fu candidato al "New Currents Award" del Festival del Cinema di Pusan in Corea del Sud: ed è proprio con la Corea che il cineasta riesce ad immortalare i problemi con i coreani " zainichi " (emigrati coreani in Giappone) nel 2001 con il dramma di " Go! ", primo film in assoluto congiuntamente prodotto tra la penisola e il Sol Levante. Tutt'oggi attivo, nel 2023 ha rilasciato il thriller spionistico di " Revolver Lily ". A seguito della morte di Tomomi (Kumiko Aso), degli ex-compagni di scuola si riuniscono al suo funerale e ricostruiscono le proprie vite assieme a quella di Tomomi. Ma una volta che i genitori di Tomomi identificano il suo presunto cadavere, si scopre che non è lei... Melancolica rappresentazione della perdita incolmabile di una persona, dal quale si poteva fare di più... fotografata DIVINAMENTE (il maiuscolo era necessario!) con delle fonti di luce che accecano quasi del tutto le visuali del film, per indicare alla Montale che il sole rovente tormenta la vita della protagonista, dove lei semplicemente chiedeva di essere accettata ed amata; angoli olandesi da neo-noir, cinepresa a mano per dare l'idea di essere presenti anche noi nella tragica storia dei co-protagonisti e nella loro ricostruzione dei fatti (flashback). Nel montaggio non si fanno mancare longevi piani sequenza e geniali transizioni da una scena all'altra, dettagli che influenzano di lacrime la colonna sonora. Ricordatevi che i girasoli a volte non possono essere sinonimo di felicità... Ci vediamo in un'altra recensione, cari spettatori del sito!

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